Capitolo Trentotto

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-Dici che Evie si arrabbierà?-
-Non credo, no.-
-Ma me ne sono andato senza dirle nulla...-
-Capirà.-
-Tu non la conosci.-
-E allora perché mi chiedi se si arrabbierà?-

Peter rimase zitto, dopo minuti e minuti passati a tormentare Happy, che a malapena riusciva a sopportare il tremendo traffico che avevano incontrato per le strade appena fuori New York. Parker appoggiò la testa al finestrino guardando il paesaggio fuori da esso, la mente sempre rivolta alla ragazza chiusa nella base degli Avengers.
-Posso...posso fare una chiamata?- chiese a mezza voce il ragazzino, abbassando lo sguardo sui propri jeans chiari.
Happy tirò su il vetro che divideva i sedili anteriori dell'auto da quelli posteriori, lanciando solo una veloce occhiata al giovane attraverso lo specchietto retrovisore.
Peter prese il proprio cellulare, aprendo la rubrica e scorrendo i contatti in cerca di quello che gli interessava.
Quando lo trovò, esitò nel premere il pulsante.
Si sentiva ancora terribilmente in colpa verso la ragazza, non l'aveva nemmeno avvisata o salutata.
Uscì dal contatto, scorrendo tutti i numeri una seconda volta. Questa volta non esitò a premere il pulsante.
-Peter?-
-Signor Stark, può fare una cosa per me?-
-, certo. Dimmi.- rispose la voce dell'uomo dall'altro capo del telefono.
Peter sospirò, guardando i palazzi che sfrecciavano al suo fianco.
-Potrebbe dire lei ad Evie che sono da mia zia? Dirle quando tornerò...-
-Nessun problema ragazzo.-
-La ringrazio.-
-Salutami tua zia.-
La chiamata terminò e Peter tornò a guardare il paesaggio newyorkese intorno alla loro auto, sospirando. Avrebbe voluto portare Evie con sé nel Queens, mostrarle la città, farle conoscere Ned e May, magari anche Michelle. Chissà se aveva mai preso la metropolitana, o se era mai entrata in un liceo.
Peter era convinto che ad Evie sarebbe piaciuta New York, anche se non era sempre così perfetta come la descrivevano.

-Cinque minuti e siamo arrivati.- dichiarò Happy, facendo sobbalzare Peter sul sedile, non essendosi nemmeno accorto che il vetro era stato tirato nuovamente giù.
-Oh...- riuscì a dire, senza trovare nulla da aggiungere. Era felice di rivedere sua zia e il suo migliore amico, ovviamente, ma gli dispiaceva enormemente lasciare la guerriera da sola. Il loro rapporto era stato così profondo fin dall'inizio sopratutto perché avevano la stessa età ed erano i più giovani della squadra. Senza uno dei due, l'altro rimaneva l'unico adolescente e Peter sapeva bene che non era facile.
Fuori dal finestrino cominciò a riconoscere i negozi e le case del suo isolato, presto quelli della sua via. Quando la macchina si fermò davanti al suo palazzo, Peter cercò di mandare giù i pensieri di Evie insieme alla saliva, uscendo dall'auto e prendendo le valigie che Happy gli porgeva.
-Ti accompagno su?- chiese l'uomo, facendo cenno al portone d'ingresso.
-Non è necessario, grazie.- mormorò il ragazzino, cercando di sparire il prima possibile nel ben conosciuto edificio, salutando di fretta il suo autista di fiducia.
Mentre prendeva l'ascensore Peter pensò all'ormai vicinissimo incontro con Ned e a tutte le novità che gli avrebbe raccontato. Sapeva che l'amico sarebbe andato fuori di testa sentendo la storia dei Gemelli Medusa e di ciò che era ora Evie.
Le "cose da Avengers" facevano impazzire Ned, persino più delle avventure e missioni di Spider-Man.

Peter suonò il campanello, aspettando che la zia aprisse la porta.
Quando la soglia si aprì, rivelando il viso di May Parker, la donna quasi gridò di gioia nel vedere Peter che le sorrideva dal pianerottolo.
-Pete!-
Dopo quasi quattro mesi che non la vedeva, Peter fu davvero felice di riabbracciare sua zia, tanto da tirare un sospiro di sollievo. Si sentiva a casa, a quella che era stata casa sua per molto più tempo rispetto all'Avengers Tower.
-Sei diventato più alto? La smetterai mai di crescere?- May gli prese il viso tra le mani, squadrandolo da testa a piedi per vedere cosa era cambiato nel fisico del nipote.
-Vieni dentro, avrai un sacco di cose da dirmi.- lo invitò, ancora su di giri, May, trascinando le valigie nel salotto prima che lui riuscisse a dirle di non scomodarsi.
In un battito di ciglia il ragazzo si ritrovò seduto sul divano con sua zia, che già voleva sapere tutto quello che agitava la movimentata vita di Peter Parker.
Per le successive tre settimane sarebbero tornati ai bei vecchi tempi, quando Peter era ancora un ragazzino come tutti gli altri e non l'incredibile Spider-Man di quartiere.
Come se fossero ritornati indietro a prima del morso del ragno, prima della morte dello zio...

-L'ultima volta che Stark mi ha fatto sapere qualcosa ha detto che hai trovato un "amichetta". Sparisci per quattro mesi e ritorni con la fidanzata?- cominciò subito May, con uno sguardo ironico e la voce che emanava gioia in quantità enormi. Le era mancato davvero molto Peter, così come al ragazzo era mancata lei.
Certo, essere un Avenger era straordinario, il sogno di ogni adolescente, ma c'era sempre l'altro lato della medaglia. Gli amici e la famiglia erano da sempre il punto debole di ogni supereroe, che fosse un semplice vigilante di quartiere o il grande Iron Man.
-È una storia lunga ma no, Evie non è la mia ragazza.- chiarì subito il ragazzo, mentre le guance gli si tingevano di rosso al pensiero della ragazza come sua fidanzata.
-Evie?- domandò May, sfoderando una delle sue migliori occhiate maliziose. -Davvero un bel nome, no?-
Peter si grattò la nuca, boffonchiando una risposta affermativa e facendo ridere la zia, che per la seconda volta lo strinse a sé, felice di poterlo di nuovo avere lì dopo tutto quel tempo.
Quasi avesse ricevuto una scossa, la donna si staccò, guardando il ragazzo con gli occhi sgranati dietro le lenti degli occhiali.
-Ned! Chiamalo subito, vorrà sicuramente rivederti dopo questi mesi!-
Senza aspettare altro spinse leggermente Peter verso la camera, gridandogli che lei avrebbe preparato da mangiare nel frattempo, che magari avrebbero potuto ospitare anche Ned per quella sera, per festeggiare.
Peter rientrò nella propria camera con un sorriso, ritrovando il suo amato caos e le sue cose nell'esatto punto in cui le aveva lasciate.
Prese il telefono e compose il numero di Ned, aspettando in una sua risposta.
-Peter?-
-Sono io Ned.- rispose il ragazzo, guardando la fetta di New York visibile dalla sua finestra.

-Sono a casa.-

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