72.

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Sospiro e appoggio la mia borsa sul tavolo in cucina, dove Paulo è occupato a leggere qualcosa.

«Adesso dai messaggi siamo passati alle lettere d'amore?» mi siedo al suo fianco, prendendo uno dei tanti fogli scribacchiati.

«Eh?» alza lo sguardo dalla lettera e inarca elegantemente un sopracciglio, con un sorriso spontaneo che sembra essere fatto con lo stampino dipinto sul volto.

«Niente, cosa leggi?» accavallo le gambe e metto il gomito sul tavolo, per poi appoggiarci sopra la mano.

«Le lettere dei supporter, le ho ignorate per tanto tempo e adesso devo recuperare» sorride sinceramente, poi accarezza la mia mano sopra la mia gamba. Io la allontano, guardando da un'altra parte.

«Tieni» gli porgo la pila delle sue foto dall'altra parte del tavolo, sapendo che vuole firmarle per poi allegarle alla risposta ai suoi fan.

Restiamo entrambi in silenzio. Io lo osservo scrivere, fermarsi qualche volta pensando alle parole e stringendo le labbra, per poi ricominciare. Qualche volta cancella una parola o una frase con dei cerchietti, per poi ricominciare. Sospira, per poi alzare lo sguardo.

«Fe, dove sei?» mi chiede, guardandomi come un morto di fame che vede l'unico boccone di cibo che ha a disposizione.

«Sono qui, seduta davanti a te. Hai problemi di vista per caso?» gli rivolgo uno sguardo infastidito, di sufficienza.

«Non intendo quello, ti vedo benissimo» appoggia la foto che sta firmando sul tavolo e poi anche la penna, girando la sua sedia verso di me «Solo che sei distante, nulla sembra essere più come prima» cerca di nuovo di stringere le mie mani, ma io le allaccio sotto il seno.

«Vedi cosa fai? Ti allontani da me, e non capisco nemmeno il perché!» sbotta, decisamente infastidito dal mio comportamento.

«Sono solo stanca e stressata» maschero il mio fastidio causato ovviamente da Antonella e lui sembra crederci.

«Stressata? Perché?» sposta tutte le lettere e le fotografie in un angolo del tavolo, facendomi indirettamente capire che per il momento non gli interessa nulla se non io. E la sua ex ragazza, che probabilmente lo sta bombardando di offerte sconce.

«Sto facendo i quiz per entrare all'università, pensavo lo sapessi» guardo la finestra del soggiorno, e l'albero di Natale gigantesco lì vicino «Ma una cosa che sicuramente non sai è cosa voglia dire farli, tu che non hai preso nemmeno il diploma» piego un po' la testa, sfidandolo silenziosamente a ribattere. Sta un attimo zitto, guardandomi e mordendosi le labbra, guardando le mie.

Sospiro, sentendo qualcosa nel mio ventre rigirarsi su sé stesso e far stringere la mia bocca dello stomaco. È così bello che solo vederlo mi rilassa, facendomi rendere conto che qualcosa di pressoché perfetto in questo pianeta esista.

Mi alzo in piedi, percorrendo quell'unico insignificante passo che mi distanzia da lui, e lo guardo dall'alto, per una delle poche volte.

«Non c'è bisogno di fare la stronza con me. So che sei migliore di quanto io potrò mai essere in tanti campi, così tanti che se provassi a contarli credo che a un certo punto finirei i numeri» mi accarezza le gambe, tirandomi più vicino a lui.

«Anche se credo che tu conosca solo i numeri naturali, dovresti almeno sapere che anche quelli sono infiniti» mormoro, ridacchiando quando alza gli occhi al cielo.

«Mh, si stava meglio quando eri a fare un giro con Sierra» stringe le braccia attorno ai miei fianchi, appoggiando il mento sul mio stomaco e guardandomi dal basso.

«Ah sì?» faccio per allontanarmi, ma lui mi tiene stretta a sé, facendomi cadere sulle sue gambe. Le mie, di gambe, sono strette intorno al suo bacino, creando subito il tipo di contatto che entrambi stavamo cercando.

¡Mala Mía!paulo dybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora