missing moments: 5, concluir algo con él

2.9K 89 5
                                    

«Ehi!» tolgo la cuffietta sinistra dall'orecchio ma non mi fermo né mi giro, so perfettamente a chi appartiene questa voce e anche lui sa quanto mi da fastidio quando qualcuno mi parla mentre sto correndo.

«Ho detto "ehi"» ripeté, affiancandosi a me e guardandomi dall'alto con uno sguardo tra il divertito e il preoccupato. Qualche giorno fa mi ha scritto, ma io non gli ho risposto perché volevo restare da sola e non parlare con nessuno.

«Cosa c'è Lautaro?» rispondo seccata. Odio parlare mentre corro perché mi sembra sempre che le mie parole escano fuori a fatica e in più mi sforzo tre volte tanto perché non riesco a regolarizzare la mia respirazione.

«Ti ho scritto mercoledì, oggi è venerdì è tu non solo non mi hai mai risposto, ma non hai proprio acceso il cellulare nel frattempo! Mi hai fatto preoccupare» lui, a differenza mia, scandisce bene tutte le parole e non sembra avere nessun problema a respirare tranquillamente nonostante il ritmo di corsa abbastanza sostenuto.

«Volevo staccare un po', non avevo voglia di sentire nessuno» ammetto senza nessun problema. Ho parlato tanto con lui in questo mese e ogni giorno sono più grata del precedente di averlo come amico e confidente, ma adesso non ho proprio voglia di parlare con nessuno della mia situazione.

«Senti, fermati un attimo» mi sfiora il braccio e si ferma, ma ottiene il risultato esattamente contrario a quello che si aspetta perché io continuo a correre, e anche più velocemente, per quanto sia possibile.

«Fe» mi raggiunge di nuovo e fa uscire la sua voce come un lamento, riuscendo quasi a convincermi a fermarmi.

«No, Lautaro, voglio di correre ancora un po'» questa volta sono obbligata a fermarmi perché mi ha preso la mano e mi sta tirando indietro, in modo che io mi fermi che voglia o no.

«Bene, allora tocca a me rigirarti questa proposta. Ho bisogno di parlarti, ti prego» respiro sonoramente, cercando di non cadere nella tentazione di dirgli di sì nonostante i suoi occhi castani che pregano perché io lo segua e la sua mano che si intreccia alla mia.

«E va bene» Lautaro mi sorride a trentadue denti, poi si gira e, tenendomi per mano, scodinzola fino a raggiungere la prima panchina, facendomi ridacchiare per la sua tenerezza.

«Allora, di cosa vuoi parlare?» mi metto in piedi davanti a lui e poso le mani sui fianchi, facendo la finta scocciata per mantenere un'espressione seria.

«Siediti» mette la mano vicino a sé sulla panchina e la batte più volte, ma io sto ferma esattamente dove sono. Lui alza gli occhi al cielo, mi prende per la vita è mi spinge a sedere accanto a lui, ridendo di gusto per la mia espressione infastidita. Ora le mie gambe sono sulle sue. Dopo qualche attimo di confusione, comincio a ridere anche io a crepapelle.

«Adesso puoi dirmi di cosa vuoi parlare?» gli chiedo, incrociando le braccia al petto e appoggiando la schiena sulla panchina, aspettando che lui cominci a parlare.

Conoscendo i Dybala e la loro rete di conoscenze, Lautaro ha ricevuto la notizia della presenza di un'altra più o meno appena Paulo ha imparato come questa ragazza si chiamasse, e ha saputo che io l'ho scoperto appena io ho lasciato l'appartamento di Nahuel.

«Voglio parlare di sabato» dice infatti, senza peli sulla lingua. Cosa mi aspettavo? Che volesse parlare del clima rigido di Torino? O del meteo avverso che non gli aveva permesso di fare le lunghe passeggiate che gli piaceva fare lungo il Po alla sera?

«Cosa hai combinato sabato?» chiedo con finta nonchalance. Faccio finta che ciò che è successo non mi abbia toccato minimamente ma in realtà sono distrutta e non voglio farlo sapere, ma lui lo ha capito subito, da quando ho smesso di rispondergli perché cominciava ad addentrarsi nelle domande su ciò che era accaduto.

¡Mala Mía!paulo dybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora