Capitolo Diciannove

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-Tell me, tell me if you love me or not, love me or not, love me or not? I'll bet the house on you, am I lucky or not, lucky or not, lucky or not? You gotta tell me if you love me or not, love me or not, love me or not? Been wishin' for you....emh...me or not, me or not, me or not. Ooh, ooh, ooh, ooh, ooh, been wishin' for you. Ooh, ooh. Tryna do what lovers do ooh-

Peter Parker cantava inventando una buona metà delle parole, seduto sul cornicione di un palazzo non troppo alto e mangiando una fetta di pizza tra una strofa e l'altra.
Tutti gli altri Avengers dovevano essersi ritrovati nella piazza centrale, quella dove era precipitato l'eliveivolo dell'Hydra, ma lui non aveva voglia di scoprirlo.
Mentre lui e il signor Stark giravano per la parte est della città desolata avevano trovato una pizzeria in fiamme e il ragazzo l'aveva spenta, nonostante non ci fossero più persone in potenziale pericolo. Tuttavia aveva guadagnato l'approvazione di Iron Man per "prendere in prestito" un cartone di pizza. In fondo, erano morti tutti no? Nessuno si sarebbe offeso per quel piccolo furto.
Peter aveva deciso di restare in giro per la città per potersi godere un po' di tempo da solo e per poter manifestare tutto il suo entusiasmo e scaricare tutta la sua energia senza che qualcuno lo vedesse.
Era in missione, e una missione vera!
Non poteva crederci, quello era probabilmente il giorno migliore della sua vita.
Okay, forse era un po' egoista pensare ciò mangiando una pizza rubata in una città dove tutti gli abitanti erano morti a causa di un'assassina di quindici anni.

-Ooh ooh...aspetta e quello cos'è?-
Forse per il fatto che era ancora giovane o a causa dell'abitudine di lavorare da solo, Peter non riusciva a liberarsi del vizio di parlare da solo in continuazione.
Su un tetto non molto distante da quello sul quale si trovava lui, nel frattempo, qualcosa si era mosso, come un gatto. Sarebbe sembrato anche normale, se non fosse che le uniche forme di vita rimaste in città erano loro e che nessuno si sarebbe messo a giocare a nascondino in quella situazione così drammatica.
Troppo preso dalla curiosità e dall'eccitazione all'idea di aver trovato un qualche superstite, il ragazzo-ragno lasciò la sua pizza abbandonata a se stessa sul tetto e si rimise la maschera da Spider-Man, saltando verso il tetto sospetto.
Sopra il palazzo, come c'era da aspettarsi, non si trovava anima viva, esattamente come sopra tutti gli altri tetti di tutte le altre vie di tutta la città.
Era veramente deprimente pensare una cosa del genere, c'era da ammetterlo.
Peter stava quasi per tornare al suo spuntino giustamente guadagnato -o almeno lo era secondo lui- quando un secondo movimento si ripeté alla sua sinistra. Questa volta il ragazzo fu abbastanza svelto a girarsi da vedere una scarpa da ginnastica sparire dietro l'ennesimo tetto.

-D'accordo amico, vuoi giocare?- si disse tra sé e sé Parker, saltando sul tetto successivo.
-Allora giochiamo.-
Spider-Man saltava da un edificio all'altro, seguendo il guizzo che, ormai era palese, stava tentando di scappare proprio da lui.
Chiunque fosse il fuggitivo era troppo veloce e ben preparato per farsi fregare da un ragazzino qual'era Peter, perciò il ragazzo non riuscì a scorgere più di fugaci dettagli di quello che era l'aspetto fisico della persona che stava rincorrendo da ormai una decina di minuti, dondolandosi sulle ragnatele da un palazzo all'altro. L'adrenalina gli scorreva nelle vene mentre si muoveva leggero e veloce, immaginando già le facce degli altri Avengers quando lui, il più piccolo di tutti, fosse tornato da loro con un superstite.
L'unica cosa che non capiva era perché esso stesse scappando da qualcuno che voleva aiutarlo.
Saltò su un altro tetto e scoprì di aver anticipato il suo simpatico amichetto in fuga, il quale atterrò pochi istanti dopo, trovandosi la strada sbarrata dal famoso arrampicamuri.
-Ehi bella, frena i motori.- le disse, ottenendo come risultato l'esatto opposto.
La ragazza che aveva inseguito fino a quel momento si lanciò verso l'edificio vicino, ma in assenza della spinta giusta riuscì a toccare il cornicione solo con la punta delle dita, prima di precipitare nel vuoto sotto di loro.
Il giovane Parker fu rapidissimo, si gettò anche lui di sotto e afferrò la vita della ragazza, sparando poi una ragnatela verso il tetto che lei aveva mancato e riportandola su.
-Puoi smetterla di tentare il suicidio per cinque minuti?- chiese con un filo di fiatone il vigilante, dopo aver depositato sul cemento del tetto la ragazza, che stava carponi per terra, il viso rivolto verso il basso coperto dai lunghi capelli neri.
A pensarci bene, Peter non aveva ancora visto il volto della ragazza, che anche quando si erano trovati faccia a faccia era riuscita a nascondersi dietro i capelli e le braccia.

