Capitolo Quarantotto

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La verità era che Evie sapeva fin da subito come sarebbe finita quella storia. Quando la porta si era chiusa alle loro spalle aveva capito che da lì dentro non sarebbero mai usciti. Non tutti almeno. Quindi rimaneva un'unica domanda: avrebbe scelto di salvare se stessa o i suoi amici?
Fino a un anno e mezzo prima non avrebbe avuto la minima esitazione nel mettere la propria salvezza prima di quella di chiunque altro, ma le cose erano cambiate molto e lei avrebbe preferito morire dieci volte pur di essere sicura che ognuno dei suoi compagni ne uscisse illeso e sopratutto vivo.
E allora perché rimaneva lì a guardare la propria squadra disperarsi, colpire i muri, chiamare aiuto? Cosa aspettava a fare ciò che andava fatto?
Evie non riusciva a staccare lo sguardo da Peter, che si arrampicava sui muri, cercando un condotto d'aria, qualcosa che li facesse uscire da lì o che potesse fermare il conto alla rovescia. Perché doveva essere così difficile accettare il fatto che l'avrebbe lasciato per sempre?
Evie non riuscì a trattenere le lacrime. Avrebbe preferito essere ancora apatica come quando era ancora una prigioniera dello S.H.I.E.L.D., non avere nulla da perdere, non provare assolutamente niente.
-Andrà tutto bene Evie, usciremo di qui.- Steve la richiamò alla realtà, prendendola per le spalle e guardandola negli occhi. Evie trovò quasi tenero che il Capitano pensasse che lei stesse piangendo per il proprio destino.
-Non...non piango per questo.- rispose, rivolgendo un sorriso al biondo.
L'ultimo sorriso.
Il Capitano staccò le mani dalle spalle della ragazza, guardandola con serietà e senza capire cosa volesse davvero dire.
Evie prese un respiro profondo.
-Tutti contro la porta!- gridò e gli Avengers si voltarono verso di lei, eseguendo subito quello che lei gli chiedeva.

-Evie che cosa....-
-Steve, davanti a tutti, alza lo scudo.-
Evie non riusciva a sopportare di sentire la voce di Peter chiamarla in quell'istante e le dispiacque doverlo trattare così in quel momento così critico, ma aiutava a rendere tutto meno doloroso. Con le lacrime che le rigavano il volto, scendendo lungo i solchi delle cicatrici, Evie si posizionò davanti alla parete opposta, appoggiando le mani sul muro freddo che continuava a vibrare leggermente, come se sapesse cosa stava per accadergli.
Evie prese un profondo respiro, cercando di incanalare tutte le energie e le emozioni verso ciò che stava per fare. Tutto il dolore, la rabbia, la tristezza, l'angoscia sembrò scorrerle nelle vene, fermandosi nelle mani premute contro la parete.
-Ragazzina cosa vuoi fare?- la voce di Stark era appena udibile sopra il rumore dei pensieri di Evie, sopra tutto il dolore che provava in quel momento.
-Cap fermala, sta soffrendo.-
Rogers rimase immobile, lo scudo davanti a sé a proteggere anche i compagni.
Evie singhiozzò più forte, premendo con più insistenza le mani sul muro. I suoi occhi cominciarono a brillare di oro puro, mentre le lacrime sembravano essersi tinte anche loro del medesimo colore.
-Steve spostati!- gridò Natasha, ma ancora una volta il biondo non si mosse.
-Evie fermati.- la voce tremante e rotta di Peter fu come una pugnalata per il cuore della ragazza, che tuttavia non si fermò, ma premette ancora di più le mani.
Il metallo sotto le sue dita tremava molto più forte e lo schermo alla sua sinistra le diceva che aveva sempre meno tempo.

