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JIMIN'S POV:

sono seduto, tremante e shokato, sul tavolo della biblioteca. Una frase e un numero di telefono mi hanno mandato in tilt il cervello. Non riesco ad elaborare tutto quello che è successo per arrivare a questo punto. Sono solo felice. Quest'emozione mi sta scombussolando tutto, le mani mi tremano e nello stomaco ho un'intero sciame di farfalle.

Jimin: allora, prima di tutto, in qualche modo, ha scoperto che io legessi questo libro a sua insaputa. L'ha presa bene e ha deciso di darmi il suo numero di telefono per parlare della trama insieme a lui.

Depressione: intelligente il ragazzo.

Jimin: ed è riuscito a mettere il bigliettino o prima delle vacanze (e in tal caso sono stato uno stupido a non accorgermene, avrei potuto telefonarlo durante tutte le vacanze); o 'sta mattina dopo che l'ho riposto nello scaffale...

Depressione: seguendo il primo caso allora lui avrà pensato che non lo volevi appositamente chiamare.

Jimin: cazzo cazzo cazzo-

Coscienza: nella seconda opzione, puoi tranquillamente chiamarlo arrivato a casa.

Jimin: IN TAL CASO DOVREI CHIAMARE IL "RAGAZZO IN NERO"?

Ansia: oddio no. Tu non sai fare le chiamate, sei impacciato ed è tutto piú imbarazzante e cazzo, se la conversazione dovesse andare male ci sarebbe solo un lungo e disagiante silenzio, difficile da colmare.

Depressione: bravo coglione, non riuscirai a chiamarlo nemmeno dopo che hai scoperto il suo numero. Ti farei un applauso se non fossi nella tua testa.

mi mordo il labbro e metto il bigliettino dentro la cover del telefono. Finisco di leggere il libro, ma anche se i miei occhi scorrono veloci sulle pagine, la mia testa è orientata sui miei pensieri, ovviamente pessimisti.

Jimin: non ho nemmeno il coraggio di chiamare una persona al telefono... che schifo che faccio... di questo passo rimarró sempre solo... avrò una vita vuota, monotona e banale, oltre che triste e... corta.

mi metto la mano fra i capelli scompigliandomi la frangetta, e corrugo il mento. Giro pagina e per sbaglio mi taglio il dito con la carta.

ritraggo il dito di scatto sentendo il dolore inaspettato, subito dopo mi ciuccio il dito.

Autolesionismo: te lo meriti, merda.

tolgo il dito dalla bocca e guardo il taglio. Lo schiaccio facendo uscire una goccia di sangue.

Jimin: m-me lo merito...

Autolesionismo: ne meriti pure altri, tanti altri.

scuoto la testa strizzando gli occhi, rincomincio a leggere e cerco disperatamente di riuscire a seguire la trama e non i miei pensieri sadici.

ore: 14.00
ho finito di leggere il libro e devo dire che mi è piaciuto, ha una trama ben strutturata e un buon lessico.

lo metto apposto e vado in classe a passo spedito. Non è tanto strano rientrare in classe senza il "ragazzo in nero", è piú strano ritornare a casa, senza di lui.

ho passato le ultime ore tranquillamente, magari in sovrappensiero. Ogni tanto guardavo la mia cover e mi domandavo come potessi chiamarlo, quando e come incominciare un discorso che possa avere un inizio e una fine.

Paranoia: sembrerai stupido. Tanto, meglio se non lo chiami, gli dici di aver trovato il bigliettino domani, e gli dai il tuo numero, cosí se vuole, sarà lui a chiamarti.

Ansia: NO NO NO, SEMBREREBBE CHE TU NON GLI DIA PESO.

Depressione: bidibi bodibi bu, nella merda ci sei tu~

ho pensato tutto il tempo a lui. È diventato il protagonista nel drama della mia vita.

ritorno a casa solo, non mi metto nemmeno le cuffie. Ci siamo solo io e il rumore della folla di studenti che escono da scuola, ma anch' esso pian piano mi abbandona piú mi avvicino a casa.

in questo momento si sentono solo i miei passi, la suola delle scarpe che tocca l'asfalto. Un suono che mi ricorda la solitudine.

arrivo a casa, mi spoglio e mi faccio una doccia. Non penso tanto al mio corpo ma ben sì alla chiamata.

Paranoia: chiamalo, o crederà che a te non importi nulla.

Depressione: non chiamarlo, sei imbarazzante.

Ansia: chiamalo subito, chissà da quanto aspetta una tua chiamata.

Paura: non chiamarlo, perderesti la dignità, sarebbe imbarazzante, non ne vale la pena.

esco dalla doccia, in pochi minuti mi asciugo e rimango solo in mutande dato che Lela oggi non c'è a casa. Sfrutto la sua assenza per mettere il riscaldamento a palla e rimanere seminudo.

esco dal bagno ancora scalzo, non c'è il ben che minimo rumore se non quello dei miei piedi ancora umidi che toccano il parquet che in alcuni punti scricchiola. Il rumore della solitudine eccheggia nella stanza.

mi siedo sul letto e prendo in mano il cellulare. Le voci nella mia testa incominciano freneticamente ad urlare, sono contrastanti e io sono in mezzo a questo fiume di urla da cui non posso scappare.

mi diventano gli occhi lucidi e crollo. Vado in bagno e prendo la lametta vicino alla doccia. Incido la mia pelle con delle linee orizzontali, poco profonde, il giusto tanto per farmi sentire il bruciore della cute lesa.

le lacrime nel mentre scorrono sul mio viso, arrivano agli angoli dell bocca, sono salate. Scendono fino a bagnarmi il collo.

Jimin: saró sempre solo, ed è solo ed esclusivamente colpa mia, come sempre, è sempre colpa mia. Il mio futuro sarà fatto di rimpianti e pochi e futili obbiettivi raggiunti, come il diploma o una laurea. Quando moriranno i miei non mi resterà altro che una grande casa, tanto spazio e tempo libero da passare solo. La mia esistenza è fine a se stessa, sono un errore, un codardo e un cancro dell'umanità. Merito di scomparire.

appena il mio pianto isterico termina riesco a ritornare in camera e prendere il telefono. Sfilo il foglietto dalla cover e scrivo il numero per salvarlo.

gli occhi ancora lucidi non mi permettono di vedere chiaramente, e il tremore delle mani non mi fa clickare precisamente sullo schermo del telefono.

lo salvo per poi cercarlo sulla rubrica.

utente salvato:
IlRagazzoinNero

Jimin: dovrei salvarlo col suo vero nome...

tiro su col naso e invece di cliccare il tasto "modifica", mi scivola il dito su "chiama".

la mia faccia sbianca, il mio stomaco fa un salto nel vuoto e il mio cuore, dopo aver preso uno spavento, aumenta di battito appena al mio orecchio arriva il "bip" che sta a significare che il suo telefono ora sta squillando.

Jimin: non posso chiudere ora, ci sarebbe una chiama persa. Non posso... cosa faccio... non... io... non ci riesco... cazzo...

il suono dei bip si ferma, e incomincia a parlare una voce profonda e familiare. Metto una mano al petto, fra poco collasso.

Yoongi: pronto?

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