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JIMIN’S POV:
 


entro in classe e poggio il caffè sulla cattedra del professor Choi, che in questo momento è in piedi davanti alla lavagna.

Starà spiegando o semplicemente sgridando i miei compagni, l’unica cosa che sento è la sua voce ovattata che proviene dal retro della mia nuca.
 
Ritornando al posto continuo a sentire a mala pena quello che mi circonda. Ho gli occhi aperti come un cerbiatto che sta per essere investito, ma l’unica cosa che riesco a vadere è la scena di lui che mi guarda soddisfatto.
 
Quella scena è cucita dentro la mia memoria con ago e filo, e cazzo quanto sto sanguinando.

Il dolore che ha inciso insieme ad essa è indescrivibile. E la cigliegina sulla torta, l’ho poggiata io con le mie mani.
 
Depressione: beh, con una mano in realtà…
 
Mi vorrei uccidere in questo momento. Ora che sono seduto sento la pelle del mio ventre appiccicarsi, mi vengono dei brividi di disgusto che partono dalla schiena.
 
Jimin: ho finito quello che ha fatto. Non l’ho fermato e ho pure goduto. Non me lo posso perdonare, perché l’ho fatto? Perché avrei dovuto? Sono un mostro.
 
Sento gli occhi pizzicare nuovamente.
 
Faccio schifo Yoongi-hyung, faccio schifo e non ti merito.
 
Mi accascio sul mio banco spoglio appoggiando gli occhi stanchi sull’incavo del mio braccio.
 
Non volevo peò, lo giuro, io amo solo te, mi ha obbligato.
 
Mi si chiude la gola, un piccolo singhiozzo da il via ad un pianto silenzioso, un pianto che nessuno ascolterà, perché a nessuno importa dell’ombra seduta all’angolo della classe.
 
Sento lo stomaco sfrullare minuto dopo minuto, un turbinio di emozioni e disgusto. Sento le sue mani addosso ad ogni contatto con i vestiti che ho indosso.

Ma non posso spogliarmi, anche perché non voglio. Mi sento così lercio e unto di un peccato compiuto pochi minuti fa, che sento il vomito aspettare il cambio dell’ora all’inizio della mia gola, e una voglia quasi incontrollabile di prendere a pugni Capo Kim.
 
Al suonare della campana per andare a pranzo, raggruppo tutta la mia roba e tremante mi dirigo verso l’uscita di scuola.

Perché sì, mi rifiuto di passare un’altra singola ora lì dentro, da solo, senza la compagnia del “ragazzo in nero”, con uno psicopatico che mi sta alle calcagna.
 
Prima di uscire dalla mia classe guardo da una parte e poi dall’altra del corridoio, come prima di attraversare la strada, tranne che per me il pericolo di morire c’è a prescindere.

Sto camminando su un filo sottilissimo, e la mia sanità mentale potrebbe pure spezzarlo e farmi cadare nelle fauci di un conveniente e facile suicidio.
 
Sono passato dal piangere per colpa del giudizio degli altri, al piangere per delle parole sputate da un solo stronzo.
 
Esco prendendo tutto il coraggio di questo mondo. Corro, raggiungo la porta, ma prima di uscire viene aperta già da qualcuno.
 
Jimin: fa che non sia lui, ti prego, no no no, fa che non sia lui-
 
La voce non famigliare mi ordina di togliermi dalle palle, che sono in mezzo ai coglioni. Molto gentile vorrei aggiungere.

Non ci si può aspettare molto da un ragazzo di quel tipo. Che viene in seguito accodato da un ragazzo dal viso familiare e un altro ancora che per ultimo tiene la porta ad una quarta persona.

La puzza di fumo mi dice che sono incastrato in un momento sbagliato, nel posto sbagliato.
 
Non posso muovermi, gli scagnozzi di Capo Kim mi potrebbero bloccare ad un solo suo accenno di farlo, e non posso nemmeno nascondermi, sono solo io l’unico coglione con i capelli bianco latte.
 
Non mi sbagliavo. Il Capo di tutto l’istituto entra a mento alto a scuola dopo aver fumato, facendosi tenere la porta da uno dei suoi cani che gli stanno dietro come morti di fame.
 
Sembra non avermi notato, esco col cuore in gola. Sto stringendo così forte le maniche della mia borsa, da avere le nocche di un colore bianco anemico. La fortuna però non è da parte mia.

Sento una presa salda afferrarmi il colletto della felpa per poi trascinarmi verso il lato sinistro della scuola, alla fine delle scale anti incendio.
 
Non lo guardo in faccia, non mi ribello, mi lascio trascinare come un cucciolo preso per la collottola. Mi sbatte al muro appena arrivati. Guardo terra, mi arriva un ceffone a mano piena.
 
Capo Kim: volevi scappare. Che cazzo, sei un ratto? Perché cerchi di sgattaiolare via? Mh?
 
Mi prende per il mento poggiando la sua mano libera sul muro dietro di me.
 
Capo Kim: devi darmi il tuo numero, poi potrai rifugiarti in casa quanti giorni vuoi, ma abbiamo stretto un patto alla fine.
 
