Capitolo Quarantacinque

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-"Niente persone". Così ha detto.-
Tony si morse il labbro inferiore, portando la mano sotto il mento.
-Potrebbe impedire un tragico destino.- ribatté, come se quello che andava convinto fosse Bruce, lì davanti a lui.
-Oppure avverarlo.-
Il genio miliardario rimase zitto.
Dannazione, le parole di Banner avevano perfettamente senso.
-Neanche una prova?- insistette, continuando a fare avanti e indietro per il laboratorio.
-Tony è una sua scelta, dobbiamo accettarlo.-
Stark si fermò, appoggiando i palmi delle mani ad un tavolo e lasciando che lo sguardo si perdesse nella confusione di cavi, metallo e circuiti elettrici ammassati davanti a lui.
Bruce, ovviamente, aveva ragione: loro non potevano obbligare una ragazzina ad usare il proprio potere come volevano loro, a meno che non ci tenessero ad essere esattamente come l'Hydra.
La scoperta di quel nuovo lato del potere di Evie -il poter vedere il futuro di un essere qualunque, vivente o meno, senza mandare esso avanti nel tempo- poteva essere un'arma vincente tanto quanto una condanna. Conoscere il futuro poteva creare più danni che andare incontro ad un destino oscuro e sconosciuto.
-I Gemelli.-
Tony cambiò totalmente discorso, rialzandosi dal tavolo e tornando ad un argomento che i due geni avevano momentaneamente messo da parte da qualche minuto a quella parte.
Stark si posizionò davanti ad un'enorme schermo, facendo scorrere gli occhi sui dati già riportati.
-Friday ripetimi cosa sappiamo.-

-Evie Stack, capace di vedere il futuro di un oggetto, animale, persona e di portarlo avanti nel tempo per una quantità minima di tempo. Al momento il massimo sono stato cinque anni.-
Stark si passò una mano sulla barba striata di grigio.
-Cinque anni? Sto davvero invecchiando.- mormorò tra sé, continuando a guardare le informazioni che Friday gli mostrava.
-Elijah Stack, stesso potere della sorella ma inverso. Non si sa quanto indietro il suo sguardo potesse riportare un corpo vivente o meno.-
-Formavano una sorta di...strappo nel continuum spaziotempo.- intervenne Bruce, ancora affascinato da tutto ciò. -Lui spostava indietro e lei in avanti, facendo impazzire la struttura di una persona che diventava...cenere.-
Tony annuì, guardando ancora lo schermo.
-Per questo da sola non può più farlo.- concluse.
-Oh, io credo che se volesse riuscirebbe ancora a trasformare in semplici scheletri tutti i nemici che le capitano davanti. Deve solo crederci.-
-Questa non è una favola, Bruce.- rispose Tony, spostandosi verso un altro tavolo e armeggiando con un guanto bianco molto simile a quello delle tute di Iron Man. -Puoi volere con tutto te stesso una cosa ma non è detto che l'avrai.-
Tony toccò un punto del guanto e quello tornò un semplice indumento in pelle candida, leggermente macchiato e sgualcito sulle punte delle dita. L'uomo prese tra le dita i due guanti e li spostò vicino ad una delle numerose tastiere, intenzionato a riportarli alla proprietaria non appena avesse finito il lavoro lì sotto.
-Avanti Banner, meglio se lavoriamo ad altro.-

Fuori dal laboratorio, Evie staccò l'orecchio dalla porta, rimanendo comunque vicino ad esso, lo sguardo persone nel vuoto. Non si era persa mezza parola di quella conversazione tra scienziati, tuttavia la sua mente continuava a rielaborare un'unica frase, quella che più l'aveva colpita: "deve solo crederci".
Secondo il dottor Banner, lei sarebbe ancora stata in grado di uccidere le persone con il proprio sguardo, mandando avanti la loro vita fino al momento della loro morte, che essa fosse vicina o meno. Fino a qualche mese prima Evie avrebbe pensato che era una follia, aveva aggiunto cinque anni di vita a Tony Stark e per poco non era morta sotto lo sforzo.
Istintivamente si passò una mano sul volto, esattamente dove l'ultima cicatrice si era aperta proprio dopo quell'esperimento.
Solo dopo quella prova fallita lei, così come tutti lì dentro, si erano resi conto di quante volte l'Hydra l'avesse portata al limite, solo per riprovarci ancora. Ogni singola cicatrice che le deturpava il volto era un esperimento fallito, una prova che non era stata in grado di superare.
E se tutta la memoria le era tornata dopo quella conversazione con Peter che lei ricordava ancora nei minimi dettagli, tutti quegli esperimenti che avevano portato a rovinarle irrimediabilmente la faccia sembravano essere stati rimossi per sempre dalla sua mente.
Evie si chiedeva solo come l'Hydra ci fosse riuscita.

