"CELIA!!!! DATTI UNA MOSSA CHE SIAMO IN RITARDO!!!!".
Indossò velocemente l'uniforme che odiava alla follia, poi buttò giù dal letto quel fagotto informe della propria sorella adottiva.
"Ygritte! Ti sembra il modo di svegliare le persone?". "No, ma visto che ci metti sempre mezz'ora a connettere quel poco cervello che hai e che tra 10 MINUTI dobbiamo essere a scuola, ho ritenuto opportuno cambiare approccio".
Lei e Celia andavano a scuola insieme da un bel po', dopo che aveva lasciato quella precedente, e in ogni momento Ygritte si rendeva conto di quanto fossero l'una l'opposto dell'altra: Celia era simpatica ed era entrata nel club della Raimon come manager della squadra di calcio, mentre Ygritte preferiva la solitudine. E ovviamente non giocava.
Nonostante le pressioni asfissianti di Celia, Ygritte non voleva entrare in squadra. Non poteva.
Aveva fatto una promessa.
Andò in bagno a pettinarsi i lunghi capelli blu scuro, che sulle punte scolorivano in un azzurro cielo, poi afferrò il fondotinta e si guardò allo specchio.
Non le piaceva truccarsi, ma doveva. Il segno che aveva sul volto, che andava dal sopracciglio destro fino all'attaccatura opposta dei capelli, era ancora lì. Più sbiadito, ma c'era. E lei ne aveva paura. Paura di essere giudicata, di essere presa in giro.
Tutto ciò che le rimaneva della sua vecchia vita era quel segno marchiato indelebilmente in mezzo al viso.
Non le rimaneva altro del suo passato, se non un'orribile cicatrice.
Quando Celia fu pronta, uscirono di casa e corsero verso la scuola. Entrarono in classe un secondo prima del professore, ma come al solito Ygritte non ascoltò un bel niente di tutto quello che diceva l'insegnante di matematica. Non perché non le piacesse matematica, ma perché aveva già studiato l'argomento nella sua vecchia scuola.
"Signorina Hills!" "Dica professore". "Visto che è così attenta alla lezione, potrebbe venire alla lavagna a risolvere quest'equazione?".
Sbuffò e si avvicinò. Tempo tre secondi e aveva risolto il problema. Palleggiò un po' con la cimosa e la lanciò nel cestello dei gessetti proprio sul suono della campanella.
Si sedette di nuovo, accanto alla finestra, e guardò fuori, verso il campetto dove un paio di ragazzi si allenavano.
"Ygritte, tutto okay?" le chiese sua sorella. "Celia, a che ora hai gli allenamenti?". "Alle 18 al campo al fiume, perché? Vuoi giocare?". "No, voglio solo vedere come se la cava la squadra".
Celia la guardò sorridendo. Ygritte sapeva già già quello che stava per dire.
"No, cara. Non mi convincerai a entrare in squadra, mi spiace". "Vedremo".
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Alle 17:30 buttò per terra il proprio libro di fisica.
Ma come fanno certe formule ad essere così complicate?
Prese gli auricolari e iniziò ad ascoltare la musica, lasciando fluire i pensieri liberamente seguendo le canzoni. La fece pensare ai suoi vecchi amici dell'orfanotrofio e ai suoi veri genitori.
Era da sola. Nessuno sarebbe riuscito mai più a capirla come sapevano fare Xavier e Isabelle. Erano quelli che le mancavano di più.
Alle 17:50 Celia irruppe in camera mia con la delicatezza di un ciclone.
"YGRITTE!!!! SIAMO IN RITARDO!".
Si alzò con calma, stiracchiandosi, e la seguì fuori da casa. Arrivarono al campo verso le 18:10, ovviamente in ritardo.
Al loro arrivo furono bombardate da un'infinita sequela di domande. "Celia! Come mai in ritardo?". "E chi è la ragazza con te?". "Ciao Celia!".
Sua sorella sorrise. "Scusa Silvia, ho perso il senso del tempo. Ciao Kevin, lei è mia sorella Ygritte". "Adottiva" puntualizzò lei.
Gli altri la guardarono un po' scettici. "Che vi sembro, scesa dalla Luna?".
"Ciao! Ti va di giocare con noi??".
Sì girò e vide un ragazzino con una fascia arancione sorriderle a 32 denti. Ygritte avrebbe voluto rispondergli con un sonoro NO, ma qualcosa glielo impedì.
"Beh... D'accordo". "Ma... Ma è una ragazza!" protestò un ragazzo con un colore di capelli improponibile, a detta di Ygritte. Lo guardò, gelandolo sul posto.
"QUALCHE PROBLEMA CAPELLO ROSA?".
"Ehm... No no tranquilla!". "Bene. Vediamo quanto riesco a farvi sfigurare".
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My name is Ygritte
FanfictionCiao, sono Ygritte. Sono nata in America, ma durante un viaggio in Giappone, quando avevo cinque anni, i miei genitori morirono in un'incidente d'auto. Io mi salvai per miracolo. Sono stata portata in un orfanotrofio, il Sun Garden. Il resto, bhé...