36• Un modello di Vanity Fair ruba il lavoro a Lucas

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Daniel stava camminando sulle rive di un fiume dall'acqua scura e piena di oggetti malandati trasportati dalla corrente. Il luogo in cui si trovava era freddo, inospitale e infestato dagli spiriti. Quando uno di loro lo attraversò di netto, Daniel rabbrividì, stringendosi le spalle e cercando di riscaldarsi, strofinandosi freneticamente le braccia con le mani. Indossava il pigiama, cosa che gli fece automaticamente pensare di star sognando. "Speriamo" pensò il ragazzo guardandosi intorno. Quel posto non gli piaceva per niente. Sembravano gli Inferi. O forse lo erano davvero.

Sulla riva opposta a quella su cui Daniel si trovava, c'era lo spirito di un uomo; a differenza degli altri fantasmi, che sembravano solo dei pallidi riflessi di ciò che erano stati da vivi, aveva un qualcosa che lo rendeva concreto, quasi umano. Indossava l'armatura greca e dei sandali e aveva una freccia che gli spuntava dal polpaccio sinistro; da quel dettaglio, Daniel capì di avere di fronte l'eroe greco Achille. Lo spirito gli lanciò uno sguardo affranto e fluttuò via, come se avesse paura.

«Tu!» sentì esclamare alla sua destra. Daniel si voltò lentamente, ritrovandosi faccia a faccia con la dea Stige. Non aveva idea di come facesse a conoscere la sua identità - forse perché era sulle rive del suo fiume? -, ma era convinto che fosse lei. I tratti del viso della dea, così delicati e sublimi, erano evidenziati da un trucco opaco: gli occhi erano contornati da pigmenti scuri e sulle labbra era stata applicata una generosa quantità di rossetto nero. Indossava una veste dai colori cupi, arricchita da alcuni veli grigi e neri che, innalzati dal vento, creavano uno strano effetto ipnotico. «Sei sicuro di essere in grado di rispettare l'avventato giuramento che hai fatto?» chiese arricciandosi attorno ad un dito una ciocca di capelli color ebano.

Daniel non rispose; prima di partire per l'impresa aveva giurato sullo Stige che avrebbe fatto di tutto per non far morire Kimberly. Era stato un gesto avventato, ma di cui non si era pentito. L'unica sua preoccupazione era cosa avrebbe dovuto fare esattamente per impedire l'avvenire di un così tragico evento.

«Avrai il fegato di salvare la ragazza?» proseguì Stige, prendendolo per le spalle e spingendolo nel fiume.

Daniel si ritrovò sott'acqua, sotto uno strato di giocattoli rotti e pergamene ingiallite; tentò di riemergere - sapeva che tuffarsi nello Stige senza la preparazione adeguata lo avrebbe ucciso -, ma sentì qualcosa - probabilmente delle alghe - attorcigliarsi attorno alle sue gambe, impedendogli di tornare in superficie.

"Questo è un sogno" si disse Daniel cercando di mantenere la calma. Trattenne il respiro più che poteva, cercando di ignorare il fatto di avere le orecchie e le narici piene zeppe d'acqua.

"Stai sognando" si ripeté per darsi forza. "Non può succedere niente di male". Per tutto il tempo aveva tenuto gli occhi chiusi, ma decise di aprirli per convincersi che tutto quello non era reale. Nei sogni non accadevano mai cose brutte. Non appena dischiuse appena gli occhi, Daniel dovette ricredersi. Poteva quasi sentire Stige dire: "Ahahahah povero illuso". Non che la situazione fosse comica naturalmente. Daniel era inginocchiato davanti ad una ragazza: Kimberly. La sua amica aveva un profondo taglio orizzontale lungo la gola, imbrattato di sangue secco misto a quello ancora fresco. Il suo viso era pallido, ma non come la sua normale carnagione perlacea. La tonalità era diversa, innaturale e impressionante.

"Kimberly...è morta" pensò Daniel cercando di realizzare. A confermarglielo furono gli occhi sbarrati, pieni di lacrime che non sarebbero mai cadute, le labbra violacee e screpolate e la troppa rigidità del corpo. Poteva anche essere un sogno, ma a Daniel sembrava di vivere un incubo ad occhi aperti. Rivolse uno sguardo agli occhi della sua amica e urlò: «Kimberly!» Le lacrime iniziarono a scorrergli sulle guance come fiumi in piena e la gola cominciò a bruciargli a causa delle urla che aveva lanciato, chiamando Kimberly come se potesse sentirlo.

Olympus [1] • The hunt has just begun  Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora