"Chiamate un'ambulanza!".
"Tenetela sveglia!".
"Resta con me, Ygritte, resta con me".
Tutto era luminoso. Il dolore al fianco era diventato una pulsazione sorda, non sentiva più l'addome e le mani frizzavano come se ci fosse stato spremuto del limone.
Qualcuno la sollevò, e Ygritte sentì la consistenza di una barella sotto la schiena. Già, la schiena. Anche quella faceva male, ma non sapeva perché.
Iniziò a vedere tanti puntini neri. Lentamente perse conoscenza.
Jude rimase in stato di shock. In ginocchio, fissava la macchia di sangue che era rimasta in mezzo al campo quando i paramedici avevano portato via Ygritte.
Mark parlò con il signor Veteran. "Sul bus, ragazzi, ci porterà all'ospedale!". Durante in viaggio non volò una mosca.
Jude era in stato catatonico, Scott aveva gli occhi chiusi e mormorava qualcosa sottovoce. Tutti gli altri si guardavano spaesati.
"Ma che le è successo? È colpa mia?" domandò Nathan. "Non... non credo" sussurrò Celia. "Era un po' strana già prima. E la sua pietra brillava tantissimo, ma poi ha smesso... non lo so, ragazzi".
Appena arrivarono in ospedale Mark, Jude e Scott andarono a cercare un dottore. "Ygritte Banyan?". "È in attesa di essere operata, stanza 394".
Quando arrivarono, l'allenatrice era già lì. "Signorina Schiller! Che succede?". "Ho provato a convincerla... ragazzi, mi dispiace". Jude la guardò confuso.
"Che vuol dire?". La donna tirò su col naso. "Durante il crollo... è finita sotto le macerie, e la sua pietra l'ha protetta. Ma... era ferita. Un taglio al fianco, le dita bruciate, escoriazioni e lividi vari...". "Perché è venuta a giocare?" singhiozzò Scott.
"Ha detto che doveva farlo, che era il suo destino. Le hanno fatto degli esami, e... devono operarla, ma... hanno il novanta percento....". "Di possibilità che vada bene, vero?" chiese Shawn speranzoso. Lina scosse la testa.
"Che vada male". Tutti smisero per un attimo di respirare. "E... lei non vuole operarsi?". "Ha detto che... che non vuole morire sotto i ferri". "Ma non è detto che...". "Dovreste entrare. È sveglia, le hanno fatto un'iniezione di adrenalina, vi parlerà lei. Pochi alla volta".
I primi ad entrare furono Axel, Jude, Mark, Scott e Shawn. Nella stanza c'erano già delle persone. "Xavier!". Il rosso si voltò, aveva le lacrime agli occhi.
Ygritte sorrise a tutti dal letto d'ospedale. "Ehi... vi presento i miei fratellini. Loro sono Xavier, Isabelle, Jordan... Dave, Claude e Bryce".
Isabelle le stava tenendo una mano, e stava piangendo a dirotto. "Ti prego, devi farti operare...". "Isabelle... sapevo come sarebbe andata. Non ho possibilità". "Ma...". "Ragazzi. Andate, per favore. Non voglio che assistiate".
Xavier fu costretto a trascinare Isabelle fuori a peso morto, perché la ragazza non aveva forza nemmeno per camminare.
Mark si avvicinò a Ygritte. Lei gli sorrise. "Ciao capitano. Non male come... ultima partita, no?". "Non deve per forza essere l'ultima". "Sì invece, lo so". Una lacrima le scivolò lungo la guancia. "Mi dispiace. Ma non voglio morire sotto i ferri, senza accorgermene, come una codarda". Shawn le afferrò una mano. "Non sei una codarda! Tu sei la persona più coraggiosa che io abbia mai conosciuto, non puoi morire così...". "Anch'io ti voglio bene Sho-Sho. Saluta... Misha e Dany, quando torni in Hokkaido, va bene?". L'albino annuì con le lacrime agli occhi.
Lui e il capitano uscirono dalla stanza. Uno alla volta, Ygritte salutò tutti i compagni, finché non rimasero che Axel, Scott e Jude. Il porcospino fu il primo ad avvicinarsi.
Piangeva. "Axel... mi dispiace davvero, davvero tanto". "Anche a me. Io... io sono stato un idiota". "Abbastanza, ma ti perdono. Ti... ti voglio bene, ricordatelo sempre". Gli indicò una borsa, ai piedi del letto d'ospedale. "Tasca laterale, c'è un pacchetto. Non lo aprire ora, è un regalo". Il ragazzo annuì e se lo strinse al petto.
Poi fu il turno di Scott. Lui singhiozzava a dirotto. "Non puoi abbandonarmi, non di nuovo... io... non ce la faccio da solo". "Non sarai mai da solo. Hai degli amici, Celia ti vuole bene, e poi... io sarò sempre con te, fratellino. Non potrei mai... abbandonare il mio Puffospino".
Scott la abbracciò e pianse sulla sua spalla. "Ho un regalo anche per te. È la cartella blu sul fondo della borsa. Non leggerla ora, okay?". "Okay".
Alla fine fu il turno di Jude. I due si guardarono per un minuto intero prima che Ygritte prendesse il coraggio a due mani. "Jude". "Non lasciarmi. Non... non sai cosa accadrà. Potresti farcela!". "No, amore mio... questo è un addio". Jude scosse la testa e si tolse gli occhialini.
Ygritte sorrise. "Ho sempre amato... quegli occhi". Poi assunse un'aria più seria. "Ti amo, Jude. E lo farò sempre, anche quando... non potrai vedermi". Mosse un braccio, portandosi una mano in tasca a fatica.
"Non sforzarti!". "No, aspetta! Aspetta...". Tirò fuori la mano chiusa a pugno, da cui spuntava una catenella. "Non... guardarla adesso". Era una collana d'argento con un ciondolo. "Aprila solo... solo... lo saprai". Le scappò un colpo di tosse, e quando riaprì gli occhi erano pieni di paura.
"Ci siamo. Ma non... non voglio che accada così! Non adesso, ho tante cose da dire...". "Non... non dire così...". "Mi dispiace, Jude... di' agli altri... di' loro di non guardarmi quando sarò... lo sai. Io ti... ti a...".
Un lungo bip invase le orecchie di tutti i presenti, e gli occhi di Ygritte si fecero vitrei.
"No! NO!". Scott si mise a urlare e afferrò un braccio della sorella.
Una mezza dozzina di dottori entrò nella stanza, e due medici spinsero fuori Axel, Scott e Jude.
Celia si precipitò da loro, stringendo forte Scott con un braccio e afferrando la mano di Jude con quello libero.
Xavier abbracciò forte Jordan, e Bryce si appoggiò a Claude. Shawn mise una mano sulla spalla di Axel. Mark guardò Nathan, che stava fissando la porta con i pugni stretti. Lina stava abbracciando Isabelle, che piangeva ormai a dirotto.
La porta si aprì, e un dottore uscì dalla stanza.
Tutti lo guardarono speranzosi.
L'uomo scosse la testa.
E Jude non sentì più niente.
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My name is Ygritte
FanfictionCiao, sono Ygritte. Sono nata in America, ma durante un viaggio in Giappone, quando avevo cinque anni, i miei genitori morirono in un'incidente d'auto. Io mi salvai per miracolo. Sono stata portata in un orfanotrofio, il Sun Garden. Il resto, bhé...