Capitolo 2 ~ Aiutatemi

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                             Jackson

Bianco. Non riesco a vedere altro.
La luce della lampada appesa al soffitto brilla contro i miei occhi, accecandomi quasi, impedendomi di distinguere altri colori all'infuori del bianco.

Sembra che le pareti stiano per crollare. Avverto il loro peso addosso, mi sento schiacciato da esse e non riesco a respirare, mi manca l'aria.

Ho bisogno d'aiuto. Ho disperatamente bisogno d'aiuto o impazzirò, sempre ammesso che non lo sia già.

"Non ce la faccio!" continuo a ripetermi. "Io non ce la posso fare! Ho bisogno di qualcuno che mi stia vicino...anzi no, io ho bisogno di lei. Solo di lei!" 

«Jackson, hai intenzione di passare un'altra ora così, senza dire nulla, o romperai il tuo voto di silenzio almeno per oggi?» mi domanda il dottor Reed, lo psicologo che mi ha in cura da due settimane.

Non gli rispondo, continuo a fissare la luce accecante che mi annebbia la vista, sperando di poter offuscare in qualche modo anche i miei pensieri. Purtroppo però, per quanto ci provi, quelli sembrano non volermi abbandonare. Mi soffocano, risucchiando via l'aria dai miei polmoni. Mi opprimono, schiacciando con forza il mio cuore.

"Te la sei cercata" mi rammenta la voce della coscienza. "Hai fatto tutto tu! L'hai lasciata, hai deciso di affrontare i demoni del tuo passato da solo, nella speranza di riuscire a stare meglio, invece eccoti qua, a distanza di sedici giorni, più sofferente e tormentato che mai; più fragile e impaurito di prima"

«Questo è il nostro quarto incontro» mi rammenta, riempiendo il rumore del silenzio che viene colmato solo dai miei respiri irregolari. «Seppur paghi profumatamente le nostro sedute, il mio obbiettivo non è quello di arricchirmi passando il mio tempo restando a guardarti senza far nulla, piuttosto m'interessa aiutarti»

Mi rendo conto che ha ragione. Da quando mi sono rivolto a lui per risolvere il grande casino che c'è nella mia mente non faccio altro che venire qui, fissare il soffitto e starmene disteso sul lettino di pelle nero a pensare.

Non m'interessa se sto sprecando i miei soldi, il mio tempo, le mie risorse ed energie. So che ho bisogno d'aiuto, me ne sono reso conto nel momento in cui mi sono chiuso alle spalle la porta della suite che mi separava da Sarah, mettendo definitivamente la parola fine alla nostra storia d'amore, ma non immaginavo che lasciarsi aiutare da un perfetto estraneo potesse essere così maledettamente difficile.

Il dottor Reed è uno dei migliori psicologi della città, è riuscito a risolvere casi ben peggiori del mio, ma sapere tutto questo non mi rassicura affatto, mi fa sentire solo più disagiato.

«Non mi permetti di aiutarti in questo modo» continua, sottolinenando l'ovvietà dei fatti.

Non permetto a nessuno di aiutarmi, dottore, perché l'aiuto di cui ho bisogno non proviene da voi, ma da lei...

Inevitabilmente la mia mente torna lì, al momento in cui l'ho lasciata; torna sempre al suo sguardo, al colore dei suoi occhi dalle sfumature grigio-verdi, alla sua disperata supplica di non lasciarla e alla freddezza con cui l'ho allontanata da me.

Sono stato un bastardo, lo so. Ho sbagliato, non dovevo separarmi da lei, non così, non adesso che è diventata il centro del mio universo, ma l'ho fatto per il suo bene, per proteggerla dal buio che porto dentro, o almeno questo è quello che mi ripeto.

Chasing Love #2 ~ Come una Calamita Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora