La sveglia suona, e un altro giorno comincia. È giovedì, ciò vuol dire che ho due ore di spagnolo a scuola e il solo pensiero mi fa passare la voglia di alzarmi dal letto.
Spengo la sveglia, e tiro un sospiro di sollievo quando quel suono fastidioso smette di rimbombare nella mia stanza quasi vuota.Sposto le lenzuola, e poggio i piedi a terra. Mi ci vuole qualche minuto per rendermi conto che non ho preparato la cartella ieri sera e che quindi devo fare più veloce del solito per non arrivare tardi a scuola.
Mi precipito giù dalle scale, rischiando almeno un paio di volte di scivolare, cadere e rompermi l'osso del collo.Mangio qualche biscotto e poi saluto mio fratello per andare a prepararmi. È grazie a lui se sono a vivere a Laguna Larga, altrimenti sarei restata a Rosario con i miei genitori.
Laguna Larga è una cittadina di al massimo ottomila anime, tranquilla per quanto possa essere tranquilla una cittadina argentina. Rispetto alla città dove vivevo prima, Rosario, è molto più sicura. Distano circa 640 km, e fanno parte di due distretti differenti.
Mi vesto velocemente e inforco gli occhiali, cercando di sistemare i capelli il meglio possibile. Il campanello di una bici suona fuori da casa mia e mi rendo conto che Lea è già qui fuori, ad aspettarmi.
Esco velocemente, prendendo lo zaino all'ultimo momento e rischiando di dimenticarmi le chiavi sul mobile d'ingresso.
«Lea» la saluto, con due baci sulla guancia. Ha i guanti e una giacca pesante, e muove i piedi cercando di scaldarli.
«Fe, muoviti, sennò rischiamo di diventare delle statue di ghiaccio» si lamenta, sistemandosi lo zaino in spalla e partendo con la bici.
«Hai fatto i compiti di spagnolo?» le chiedo, pedalando più veloce per raggiungerla mentre sotto di noi scorrono le strade desolate di Laguna Larga. Se d'estate nessuno ha il coraggio di uscire a causa del caldo eccessivo, d'inverno sono tutti rintanati in casa, sotto una pila di coperte.
«Sì, ma non quelli di fisica e nemmeno quelli di matematica. Me li fai copiare?» chiede, con voce supplicante.
«Ma non li fai mai!» mi lamento, cercando di ricordare l'ultima volta che ha effettivamente fatto i compiti di matematica e fisica.
«Lo sai che non ci capisco nulla, e quel professore nuovo non aiuta sicuramente. Ma tu l'hai capito il suo nome? Come pretende che capiamo le materia che cerca di spiegarci se non capiamo nemmeno come si chiama!» la lascio finire il suo monologo prima di ridere per la sua solita schiettezza.
«Si chiama Alan O'Sullivan» le dico poi, disilludendola su un possibile nome particolarmente difficile.
«Tu dovresti stare dalla mia parte! Dove sono finite tutte quelle promesse sul supportare la propria migliore amica a qualunque costo? Dovresti argomentare a mio favore, non a suo favore» esclama, fingendosi offesa mentre scende aggraziatamente dalla bici.
La mia poca coordinazione, invece, mi porta a scendere meno aggraziatamente e far cadere gli occhiali. Così, mentre qualche ragazzina stronza del primo anno passa accanto a me e cerca di nascondere un sorriso, io mi trovo a gattoni per terra, cercando i miei occhiali.
«No, aspetta» sento una voce calda che mi parla, ma non riesco a distinguere i contorni del viso del buon samaritano che mi ha aiutato.
«Ecco tieni» sento la fredda plastica degli occhiali contro le mie dita e una mano sulla mia spalla. Inforco velocemente gli occhiali soltanto per vedere un volto più che conosciuto.
«Lautaro» mormoro, osservando per qualche attimo di troppo la pelle abbronzata del suo viso e rendendo il tutto molto imbarazzante «Grazie mille» aggiungo dopo, alzandomi in piedi.
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¡Mala Mía!paulo dybala
FanfictionFe Jazmín conosce Paulo ad una festa in paese e, da allora, non ne può più fare a meno 12/31/18: #1 football 12/31/18: #1 juventus 12/31/18: #1 dybala