Erano le diciassette e trentotto del pomeriggio, il sole splendeva, il cielo era pulito, i bambini ridevano nei parchi e Tony Stark bussava su quella maledetta porta talmente forte da sembrare intenzionato a buttarla giù.
-Apri la porta!- ordinò ad alta voce, senza ottenere risposta dall'altra parte.
-Peter sto cominciando ad arrabbiarmi sul serio!- lo avvertì l'uomo, ma Parker non sembrava molto colpito da quelle parole, dato che non si mosse.
All'interno della stanza il bimbo ragno sedeva immobile sul bordo del proprio letto, guardando il vuoto davanti a sé e sentendo la voce di Tony Stark arrivare come da molto lontano.
La sua mente era completamente scollegata dal resto, come accadeva ormai troppo spesso in quel periodo per i gusti di Tony.
Ci volle un'enorme sforzo da parte del ragazzo per ricollegare la propria volontà alle funzioni motorie del corpo.-Peter io...- cominciò a formulare l'ennesima minaccia Tony, ma questa volta la porta si aprì. Come ogni volta, l'uomo dovette far appello a molta determinazione per non dimenticare i motivi della sua rabbia verso il ragazzo, una volta che se lo trovò di fronte.
Quegli occhi così spenti gli rendevano parecchio difficile rimanere arrabbiato davvero con l'ormai sedicenne.
-Saranno dieci minuti che ti chiamo, cosa avevi di così importante da fare per ignorarmi?- chiese, tentando di tenere un tono iroso.
Il ragazzo portò lo sguardo sugli occhi di Tony e la sua sicurezza vacillò per un istante.
-Mi dispiace...- mormorò il ragazzo-ragno, incurvando le spalle coperte dalla maglia bianca che indossava.
Natasha diceva di non riuscire a vederlo in quelle condizioni, che gli ricordava un paziente di qualche clinica psichiatrica.
Un'immagine tanto azzeccata quanto deprimente.-È il tuo turno di fare la guardia, bimbo ragno, penso tu voglia...- Tony non riuscì a terminare la frase che una serie di emozioni diverse presero il sopravvento nel ragazzo.
In un primo momento, Parker sembrò rianimarsi, tornando ad avere il soluto luccichio negli occhi curiosi. Poi un pensiero a Stark sconosciuto passò chiaramente per la mente del ragazzino, che sembrò sprofondare in una dolorosa depressione persino peggiore di quella precedente.
-O-ora vado.- rispose Peter, richiudendo la porta della camera con la mano che tremava leggermente.
Rimasto chiuso fuori dalla stanza nuovamente, Tony sospirò afflitto, costringendosi poi a tornare ai propri doveri, tentando di smetterla di darsi la colpa per lo stato sentimentale del giovane Parker.Dall'altra parte della soglia, Peter si era spostato nel bagno della propria camera, fissando il proprio riflesso a lungo nello specchio appeso sopra il lavabo. Si perse nei propri occhi riflessi, chiedendosi se valesse la pena ridursi così per una cosa così inutile.
Dopo quella che gli parve una vita riuscì a staccare lo sguardo dalle proprie iridi specchiate davanti a lui, tornando nella camera e afferrando una felpa qualsiasi, uscendo poi dalla stanza.
"Fare la guardia" era qualcosa che gli faceva provare emozioni contrastanti, che oscillavano tra la malinconia più assoluta ad una parvenza di gioia che riusciva a migliorare l'umore per poco.
Mentre scendeva le scale e svoltava nei corridoi che lo dividevano dalla "Camera M", il giovane Spider-Man tentava di concentrarsi su qualcosa, qualsiasi cosa, non riguardasse ciò che stava per andare a fare e che avrebbe portato via le prossime quattro ore della sua giornata, tenendolo occupato fino a sera.Giunse finalmente davanti alla porta di metallo e lasciò che il sensore scannerizzasse la sua retina, così da poter aprire la soglia e lasciarlo entrare nell'enorme stanza simile al salone di controllo di una base militare, solo completamente vuoto.
