Il bambino

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Ygritte si svegliò con un torcicollo che le fece rimpiangere di essersi addormentata. Si stiracchiò per qualche secondo e sbadigliò.

Il signor Veteran guardò fuori dal finestrinoe rise. "Ehi, ragazzi. Siamo a casa!".

Casa... Siamo davvero tornati. Ma io mi sento come se... Come se fossi solo a metà.

Ripensò a Shawn, a Jude, alla situazione in cui si era incastrata: era davvero solo Aiden ad amarla? Non lo sapeva. E Jude? La voleva ancora?

Sto andando in confusione.

" Signor Veteran, potrebbe farmi scendere?".

Mark si voltò verso di lei, preoccupato. "Ygritte, che hai?". "Niente. Voglio soltanto andare in un posto".

Scese dall'autobus e cercò di orientarsi, ma le sue gambe si mossero da sole, e in men che non si dica la portarono dove voleva andare.

Il cancello cigolò quando lo aprì, e le grida stridule di bambini accolsero il suo arrivo, sebbene nessuno le corse incontro come era accaduto al suo primo giorno in quel posto.

Sun Garden.

Quanti ricordi... Le sembrava di vedere ancora Xavier giocare sull'altalena, oppure Isabelle che correva e inseguiva Kim.

Ora altri bambini giocavano sull'altalena, e lo scivolo era stato ritinteggiato. Guardando più attentamente, notò un ragazzino piuttosto piccolo, forse di otto o nove anni, solitario. Aveva i capelli azzurri.

Si avvicinò, sedendosi sull'ultimo scalino, e il bambino la notò. "Scusi, le serve qualcosa?".
"Oh, no tranquillo". "Ti ha mandato Tina?". "Chi è Tina?". Il bambino indicò una donna con i capelli neri legati in una treccia.

"È la tizia che gestisce questo posto". "No, tranquillo. È che... ci sono tanti bambini. Perché non giochi con qualcuno di loro?". "Non mi piacciono gli altri bambini. Troppo rumorosi".

Ygritte annuì. "Come ti chiami?". "Aitor". "Posso chiederti da quanto sei qui?". "Due mesi. Mia mamma mi ha lasciato qui". "Mi dispiace. Io sono finita qui perché i miei sono morti". "Questo è peggio...". "Dipende dai punti di vista. Credo che a te sia andata peggio".

Aitor, per la prima volta da quando avevano iniziato a parlare, si voltò a guardarla e alzò un sopracciglio. "Ma tu giochi nella Raimon?". Lei sorrise. "Sono Ygritte Banyan. Tu giochi a calcio?". "Da solo". "Vuoi fare due tiri? Conosco un posto tranquillo. Almeno scenderai dallo scivolo".

Lo sguardo di Aitor si rabbuiò. "Mi piace questo posto. È l'unico in cui posso stare solo". Ygritte sospirò. "Sono sicura che ti abbiano detto mille volte di farti degli amici". "Non sai quante". "Ti dico una cosa: il trucco non è andare dalle persone, il trucco è lasciare che vengano loro da te. Poi vedrai, imparerai a farti degli amici. Adesso vieni a giocare?".

Era sospettoso, Ygritte lo vedeva chiaramente. Ma alla fine annuì. Iniziò a seguirla, e lei lo portò a un campetto isolato: l'aveva trovato un giorno insieme a Jordan, per caso, ed era diventato il loro posto segreto.

"Ecco, qui possiamo giocare in pace". "Mi fai vedere la tua tecnica micidiale?". Ygritte rise. "Quale delle ottocento che ho?". "Hipnosis". "Sei un difensore?". "Vorrei diventarlo".

Passarono un paio d'ore a passarsi il pallone: più che altro, Ygritte lo teneva tra i piedi e Aitor cercava di rubarglielo, e un paio di volte ci riuscì, anche se la ragazza se lo riprendeva subito.

"Devo andare Aitor". "Di già?". "Sì. Ma tornerò a trovarti. E mi raccomando, continua ad allenarti. E ricorda quello che ti ho detto".

Gli consegnò il pallone, ma il bambino la prese per un polso: teneva la testa bassa. "Giocheremo di nuovo?". "Sì. Promesso".

Lo salutò e tornò dalla squadra. Arrivò appena in tempo per vedere suo fratello eseguire la Turbina Rotante e smistare i palloni con abilità.

Sorrise. "Grande!". Celia la guardò interrogativamente, ma lei si limitò ad alzare le spalle. Poi notò che Kevin era in panchina con una caviglia fasciata e intuì tutto.

"Mi dispiace Kevin". "Tranquilla. So già di poter contare su due attaccanti formidabili!".

Quando fu ora di tornare a casa, Ygritte rimase indietro per sistemare i palloni. "Tranquilla Celia, tra dieci minuti sono a casa". Riattaccò e sentì una mano sulla spalla.

"Ehi, come mai tutta sola?". Si voltò: un tipo dai capelli unti che sembrava Piton vestito male la fissava. "Scusi, la conosco?". La sua stretta sulla sua spalla aumentò. "No. Ma potresti conoscermi meglio, che ne dici?". "Te lo scordi, maniaco".

Gli tirò un calcio ben assestato sul ginocchio e si mise a correre.

Ma che vuole? Proprio a me il disperato?

Qualcosa le afferrò il piede e lei cadde a faccia avanti, picchiando la testa sull'asfalto.

"Adesso ci conosciamo meglio, va bene?". "V-Vaffan...culo". Il cuore le batteva all'impazzata.

L'uomo era vicino, troppo vicino, sentiva il suo alito fetido vicino alla faccia.

"Molla mia sorella!". "Ma che diavolo vuoi, bambina?".

Isabelle...

"Ti farò molto male!". "Non se siamo in due!".

Xavier...

"Meteora Dirompente!". Ygritte sentì un colpo secco e un mugoliò di dolore, poi sentì dei passi allontanarsi e altri avvicinarsi. Aveva la vista fuori fuoco, e macchie gialle e rosse che le danzavano davanti agli occhi.

Qualcosa di appiccicoso le stava colando sulla faccia. Chiuse gli occhi e perse i sensi.

My name is Ygritte Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora