Capitolo Quarantadue

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-Hai preso tutto Pete?-
-Sì zia, grazie.-
Nel salotto del piccolo appartamento i due Parker controllavano le valigie del più giovane un'ultima volta.
Erano le dieci e mezza di sera e fuori dalla finestra il sole era già sparito da diverso tempo, lasciando che un fitto buio puntellato di stelle incombesse su New York, sempre illuminata, sempre sveglia.
-Ti hanno detto quando sarebbero arrivati?- chiese May, chiudendo la valigia di Peter dopo aver ricontrollato tutto il contenuto per la terza volta. Il ragazzo scosse la testa, chiudendo il manico del secondo trolley, piazzato davanti alla porta d'ingresso.
May sospirò, lasciandosi cadere sul vecchio divano che Peter ricordava di avere in casa da sempre, accendendo il televisore quasi altrettanto vecchio. La tecnologia, per assurdo, non era poi così all'avanguardia in casa Parker.
May lasciò che il televisore impolverato trasmettesse un telefilm che stavano dando per la terza volta quel mese e di cui Peter conosceva tutta la trama. Lo trasmettevano ogni anno, tre volte in uno stesso mese.
Il ragazzo decise di sedersi vicino alla zia, ma non fece in tempo ad abituarsi alla comodità dei cuscini che il campanello suonò, facendo saltare in piedi entrambi i Parker come se avessero una molla sotto i cuscini del sofà.

May, essendo la più vicina, si fiondò sulla porta, inciampando nella valigia lasciata lì davanti, e spalancò l'uscio senza nemmeno controllare chi ci fosse sul pianerottolo.
Al contrario di quello che entrambi si aspettavano, sulla soglia di casa Parker non c'era Iron Man, ma una ragazza dai lunghi capelli neri, il viso segnato da innumerevoli cicatrici e gli occhi spettacolari.
-Evie?- esclamò sorpreso e contento Peter, cercando di scavalcare il divano e cadendo per terra nella fretta.
Evie sorrise, volgendo lo sguardo sulla donna alla porta.
-Salve signora Parker, Evie Stack.- si presentò, allungando una mano con immancabile guanto senza dita, che May strinse vigorosamente.
-Sei qui per aiutarlo a portare le sue cose?- chiese, forse un po' ingenuamente. Ma Evie scosse la testa.
-Tony Stark sta per arrivare a prendere le valigie e scambiare due parole con lei signora. Io sono qui solo per Peter.-
Quella frase risuonò nel salotto, mentre il ragazzo le si avvicinava con le guance tinte di rosso. Come se fosse una cosa abituale, Evie lo abbracciò, facendo infiammare ulteriormente le sue gote.
-Mi sei mancato Pete.- bisbigliò quasi impercettibilmente all'orecchio del ragazzo, il cui cervello sembrava aver completamente smesso di funzionare.
Si ritrovò improvvisamente incapace di rispondere, così si limitò a ricambiare la forte stretta della ragazza, che dopo qualche istante si staccò da lui.
-Hai su la tuta?- domandò tornando così bruscamente alla realtà da scombussolare ulteriormente il ragazzino. Dopo aver assimilato la domanda, Peter annuì e tirò fuori un lembo della maschera che spuntava dalla tasca del cappotto non troppo pesante.

-Perfetto.- disse la ragazza, cercando di trattenere un sorriso enorme. -Facciamo un giro.-
Evie afferrò la mano di Peter, tirandolo verso l'ascensore. Il ragazzo ebbe il tempo di voltarsi un'ultima volta verso la zia e salutarla, prima che la guerriera lo trascinasse nell'ascensore e le porte si richiedessero.
-Costume.- ordinò lei e Parker si slacciò il giubbotto mostrando sotto di esso la tuta rossa e blu che New York non vedeva dondolare da un palazzo all'altro ormai da molto. Nel tempo che l'ascensore impiegò a giungere fino al primo piano Peter si era trasformato completamente in uno Spider-Man incappucciato nel suo bel cappotto invernale.
Faceva freddo anche per i supereroi, dopo tutto.
I due ragazzi uscirono dal palazzo e si fermarono sul marciapiede, attirando non pochi sguardi dai passanti che li riconoscevano come uno degli Avengers e la nuova recluta di quella stessa squadra, nonché ex assassina.
-Spider Train pronto a partire.- dichiarò Peter da sotto la maschera, avvolgendo un braccio intorno alla vita di Evie e alzando il braccio pronto a sparare la prima ragnatela.
La ragazza trovava sempre affascinante come, indossando una semplice maschera, il carattere di Peter cambiasse così all'improvviso, diventando molo più sicuro, sarcastico e coraggioso. Niente a che vedere con il timido e silenzioso Peter Parker che lei conosceva tanto bene.
I due supereroi si alzarono da terra, mentre Peter cominciava a passare da un grattacielo all'altro come non faceva da moltissimo.

Evie ammirava la città scorrere sotto di lei, i palazzi e le persone sotto i suoi piedi e tutte quelle luci che si mischiavano tra di loro. Più di una volta le capitò di vedere persone fermarsi con il naso all'insù, indicando i due ragazzi volteggiare da un edificio all'altro, a volte anche gridando per attirare l'attenzione degli altri pedoni.
-Abbiamo una meta, signorina?- domandò Peter dopo aver messo tra loro due e la casa di sua zia un po' di distanza.
-Il grattacielo più alto che trovi senza attraversare mezza New York.- rispose Evie, sempre tenendosi salda al collo del ragazzo. Tutto quello le ricordava vagamente il loro primo incontro in Turchia, quando cercando di sfuggire al supereroe rosso e blu Evie si era lanciata da un palazzo mancando completamente quello affianco e Spider-Man era subito accorso a salvarla.
Quei pensieri, al contrario di quelli che avevano popolato la sua mente in quell'ultima settimana, la facevano sorridere, scaldandole il cuore.
-Eccoci.- annunciò Peter, mentre i loro piedi toccavano il tetto dell'edificio più alto nel raggio di mezzo chilometro.
I due ragazzi si sedettero sul cornicione, uno affianco all'altro, guardando le luci della città sottostante.
O almeno, Peter si godette lo spettacolo della città che non dorme mai; Evie vedeva tutto chiaramente, come se fosse pieno giorno.
E quel pensiero sembrò tornare alla mente del ragazzo solo dopo qualche minuto passato sul tetto insieme a lei.

-Tu non hai mai visto le stelle.- dichiarò, rendendosene conto solamente in quel momento.
Evie voltò la testa verso di lui, annuendo.
In diversi libri di studi aveva visto rettangoli neri cosparsi di puntini luminosi che venivano classificati come "notti stellate", ma lei non aveva mai potuto vedere nulla di tutto ciò. Stelle, costellazioni, comete, stelle cadenti: tutte cose che erano sempre state completamente assenti nella sua vita.
E lo sarebbero state anche senza lo sguardo prodigioso: nessun generale dell'Hydra avrebbe mai voluto un'arma di distruzione di massa stesa nel proprio cortile a guardare le stelle come una normale bambina.
Sweeney non voleva che lei fosse una bambina come le altre.
-Dobbiamo rimediare.- annunciò deciso il ragazzo, la voce sempre attutita dalla maschera.
-E come?- domandò divertita la ragazza, già pronta a qualche malsana idea che non avrebbe portato ad altro che qualche risata.
-Ho un'idea.-







Wakanda
Vi lascio un po' con l'ansia dicendovi che il prossimo capitolo sarà molto importante per il rapporto tra Evie e Peter.

Vi saluto🌚

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