L'enorme salone interamente di metallo dipinto di bianco era occupato solo da una sorta di capsula, un'enorme cilindro di quello che era apparentemente comune vetro situata nel mezzo della stanza.
I passi del ragazzo riecheggiavano nell'immensità della stanza vuota mentre egli copriva la distanza che lo separava dalla campana di quello che in realtà era uno dei materiali più resistenti al mondo, proveniente dal Wakanda.
All'interno di quella gabbia così particolare, una piccola figura aveva a disposizione diversi oggetti e comfort, che si materializzavano a comando del prigioniero.
Quando Peter giunse a qualche metro dalla parete che divideva lui e il prigioniero tenuto così ben protetto, vide solo una schiena curva rivolta verso il muro opposto a quello che ospitava l'entrata dell'enorme salone.
In un silenzio insopportabile, Peter fece il giro dell'enorme cilindro, vedendo lentamente il profilo del prigioniero e trovandosi poi di fronte ad esso.La ragazza sedeva con le gambe raccolte al petto vicino alla parete che stava ora davanti al ragazzo, la fronte premuta contro il vetro e i bellissimi occhi persi in un malinconico vuoto imprecisato.
Il giovane Parker si avvicinò di più alla gabbia, sedendosi infine a gambe incrociate proprio di fronte alla figura immobile dell'unico prigioniero presente nella struttura.
-Ehi...- salutò insicuro il ragazzo, accennando un sorriso in direzione della ragazza.
Con quello che parve un immenso sforzo, la prigioniera spostò le iridi magnifiche in quelle castane di Spider-Man.
Non disse alcuna parola, ma una vocina debole risuonò nel cervello di Peter, bisbigliando un "ciao" spaventato.
-Hai mangiato oggi?- chiese premuroso il giovane, volgendo un sorriso più sicuro alla prigioniera.
La Gemella scosse la testa, senza aggiungere altro.
-Evie ne abbiano già parlato...- Peter si meravigliò di come il suo tono sembrasse quello di un padre preoccupato, rendendo la frase quasi ironica.
La ragazza alitò sul vetro, disegnando poi con il dito sulla parte di parete appannata.
"Mi dispiace".Peter sospirò appoggiando la testa al vetro e successivamente la mano sinistra. Il vetro era sorprendentemente freddo sotto le sue dita ma lui lo notò a malapena.
-Vorrei solo che tu stessi bene...- mormorò tra sé e sé il ragazzo, ripensando inevitabilmente alla promessa che si era fatto la prima volta che aveva incontrato quella ragazza così speciale.
Aveva giurato a se stesso di aiutarla, di proteggerla, ma sopratutto di levare dai suoi occhi quello sguardo così spaesato e addolorato.
Odiava il fatto di non esserci riuscito, anzi di aver peggiorato la situazione.
All'improvviso sentì come un lieve calore sotto le dita che ancora erano attaccate al vetro e istintivamente alzò lo sguardo.
Dall'altra parte del vetro, in corrispondenza con le sue, le dita della ragazza si stendevano contro la superficie trasparente. Peter spostò lo sguardo verso il volto della ragazza e riuscì quasi a scorgerne un sentimento differente dalla solita malinconia, qualcosa che assomigliava molto alla gratitudine.
Nella sua testa, la vocina parlò ancora."Grazie Peter."
Wakanda
Questo è con tutte le probabilità il mio capitolo preferito e la parte finale, con quell'accenno al nuovo legame nato tra i due (che poi si svilupperà bene nei prossimi capitoli) e qualcosa che adoro.Cosa ne pensate?
Torno a fare greco, addio.
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||Progetto Gemelli Medusa|| ✅
Fanfic"Tra le schiere dell'Hydra era nato un modo di dire: qualora vedessi due maschere guardarsi, eri già morto." →|Pre - durante "Avengers: Infinity War"| [#1 in "Supereroi" ; 27 Dicembre 2018] [#2 in "Tony Stark" ; 30 Dicembre 2018] [#3 in "Twins" ; 30...