Capitolo Otto

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La Gemella sedeva in silenzio sul proprio letto. Suo fratello era stato chiamato quelle che le sembravano ore prima dal generale Kuznetsov, non che la cosa le dispiacesse.
Era rimasta da sola così a lungo che ormai cominciava a nutrire questa irrazionale speranza che il fratello non tornasse.
La sua mente continuava a tornare inevitabilmente sugli occhi di Liam Madison che si chiudevano per l'ultima volta, le sue ultime parole sussurrate, le dita delle ragazza impregnate del suo sangue.
Si conoscevano da quelli che erano stati solo semplici minuti, sì, e lei aveva ucciso milioni di persone senza provare il minimo rimorso, ma qualcosa era diverso in quella morte.
Sentiva di aver appreso dentro di sé dove si trovava quella sottile linea che separava i nemici dagli amici, rendendoti la morte dei primi un sollievo mentre quella dei secondi una tragedia. L'unico "amico" che avesse mai avuto (o che potesse contare come tale) era sempre stato suo fratello. Quando cresci come arma da distruzione di un'associazione assassina mirata alla conquista del mondo tendi a non fare molta amicizia.
Lei era una macchina da guerra, non sentiva la necessità di trovarsi degli amici.

Ma questo non toglieva di certo quel macigno dal suo stomaco. Sentiva che era sbagliato, che il soldato non avrebbe dovuto morire, non così, non quel giorno. Ma lei chi era per giudicare, dopo averne uccisi a milioni di uomini?
Non era stata fatta per provare pietà, questo le era chiaro. Nella sua mente le parole "pietà" e "rancore" erano state eliminate perennemente, rimpiazzate da un'enorme senso del dovere e una furia assassina impensabile per una semplice ragazza. Era la prima volta in tutta la sua vita che provava dispiacere nel vedere una vita liquefarsi davanti ai suoi occhi, perdendo il proprio futuro e abbandonando i propri sogni. Il fatto che Liam sembrasse felice di essersene andato nel tentativo di proteggerli era per la Gemella una cosa totalmente ingiusta. Se si fosse lamentato, avesse urlato, le avesse dato la colpa, lei non si sarebbe sentita così.
Un altro morto.
Un'altra vita andata.
Non era la prima volta, non sarebbe stata l'ultima.
Ma quell'uomo non era triste o arrabbiato, era contento di aver portato a termine il proprio dovere, felice di aver dato la vita per qualcosa in cui credeva davvero.
Sotto un certo punto di vista, loro erano i cattivi. Forse sotto molti punti di vista loro erano gli antagonisti della storia del mondo.
Ma come poteva una persona qualunque dire che Liam Madison era stato un "cattivo" dopo aver assistito alla sua morte?
Punti di vista, così credeva la ragazza.
Lei non aveva forse camminato tra la polvere dei corpi dei suoi nemici, senza provare il minimo senso di colpa nella consapevolezza che era lei la causa di quel massacro?

La porta si aprì, rompendo il flusso dei suoi pensieri. Suo fratello chiuse la soglia e si fermò davanti a lei, che guardava nel vuoto alla destra di lui.
-Nostro padre è qui.- disse lui in tono piatto. -Dobbiamo andare.-
La ragazza annuì, aspettando che il fratello uscisse dalla camera. Poi anche lei si alzò, guardando per l'ultima volta la stanza in cui aveva vissuto per due mesi o poco più.
Si chiese quale sarebbe stata la prossima meta.
Giappone? Spagna? Africa?
Oppure sarebbero tornati negli Stati Uniti? Ne dubitava, era troppo rischioso.
Uscì nel corridoio vuoto, percorrendo nel totale silenzio la strada che l'avrebbe portata all'ingresso della base. Camminava e ascoltava il rumore dei propri stivali che cozzavano contro il pavimento di metallo. Quando arrivò nella sala "d'ingresso" tutti i presenti si voltarono verso di lei che scendeva gli ultimi gradini nella sua tuta militare completamente nera. Una stella rossa sangue era apparsa sopra la stoffa scura, all'altezza del cuore.
Tutti i soldati fecero il saluto militare quando lei passò, camminando con lo sguardo fisso sul sorriso di James Connor Sweeney.

Alla destra dell'uomo, l'altro Gemello stava immobile e silenzioso, la maschera rivolta verso la sorella che veniva loro incontro. Dall'altro lato invece Kuznetsov la guardava serio, spostando di tanto in tanto lo sguardo su Sweeney.
-Bambina mia.- la salutò l'uomo, la cicatrice profonda che si distorceva mentre lui sorrideva e apriva le braccia. La ragazza si fermò ad un paio di passi dall'uomo, impassibile.
Lui le fu subito accanto, abbracciandola senza che lei muovesse un muscolo, gli occhi che sotto la maschera si appannavano, fissando il vuoto fuori dalle porte aperte della base.
-Bene, direi che possiamo andare, figli miei.- esclamò allegramente James Sweeney, posando una mano sulla spalla del figlio e lasciando andare definitivamente la ragazza.
-È stato un onore poterla servire, signore.- salutò formalmente Kuznetsov, mentre i due uomini si stringevano la mano.
-Andiamo cari.-
Il fratello precedette il padre verso l'uscita. La ragazza abbassò le spalle come sconsolata e poi li seguì lentamente.

-Aspetta!-

Tutti e tre si voltarono, ma solo lei riconobbe la voce.
Pietro Ivanov ruppe le linee, lasciando al compagno il proprio fucile e correndo in mezzo ai soldati fino a raggiungere la ragazza. Senza una minima esitazione, la abbracciò.
Alla ragazza mancò il respiro, mentre il soldato si piegava leggermente per poterla stringere. Lei si riscosse un poco, quel tanto che le bastava per appoggiare la mano sulla schiena del soldato, un istante prima che quello si staccasse da lei.
Si portò la mano alla fronte in un saluto militare.
-È stato un vero onore combattere con te.- disse con tono serio. Poi il suo sguardo si addolcì, cercando quello della ragazza nonostante la maschera glielo impedisse.
-Stai attenta.-
E con queste parole sparì nella folla di soldati, lasciando la Gemella senza parole sotto gli occhi di tutti.

-Andiamo tesoro.- la richiamò il padre e lei si costrinse a seguirli fuori dalla base, fin sulla pedana dell'aereo. Il capo salutò un ultima volta con fare scenografico il sergente, mentre la pedana si richiudeva nell'aereo con loro sopra.
Appena sparirono dalla vista dei militari, il sorriso cortese di Sweeney sparì, sostituito da un'espressione seccata e annoiata.
-Quanto odio queste formalità.- si lamentò, lasciando cadere la giacca elegante su una poltrona e accomodandosi in un'altra, seguito dal fratello. La ragazza si mise di fronte ai due, la mente ancora annebbiata dagli avvenimenti recenti.
L'uomo sembrò percepirlo.
-E così.- disse, attirando l'attenzione dei due Gemelli. -Un soldato si è innamorato della mia bambina.-
Lei scosse la testa, anche se la sua espressione sotto la maschera candida non era convinta.
Sweeney sorrise, trasformando poi il sorriso in un ghigno.

-Lo spero per te, Scarlet Death.-

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