Evie ripensò a tutto quello che aveva vissuto con gli Avengers negli ultimi tempi, come il loro rapporto era diventato qualcosa di unico e magnifico, come ognuno di loro l'avesse fatta sentire per la prima volta a casa.
Evie singhiozzò più forte, come cercando di coprire le urla dietro di lei che intimavano a Steve di spostarsi, di andare a fermarla. Ma non ci sarebbero riusciti, lei aveva scelto.
Il muro tremò più forte, il soffitto cominciò a fare altrettanto e calcinacci piovvero poco distanti da lei. Sentì il potere scorrere nelle vene e abbattersi con una furia inaudita contro la parete, come se fosse quel semplice muro la causa di tutto il dolore che la ragazza stava provando.
Doveva arrendersi.
Era inevitabile, doveva separarsi dai suoi amici, era il suo destino.
Lo era stato da sempre, fin dalla prima volta che li aveva visti. E lei era pronta a dare la vita per loro.
-Evie no!-
Peter stava piangendo, lo sentiva. Riusciva quasi a sentire il rumore delle sue braccia che tentavano di raggiungerla, che volevano liberarsi da quel "posto sicuro" che Captain America stava creando per la squadra.
Evie alzò gli occhi al soffitto, mentre le lacrime le scendevano sul collo e gli occhi brillavano come stelle dorate.
-Mi dispiace.- bisbigliò, dando poi l'ultima spinta alla parete.

Tony Stark non dimenticò mai, mai, l'urlo straziante di Peter, al suo fianco, quando metà della loro prigione crollò, seppellendo totalmente la ragazza che gli stava salvando la vita.
A dire il vero, nessuno degli Avengers riuscì mai più a dimenticare quel grido che andò avanti a popolare i loro sogni per anni e anni. Come la parete crollò il ragazzo si dimenò più forte, protendendo un braccio verso il punto dove era sparita Evie, il volto rigato dalle lacrime e l'espressione deformata dal dolore.
Steve strinse più forte lo scudo, proteggendoli dalle macerie che volarono verso di loro nell'esplosione e limitando i danni altrimenti disastrosi. E anche se forse molti di loro non lo raccontarono mai, mentre si stringevano l'uno all'altro per non essere colpiti da pezzi di mattoni, sentendo tutto il dolore di Peter, tutti crollarono, tutti sentirono le lacrime uscire contro la loro volontà.
Quando la pioggia di detriti si fermò Steve afferrò i più vicini e gli gridò di correre fuori, prima che tutto esplodesse definitivamente.

Mentre si tiravano l'un l'altro fuori dalla base, Peter oppose resistenza.
-No! Evie è lì sotto! Evie!- gridava Spider-Man, puntando il cumulo di macerie che aveva preso il posto della ragazza con il crollo della sala.
Tony Stark afferrò per una spalla il ragazzo e cercò di tirarlo via.
-No!-
-Ne ho già persa una, non ho intenzione di perdere anche te!- gridò il miliardario, la voce tremante, trascinando via il ragazzo ragno e portandolo insieme agli altri Avengers nel bosco circostante la base.
Erano a diversi metri di distanza dall'edificio quando esso esplose definitivamente, spargendo detriti ovunque nella foresta attorno.
La maschera di Iron Man sparì, mostrando il volto di Tony, mentre esso stringeva a sé il ragazzo che singhiozzava distrutto reggendosi alle spalle di metallo della tuta.
E sotto lo sguardo pieno di lacrime di Stark, il bosco iniziò a bruciare lentamente.





Wakanda
Madonna. Santa.

Okay mi credete se vi dico che, rileggendo questo capitolo a mesi di distanza da quando l'ho effettivamente scritto, mi sento male. No vi giuro, sono riuscita a spezzarmi il cuore da sola, non so se dire che sono un genio o un idiota.
Probabilmente sono entrambi.
Come Tony.
Che piange.
E dice quella frase che idk mi scuote troppo.

Sì okay, sono un idiota.

Boh, non c'è molto da dire, anche se sono sicura che voi abbiate parecchie cose da dire a me. E chissà perché ho la sensazione che nessuna di queste sarà carina.

Ma va beh, vi voglio bene comunque.
(Anche perché me lo merito)

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