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JIMIN'S POV:

chiusa la porta alle mie spalle, tolgo lo zaino dalle spalle lanciandolo verso le scale, per poi mi accasciarmi a terra con un largo sorriso e un rossore che mi colora tutto il viso.

Lela: hai bevuto per caso?

mi domanda Lela dalla cucina nel mentre che lava i piatti. Mi alzo e barcollo verso la cucina con le mani sul volto.

Jimin: no, ero con una persona~

so perfettamente che Lela è una pettegola, quindi sono più che consapevole di star mettendo carne alla brace, intravedo quasi subito quel sorrisino sulle sue labbra.

Lela: e vorresti dirmi chi è la fortunata?~

io sorrido e dirigendomi verso le scale prendo lo zaino.

Jimin: eeeh chissà se un giorno ti farò conoscere questa personcina, per ora notte

corro al primo piano sentendo lei che mi urla di scendere giù e di raccontare tutto, sono un bastardo, ma per me è come giocare con mia mamma; ricordo che alle medie potevo farle queste cose con la mia vera mamma, perché lei si prendeva la briga di chiamarmi di mattina, subito dopo scuola, prima di cena e prima di andare a dormire.

questi ricordi sono opachi, lontani ma difficili da dimenticare. Eravamo sia io che le due persone completamente differenti: lei più diligente ed io beh questo è un tasto dolente, quindi credo che terrò, a te che stai leggendo, nascosto ancora per un po' un tassello parecchio grande del mio passato.

queste chiamate che facevamo sono sfumate dalla prima media fino all'estate fra la terza e la prima liceo. Ricordo il me quattordicenne aspettare la chiamata del buongiorno, a settembre, il primo giorno di scuola, seduto sullo sgabello della cucina aspettando il suono di quella maledetta chiamata che non è mai arrivata.

con gli anni ci ho fatto il callo, so di essere cresciuto e di non avere uno stretto bisogno di raccontare tutta la mia giornata a mia madre, e che probabilmente lei non mi vuole più bene come un tempo, ovviamente sempre per colpa mia.

questo è uno dei tanti sassi che porto nello zainetto pesante della mia adolescenza, che trasporto sulle mie spalle da quando avevo ormai 12 anni, perché è da lì che sono successi i casini. Prendo queste cose alla leggera, ora che ci sto ripensando, sdraiato sul mio comodo letto, mi basta guardare i polsi e pensare che non sono ancora morto, è già un passo no?

Depressione: non lo so Rick, mi sembra falso

guardo il soffitto e ripensando alla serata mi mordo il labbro, poggio la mano sul petto, proprio sul punto dove mi stava accarezzando il "ragazzo in nero". Mi manca e mi fa un po' male pensare che non lo potrò vedere prima della ricreazione di domani, fanculo Choi, quel rompi cazzo.

mi alzo andando verso il bagno, con l'intenzione di farmi una bella doccia, mi spoglio e dopo qualche minuto sono sotto la calda acqua corre, seduto sul fondo a pensare come sarà il ballo, ma più che altro la sera del ballo.

finiamo a casa sua un po' ubriachi, non lucidi abbastanza da capire che siamo troppo vicini uno all'altro, finché dalle nostre labbra bagnate dall'alcool non escono più parole, i nostri occhi un po' rossi si guardano a vicenda bramanti di passione.

chiudo gli occhi lasciandomi cadere nel sogno ad occhi aperti che mi sta trasportando in un sporco momento di piacere. La mia mano vogliosa scende piano piano fino a sfamare la mia voglia viziosa di sesso.

le nostre lingue che si mescolano e le sue mani su tutto il mio corpo. Ci spogliamo a vicenda desiderosi di qualcosa di più spinto di un semplice bacio. Il preservativo che viene scartato in meno di un secondo, glielo metto io impaziente.

strizzo fortemente gli occhi nel mentre che a mia mano va a seconda della fantasia che sto vivendo.

il calore ardente dei nostri corpi si mischia fra quello del sudore, nel mentre che entrambi ansimiamo godendo l'attesa di raggiungere l'apice.

mi mordo le labbra sentendo di star per venire, ma prima di poter consumare il mio atto sento la porta di camera mia aprirsi, e in una frazione di secondo, con l'erezione ancora dritta, esco dalla doccia grondante d'acqua, per chiudere a chiave la porta del bagno.

Lela: tranquillo Jimin-ie, sono io, volevo chiederti se dovessi cenare.

tiro un sospiro di sollievo mettendo una mano sul petto per fermare il mio battito accelerato. Non vorrei mai che nessuno, mai e poi mai mi veda nudo.

Jimin: sì Lela, lasciamela sulla scrivania, rimango in camera oggi, ora sono sotto la doccia.

aspetto di ritornare sotto l'acqua solo dopo aver sentito il rumore del piatto che viene poggiato sul tavolo e della porta che viene chiusa. Mi sento sporco ripensando di essermi toccato pensando a lui, con Lela in casa, senza aver chiuso la porta a chiave.

Depressione: sei un animale, ti distingui da Kim solo per il fatto che lui le mette in atto le sue azioni da pervertito, tu le pensi e basta.

la mia libido è scomparsa con la velocità della luce ripensando allo schifo che ho provato. Finisco di lavarmi e incido qualche altro taglio, non so nemmeno io perché, so solo di meritarmelo.

dopo aver gustato la cena, e quindi avere lo stomaco pieno, prendo un sonnifero e toccando il letto mi perdo nel mondo dei sogni in meno di cinque minuti.

29/11/18

ore: 8.10

appena è passata una bidella davanti alla porta ho chiesto il permesso di entrare, ho ancora il cuore che mi batte forte pur essendo quasi arrivato in sala professori. L'ansia mi sta facendo rigirare la colazione dentro lo stomaco, come se fossi su delle montagne russe per l'inferno.

busso prima di entrare, apro la porta ed entro insicuro. Solo alcuni professori si girano verso di me, gli altri se ne fregano, probabilmente indaffarati a fare altro prima delle lezioni. Il pancione di prof. Coi è inconfondibile, mia appena adocchiato, ha il mio telefono in mano. Sicuramente mi stava aspettando e nel mentre ha preso un caffè col suo collega.

Mi avvicino svelto stringendo forte a me i manici dello zaino. A pochi metri di distanza noto che il presunto professore vicino a Choi, è un alunno. Quella mascella marcata, quelle ciocche color cenere, quello sguardo da felino che appena mi incontra fa scattare automaticamente un ghigno compiaciuto.

Prof. Choi: Annyeonghaseyo Park, scusi un attimo Kim, devo restituire il telefono a questo mascalzone.

mi porge il telefono e io non ci posso chiedere.

Depressione: Park: 0 vs Kim: 3.

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