-Ehi, stai bene?- chiese il sedicenne, posando una mano sulla spalla della giovane e facendola così girare di scatto, per istinto.
A Peter mancò il fiato quando incontrò gli occhi della sua "preda".
Due iridi spettacolari lo guardavano impaurite, le sfumature scarlatte così in contrasto con il verde-giallo creavano un gioco di colore davvero senza eguali.
-Wo...- mormorò Peter, senza riuscire a trattenersi davanti a quello spettacolo meraviglioso. Avrebbe potuto perdersi in quegli occhi e avrebbe preferito non essere ritrovato.
La ragazza indietreggiò spaventata, i palmi delle mani appoggiati al suolo e le ginocchia piegate.
-Va...va tutto bene, tranquilla.- disse in tono dolce Peter, inginocchiandosi davanti a lei e togliendo la maschera dal volto.
Era una mossa avventata? Decisamente.
Gli importava qualcosa delle conseguenze?
Assolutamente no.
La ragazza spostò le magnifiche iridi da un punto all'altro del suo volto, studiandone i dettagli pur sempre spaventata.
-Sono qui per aiutarti.- le disse con un sorriso dolce.
La risposta che ottenne fu alquanto destabilizzante.
-Non sei morto.- sussurrò la ragazza, completamente shockata da quel fatto.
Peter sentì una stretta allo stomaco. Quella voce gli faceva venire la pelle d'oca, sembrava provenire da un pianeta differente e sconosciuto.
-Come scusa?-
La ragazza si mise lentamente seduta, tenendo lo sguardo puntato negli occhi castani di Parker, creando una sorta di legame che, a differenza di ciò che accadeva solitamente quando qualcuno lo guardava negli occhi, non stava affatto mettendo in imbarazzo Peter.

-Sei invulnerabile? Immortale? Un dio?- sussurrò la ragazza, quasi spaventata.
Peter scoppiò a ridere, facendo sussultare la ragazza.
-Un dio? Io?-
La ragazza continuava a guardarlo come se lui fosse la cosa più strana e potenzialmente pericolosa del pianeta.
-Io sono Peter.- disse il ragazzo, porgendo una mano alla moretta davanti a lui, rivolgendole l'ennesimo sorriso d'incoraggiamento.
Ma lei non accennò minimamente a voler prendere la mano di Parker, che quindi ritrasse il braccio un po' imbarazzato.
-Non...non pensarci d'accordo? Sei sopravvissuta, ora ti troveremo una casa o...-
-Sopravvissuta?- la voce della ragazza si fece più alta, dando i brividi a Peter. -Perché avrei dovuto morire?-
-I Gemelli...- iniziò a dire Parker e l'espressione della ragazza mutò.
-I Gemelli non esistono più.- lo interruppe, lo sguardo che diventava vitreo.
-Mio fratello è morto.-




Wakanda
Ushh
Oggi aggiorno due volte perché sono una brava persona, vuoliatemi bene.
Detto ciò, questo è probabilmente il capitolo che ho revisionato più volte e anche adesso penso che Evie parli troppo, ma va be', la vita va così.

Cosa ne pensate di Evie e Pete?🌚

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