Deglutisco amaramente non potendo contraddirlo, sta parlando del patto fatto da me e incoraggiato nuovamente dal sottoscritto. Ho questa responsabilità sulle spalle.
 
Mi tremano ancora le mani, non riesco a farle smettere. Prendo con difficoltà il telefono dalla tasca e provo ad inserire la password un paio di volte, sbagliando per la pressione del momento.
 
Capo Kim: sbrigati, non ho tutto il giorno.
 
Gli balbetto il mio numero, nel mentre lui se lo scrive sul telefono. Non avrei mai dovuto leggere come mi ha salvato in rubrica. Credo di starmela per fare a dosso per la paura che sto provando ora.
 
“мγ ѕℓυτ ϐογ”
 
Il vomito che sentivo prima si fa sentire ancora di più appena mi bacia il collo e mi sussurra.
 
Capo Kim: fatti trovare pronto, sta sera ci divertiamo.
 
Mi sorride e prima di andarsene mi accarezza la guancia che ora è ha una bella sfumatura di rosso, per colpa del suo schiaffo.
 
Appena svolta l’angolo, io mi accascio a terra non capacitandomi di quello che è appena successo. Di quello che è successo oggi in generale.

Ho dato inizio al mio peggiore incubo. Ho dato inizio ad una serie di atti infedeli consenzienti che se Yoongi-hyung scoprisse, non mi perdonerebbe. E farebbe bene.
 
Dopo aver pianto per qualche minuto, mi rialzo e riaprendo gli occhi vedo la sua faccia, sogghignante. Tiro un pugno al muro, con tutta la forza che ho in corpo, uno sfogo che fa aprire le mie povere nocche in fiotti di sangue.
 
Li asciugo con lo stesso pacchetto di fazzoletti che prima ho usato per pulirmi del mio stesso seme. Passo dopo passo, la mia camminata diventa sempre più veloce, veloce, diventa una corsa.
 
L’aria che passa fra i miei capelli e che sbatte prepotente contro i miei occhi ancora bagnati dal pianto, non riesce a cancellare le continue immagini di quella scena che continuando a colpirmi come coltelli al ventre.
 
Arrivo davanti casa mia ansimante. Correre con la gola che ti si chiude ad ogni singhiozzo non è proprio piacevole.

Butto lo zaino a terra, mi tolgo le scarpe e corro in camera mia. Compongo il numero del “ragazzo in nero”
 
Tiro su col naso appena sento una risposta dall’altra parte del cellulare.
 
Yoongi: ya Jimin-ah, mi sto allenando, è tanto urgente ora?
 
Jimin: N-no tranquillo, è che…
 
Un pianto isterico batte forte ed imperterrito alla gola.
 
Jimin: m-m-mi manchi, tutto qui hyung.
 
Yoongi: hei, stai piangendo? Tutto ok?
 
Metto muto, mi soffio il naso e vedendo quello che mi circonda sfocato per colpa delle lacrime salate che mi occupano gli occhi, rispondo.
 
Jimin: s-sì tutto ok, solo, n-nulla ahahah, nulla, volevo sentire la tua voce.
 
Yoongi: … devo andare ora, mi manchi scemo, non farmi preoccupare così.
 
Jimin: ti amo.
 
Yoongi: anche io Jimin-ah
 
La chiamata si chiude. Mi sdraio sotto le coperte e dopo svariati minuti di pianto mi addormento.
 
La suoneria del mio telefono mi sveglia fastidiosa.
 
“numero sconosciuto”
 
Jimin: pronto? Park Jimin.
 
Capo Kim: aka il mio giocattolino.
 
Mi si gela il sangue nelle vene. Avevo completamente dimenticato di dovermi preparare per lui. Il ritmo del mio cuore accelera da un secondo all’altro appena l’idea sfiora l’anticamera del mio cervello.
 
Capo Kim: comunque, fatti trovare pronto davanti ai cancelli della scuola fra un quarto d’ora e muovi il culo.
 
Jimin: o-ok.
 
Capo Kim: ricordati che so dove abiti sfigato.
 
Mi ribatte prima di chiudermi la chiamata in faccia. Nel mentre che mi cambio i vestiti noto che la mia stanza è praticamente sommersa dal buio. Dormendo ho perso la percezione del tempo.
 
Svestendomi e lavandomi il più in fretta possibile, viso, denti e il ventre, ancora sporco da stamane, mi sento in colpa.

Ad ogni passo che faccio verso la scuola senza aver avvisato nessuno che dovessi uscire, mi sento in colpa. E la cosa più pesante è stata il:
 
“sta sera sono fuori con i miei, quindi se non ti rispondo sai perché. Ti amo, ci sentiamo domani”
21:30 ✔️✔️
 
Questo messaggio che ho appena mandato a Yoongi-hyung, l’ho scritto seduto sul sedile anteriore della macchina costosissima di Capo Kim. Lo stesso stronzo che la sta guidando molto probabilmente sotto stato d’ebrezza.
 
Capo Kim: primo appuntamento, solo io e te a casa mia. Sono stato romantico vero?
 
Annuisco appena sento una mano stringermi la coscia.
 
Obbedisco, dovrei? 

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