Con una lentezza sconvolgente, la guerriera abbandonò il corridoio, mentre alla frase del dottor Banner si aggiungeva un altro pensiero: lei si era rifiutata categoricamente di guardare nel futuro di uno qualunque degli Avengers, così come di un essere umano in generale. Era abbastanza intelligente da capire che ciò che avrebbe visto, prima di poter dare tormento alla persona stessa, avrebbe potuto distruggerla.
Come si sarebbe sentita se, guardando nel futuro di uno dei suoi amici, avesse visto un'atroce morte, un'enorme sofferenza, una perdita irreparabile?
E un nuovo pensiero si aggiunse alla matassa di pessimismo che contornava quell'argomento: come si sarebbe sentita se, nel vedere la vita di Peter, l'avesse visto dimenticarla e vivere con una ragazza migliore di lei?
Evie non riusciva a pensarci, quel pensiero la distruggeva lentamente ogni volta che lo esaminava. Il mondo era pieno di ragazze, perché l'incredibile Spider-Man avrebbe dovuto prendersi un'ex assassina con un passato disumano e un futuro incerto? Nessun ragazzo l'avrebbe mai fatto, se solo avesse un minimo ascoltato il proprio cervello.
Evie si fermò davanti alla porta della propria camera, cercando nelle tasche della felpa -rigorosamente bianca- che indossava le chiavi della stanza. Quando le trovò fece scattare la serratura e aprì la porta, la mente ancora distante e i pensieri vorticanti.

Senza prestare attenzione a quelli che erano ormai movimenti abituali si voltò dando le spalle alla stanza, richiudendo la porta della camera e facendo girare la chiave, come le aveva consigliato di fare sempre Steve.
Lasciò le chiavi sul mobiletto affianco alla porta e si girò verso la camera.
Se non gridò fu solo grazie alla mano che si posò sulla sua bocca, proprio per evitare di attirare l'attenzione degli Avengers con un urlo.
-Peter!- esclamò Evie, cercando di riprendere il controllo, quando il ragazzo le tolse la mano dalle labbra.
Appeso a testa in giù con il volto a pochi centimetro dal suo l'incredibile Spider-Man la guardava ridacchiando, senza costume o maschera indosso.
-Wilson mi deve venti dollari, diceva che niente è in grado di spaventarti.- ridacchiò il ragazzo, girandosi in aria e atterrando sul pavimento della camera, subito davanti alla ragazza.
-Sei fortunato che io non ti abbia ucciso.- ribatté lei, cercando di mantenere uno sguardo severo sul ragazzo.
Peter le si avvicinò, appoggiando le mani sui fianchi di lei.
-Non mi uccideresti mai.- le sussurrò a ormai pochi millimetri dalle labbra, prima di baciarla definitivamente, mentre Evie si rilassava, mettendo da parte la finta arrabbiatura.








Wakanda
Wosh, amatemi.

Questo capitolo è abbastanza importante per quello che succederà più avanti e per quello che accadrà (rullo di tamburi) nel prossimo libro.
Già, perché questa storia avrà un sequel!
Ormai mancano meno di dieci capitoli alla fine di questa storia, ma ci sarà un seguito che, ahimè, non potrò pubblicare prima di parecchio tempo per cause esterne (e per "cause esterne" intendo che non posso scrivere come sconfiggeranno Thanos, se Thanos non è ancora stato sconfitto nei film).

Nel prossimo libro avrò un po' di cose da riprendere, molti passaggi da spiegare e ben due anni da raccontare (quanti spoiler vi sto facendo?), quindi se ora avete qualche domanda esistenziale che non vedrete risolversi alla fine di questa storia scrivetelo pure nei commenti o a me in privato (anche ora, se avete voglia) e io mi assicurerò che nel prossimo libro venga spiegato anche quello, presto o tardi.
Nel caso invece fosse una domanda a cui posso rispondere subito ovviamente lo farò.

E nulla ragasuoli, spero che questa storia vi stia piacendo e che siate pronti (nonostante manchi ancora un po') ad abbandonarla temporaneamente.

Perché io non lo sono.

:)

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