79.

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«Fe, siamo arrivati» la voce di Arturo è dolce e ha dipinta in viso un'espressione premurosa mentre mi sveglia.

«Veramente?» allungo le braccia, guardandomi intorno e vedendo delle schiere lunghissime di studenti affollare i marciapiedi.

«Sì, siamo arrivati. Senti, io devo andare a consegnare dei documenti, te la sbrighi da sola per l'iscrizione?» parla velocemente, probabilmente sintomo della fretta cronica che lo contraddistingue.

«Sì, tranquillo» scendo dalla macchina e lo seguo dentro l'università, per poi cercare l'ufficio che interessa a me.

«Buongiorno» saluto la donna dietro il bancone che sta sistemando dei fogli, impilandoli sulla scrivania.

«Ciao, tesoro, hai bisogno di qualcosa?» annuisco semplicemente, sorridendo per la tenerezza che mi ha trasmesso con quelle poche parole.

«In effetti sì» sospiro, guardando la marea di fogli «Avrei bisogno dei moduli per l'iscrizione» lei annuisce e si guarda in giro, probabilmente cercandoli in mezzo a questo casino.

«Che facoltà?» mi chiede poi, tenendo un foglio in una mano e uno nell'altra, con un sopracciglio alzato.

«Fisica» sospiro. Non avrei voluto frequentare questa facoltà, ma è l'unica che si avvicina anche solo minimamente a quello che vorrei fare.

«Oh» ricomincia a cercare, per poi tirare fuori una pila di fogli e porgermela con sguardo afflitto.

«Devo compilarli tutti ora?» chiedo, stupita dalla mole dei documenti e tutta questa carta che ho in mano.

«No, puoi compilarli quando vuoi, basta che li consegni entro la fine del mese» sorride incoraggiante, poi ritorna a mettere in ordine i fogli sparsi per terra.

«Okay, grazie mille. Buona giornata» saluto la gentile signora per tornare nella baraonda e quasi perdermi per trovare mio fratello.

«Arturo! Andiamo?» esclamo, riconoscendo mio fratello dalla schiena, per poi rendermi conto che sta parlando con qualcuno.

È una ragazza bionda, ha gli occhi scuri e la pelle abbronzata, un fisico che farebbe invidia a chiunque. Aggrotto le sopracciglia quando li vedo ridere, poi spalanco la bocca quando lui saluta lei con un bacio sulla guancia. Ma cosa sta facendo?

Si gira nella mia direzione e mi vede, si rende quasi subito conto che ho visto tutta la scenetta. Mi viene in contro, grattandosi la nuca.

«Ciao Fe» dice, leggermente in imbarazzo, mentre io cerco nel mio dizionario l'insulto più adatto per descriverlo.

«Chi cazzo è quella» sputo subito, senza girarci intorno. Voglio sapere cosa sta succedendo, soprattutto perché ci va di mezzo la mia migliore amica.

«Si chiama Alice» comincia lui, precisando subito il nome.

«Bene, perché hai dato un bacio sulla guancia ad Alice?» calco particolarmente il suo nome, infastidita dal suo comportamento.

«Io e Lea abbiamo litigato pesantemente ieri sera» sospira, per poi guardare oltre di me e salutare un gruppo di suoi amici.

«Pensi che questo ti giustifichi anche solo minimamente?» sbotto, premendo le mani sul suo petto per spingerlo lontano da me.

«No... Fe, dai, vieni qua, parliamone» marcio senza ascoltarlo verso la macchina, per poi aprire la portiera del passeggero ed entrare.

«Di qualunque cosa tu voglia parlare, non dovresti parlarne con me» esclamo, facendolo sbuffare. Vuole replicare, ma io accendo la radio e la discussione finisce lì.

🦚🦚🦚

«Arturo, mi passi la mia tessera sanitaria per favore?» alzo la voce, cercando di farmi sentire dalla cucina.

«Non conosci il tuo codice fiscale?» si appoggia allo stipite della porta e si rigira la tessera fra le dita, per poi porgermela.

«Mi conosci bene allora» trascrivo la combinazione di lettere e numeri su uno dei tanti moduli per l'iscrizione all'università, per poi sbuffare e appoggiarmi alla testiera.

«Sei stanca?» mi chiede mio fratello, aggrottando le sopracciglia. È stranito dal mio comportamento e non conosce i dubbi che mi affliggono.

«No, sono solo confusa» mi massaggio le tempie e guardo i fogli sparsi sul letto, pensando a quello che sto per fare.

«Riguardo cosa? La scelta della facoltà?» annuisco, senza sapere cosa aggiungere, e lui si siede sul letto, cercando di aiutarmi.

«Cosa ti frulla in testa?» mi chiede, con un tono stranamente dolce e caldo.

«Paulo» ammetto, quasi senza vergogna. Arturo mi guarda per un attimo male, poi capisce cosa voglio dire.

«E cosa c'entra Paulo con l'università?» mi domanda, cercando di essere mantenere un tono rilassato nonostante io sappia che lo sopporta perché deve.

Sospiro, pensando a cosa dire per cercare di esprimere al meglio i pensieri che mi corrono in testa.

«La facoltà che mi interessa non c'è a Cordoba» comincio, sperando che capisca ciò che intendo.

«Potresti andare a Rosario, o a Buenos Aires» spalanco gli occhi e scuoto la testa. Non voglio tornare a Rosario.

«Non voglio tornare lì» mormoro. Nella mia testa scorrono velocemente le immagini di quella notte all'orfanotrofio, che vengono automaticamente confrontate con quelle della mia prima volta con Paulo.

«Vai a Buenos Aires allora» mi propone, guardando fuori dalla finestra il cielo che si sta scurendo e preannuncia pioggia.

«E come faccio con i soldi?» sta zitto un attimo, pensandoci su, poi sembra avere un'illuminazione.

«Puoi cercarti un lavoro come barista o cose simili» allarga le braccia, come se avesse sempre la soluzione a tutto.

«Paulo mi ha proposto di andare a Torino» parlo velocemente e chiudo gli occhi, sperando che non urli troppo forte.

«A fare cosa?» ha entrambe le sopracciglia alzate e un'espressione stupita dipinta in viso.

«A studiare» dico ovvia, pensando che sia vicino al sì, ma lui scuote la testa.

«Non conosci nemmeno l'italiano, e tu e Paulo state insieme da poco» alza un po' la voce e si alza in piedi.

«L'università lì comincia a Novembre, ho tutto il tempo per impararlo» mi alzo in piedi anche io e stringo la sua mano tra le mie «È quello che voglio fare, io mi fido di lui» dico quasi in un sussurro poi, pregandolo di dire un semplice sì.

«Se vuoi fare così, non sarò sicuramente io a dirti di no, ma pensaci bene: lasceresti il tuo paese per stare con Paulo?» apro la bocca per replicare, ma poi ci penso effettivamente su.

Lascerei veramente l'Argentina per andare a Torino, dove non conosco nessuno, solo per stare con Paulo?

«Tante lo hanno fatto prima di me» mormoro poi. Lui alza entrambe le sopracciglia, facendomi capire ciò che ho detto.

Tante lo hanno fatto prima di me.

lollissimo

capitolo abbastanza insignificante e corto

ciaone

¡Mala Mía!paulo dybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora