7.

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«E poi ha detto "Mi fai impazzire" in un tono così sexy che gli avrei strappato tutti i vestiti di dosso!» io e Lea ci guardiamo e lei alza gli occhi al cielo alle parole di Perpetua e alla risatina stridula che le ha succedute.

«Shh, ragazze» mormora, anche se in realtà il diritto interessato l'ha sentita forte e chiara.

«Perpetua» la saluta, facendole un cenno con la mano e appoggiando lo zaino sul banco accanto al mio.

«È occupato» annuncio, indicando Lea che si siede velocemente al suo posto, guardandolo con un'aria di sfida.

«Oh, okay» alza un sopracciglio, ma non ribatte e se ne va, sedendosi da solo in fondo all'aula.

Passano pochi minuti e mi arriva un messaggio di Paulo, che leggo discretamente sotto gli occhi della mia migliore amica.

«Dice "Che cosa stai facendo? Lautaro deve sedersi accanto a te, non da solo in fondo!"» sbuffo, rendendomi conto che è così convinto della sua maledettissima idea da assoldare qualcuno a scuola per dirgli cosa stia succedendo.

«Chiamalo e spiegagli tutto, ti copro io» mi rassicura Lea, indicando la porta dell'aula e l'insegnante che sta continuando a spiegare.

«Mi scusi, posso andare in bagno?» chiedo, alzando la mano. La professoressa di spagnolo mi squadra dall'alto al basso prima di rispondere.

«È urgente?» mi domanda, infastidita dal fatto che io abbia interrotto la lezione.

«Molto, molto urgente» replico, mettendomi il telefono in tasca mentre lei annuisce, acconsentendo alla mia richiesta. Mi alzo in fretta, uscendo dalla classe e dirigendomi verso il giardino mentre digito il numero di Paulo.

«Pronto?» ha la voce roca, segno che si è appena svegliato.

«Quanto hai pagato chiunque tu abbia pagato per venirti a dire quello che succede a scuola?» esclamo, infuriata.

«Non ho pagato nessuno» replica lui, immediatamente più sveglio «Ci siamo semplicemente messi d'accordo» ribadisce, e posso immaginarmelo mentre, con quell'espressione ammiccante che ha quasi sempre, mi rivolge uno sguardo altezzoso.

«Tu e chi?» chiedo, cercando di abbassare la voce per non farmi sentire da qualche professore che potrebbe uscire da un'aula e portarmi dalla preside perché sto parlando -urlando- al telefono durante l'orario scolastico.

«Questo è un segreto» ride, sapendo quanto io sia frustrata dal questa cosa e faccio per mettere giù, ma lui mi ferma.

«Jazmín» mormora. Sento il piumino che si sposta e poi i suoi passi leggeri su un materiale che sembra parquet.

«Dimmi» sospiro, nessuno mi ha mai chiamata così, a Laguna Larga, mi hanno sempre tutti chiamata Fe.

«Dopo ti va di vederci per un caffè? Dobbiamo parlare bene di quello che è successo ieri» quasi sussurra l'ultima parte, sapendo che si sta addentrando in un terreno minato.

«Cosa è successo ieri?» faccio finta di nulla, camminando per il corridoio.

«Non fare la finta tonta!» esclama, facendomi ragionare se raccontargli un'altra bugia fosse una buona idea.

«Hai ragione» ammetto, sbuffando alla sua insistenza.

«Quindi, per il caffè?» chiede, stizzito dal fatto che io non abbia ancora risposto alla sua richiesta.

«Non so, Paulo, devo studiare» cerco qualunque scusa per non dover parlare di ciò che è successo ieri, per evitare quella conversazione almeno per un po'.

¡Mala Mía!paulo dybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora