37• Preoccuparsi fa venire le rughe

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Quando Daniel uscì dalla stanza, scoprì che Kimberly non aveva fatto molta strada; stava camminando avanti e indietro lungo il corridoio, con le braccia protese lungo i fianchi e le mani strette in due pugni. Non appena vide Daniel, si avvicinò a lui e lo prese per le spalle.

«Daniel.» disse. «Non sono pazza. Non pensarlo.»

«Non lo penso.» rispose lui. «Perché dici così?»

«Quando usciremo dall'hotel, ho intenzione di fare una cosa e non so come potresti prenderla.» affermò lei. «Ti spiegherò tutto il prima possibile ma, ti prego, non pensare che io sia pazza.»

«Non lo penserò.»

Kimberly si fece più vicina e lo guardò negli occhi. «Me lo prometti?»

«Sì, te lo prometto.» fece Daniel tutto rosso dall'imbarazzo.

Kimberly accenno un sorriso. «Bene, andiamo.»

Iniziò a scendere freneticamente le scale, sentendo la rabbia aumentare sempre di più man mano che i suoi piedi si poggiavano sui gradini. La sua mente la riportò a ciò che era accaduto pochi minuti prima: era scesa nella hall dell'hotel per contrattare sul prezzo della stanza, ma l'addetto della reception le aveva detto che qualcuno era passato a saldare il conto per lei. Aveva inoltre aggiunto che la persona che le aveva pagato la suite aveva anche lasciato una lettera per lei; Kimberly l'aveva letta frettolosamente lungo il tragitto per tornare in camera. Quella lettera era opera di Alabaster: nient'altro che un fiume di implorazioni di tornare ad essere la sua ragazza e un paio di righe in cui aveva scritto che la stava aspettando fuori dall'hotel e che era stato lui a pagare la stanza, ma che non voleva che gli fossero restituiti i soldi. Kimberly l'aveva subito gettata nel cestino; la sua mente aveva iniziato lentamente a plasmare un piano: picchiare Alabaster, rompergli il naso, umiliarlo, ucciderlo come aveva fatto lui con suo fratello...

Ed ecco che la mente della semidea fu investita da altri ricordi, ricordi che avrebbe voluto dimenticare. Durante la battaglia di Crono, Alabaster aveva cercato di ucciderla, ma suo fratello, Kayden, le aveva fatto da scudo con il suo corpo, incassando il colpo al suo posto e morendo poco dopo tra le braccia di sua sorella. Molto prima di quel tragico evento, lei ed Alabaster stavano insieme; quando Kimberly era arrivata al campo, il primo semidio con cui aveva parlato - senza considerare suo fratello gemello Kayden -, era stato proprio Alabaster. Gli era sembrato triste, solo e bisognoso di qualcuno che gli volesse bene e che si prendesse cura di lui. E fu così che si erano messi insieme; Alabaster era rimasto colpito in positivo da Kimberly, l'unica che si era avvicinata a lui, quando tutti lo trattavano in modo distante e diffidente perché era figlio di una dea minore, Ecate. Poi era arrivato Luke Castellan, che, con la sua voce da leader e l'aria sicura di chi sa qual è il suo posto nel mondo, aveva convinto parecchi semidei ad arruolarsi nell'esercito di Crono, come lui stesso aveva fatto, tradendo i suoi amici e l'intero Campo Mezzosangue. Le sue idee avevano ammaliato Alabaster, che da tempo aspettava più rispetto per sua madre - e per le altre divinità minori - da parte degli dèi maggiori: un seggio sull'Olimpo, una capanna al Campo Mezzosangue...

"È forse chiedere troppo?" chiedeva costantemente a Kimberly nelle notti in cui se ne stavano sdraiati sul prato a guardare le stelle.

"No" rispondeva sempre Kimberly. "È giusto, ma Crono non cerca l'uguaglianza. Cerca la distruzione".

Alabaster inizialmente evitava di rispondere a tono a quell'affermazione, ma con il tempo gli risultava sempre più difficile trattenersi. Iniziò ben presto ad esporre a Kimberly le sue idee: riunire un piccolo esercito formato dai figli di Ecate del Campo Mezzosangue e condurli in battaglia a combattere per Crono. Ma il parere di Kimberly era differente dal suo.

Olympus [1] • The hunt has just begun  Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora