2. Si Legge Negli Occhi

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Il vantaggio di abitare in un paesino sperduto della pianura padana era sempre stato uno: uscire di casa dopo le otto di sera con la certezza matematica di non imbattersi in nessun essere umano o simili.

Il fatto che stesse diluviando non faceva altro che avvalorare la precedente tesi.

Grosse gocce picchiettavano sull'ombrello di Greta, seguendo un ritmo debole e sconnesso dal momento in cui aveva messo piede fuori casa, una decina di minuti prima.

Sua madre, Anna, l'aveva sorpresa sull'uscio che cercava di svignarsela inosservata e aveva scosso la testa, abituata da anni a scene come quella.

<<Prendi almeno la macchina>> le aveva detto.

<<Ma no, devo arrivare fino al market dietro l'angolo e torno>> aveva biascicato lei, con l'ombrello già aperto. Anna aveva preso un profondo sospiro, incrociando le braccia al petto: Greta tornava a casa dall'università religiosamente ogni due settimane, nel weekend, e passava quasi tutto il tempo fuori dalle proprie quattro mura. Non aveva fatto altro che rinfacciarglielo affettuosamente, negli anni precedenti, ma in quegli ultimi mesi aveva smesso di farlo.

<<Fai attenzione>> disse, seria.

Greta sapeva benissimo a cosa si stesse riferendo: la notizia della sparizione di Andrea non era certamente passata inosservata. Ne avevano parlato anche alcuni telegiornali nazionali, prima di passare ad altra cronaca decisamente più nera.

<<Sempre>> rispose, con un sorriso rassicurante, e si chiuse la porta alle spalle.

Durante il breve tragitto casa-supermarket, si era concessa di svuotare la mente e ascoltare il rumore dell'acqua che colpiva, delicata, l'asfalto lucido sotto i lampioni accesi.
Aveva rimosso per qualche minuto ogni pensiero riguardo Andrea- quanto le mancasse e perché non l'avesse resa partecipe della propria fuga- sostituendoli con un silenzio piacevole.

Giunta davanti alle porte automatiche del negozio, chiuse l'ombrello e le varcò rapida per non bagnarsi troppo. Il luogo era praticamente deserto, se non per una cassiera sulla sessantina, che le sorrise, e una donna che borbottava al telefono contro un malcapitato, che aveva dimenticato di comprare il sapone liquido per i piatti. La superò, dirigendosi verso la corsia dei dolci.

Raccattò un paio di barrette al cioccolato e tornò verso le casse, per poi pagare velocemente.

Non le era mai piaciuto perdere tempo, tanto meno in un luogo come un supermercato.

Un non-luogo, le ricordò una voce nella sua testa. Rise, ripensando a quella strana teoria riguardo aeroporti, stazioni dei treni e, certo, i supermercati: posti in cui la gente è solita passare alcune ore, senza nemmeno rendersene conto, senza fare nulla se non aspettare, collezionare cose e poi andarsene.

Ricordò quanto le fosse piaciuta, la prima volta che Andrea gliene aveva parlato, anni prima.

Il viso della sua migliore amica fece capolino nei suoi pensieri mentre apriva nuovamente l'ombrello, per poi tornare cupamente sotto la pioggia.

Era inutile tentare di trattenersi: Andrea era in ogni angolo e crepa della sua testa. La circondava e la attanagliava senza darle pace.

<<Guarda un po' te che pioggia>> esclamò una voce alle sue spalle.

Si voltò lentamente, accorgendosi solo allora di un uomo, alto e vestito interamente di nero. La stava guardando dietro a due lenti da vista tonde.

<<Già>> rispose, tagliando corto. Fece per andarsene, ma l'uomo parlò ancora.

<<Non vedevo una cosa del genere da almeno dieci anni, in India>>. Il tono della sua voce, annoiato per finta, nascondeva della sottile presunzione. Se ne stava appoggiato sotto la tettoia del market, con un ombrello e nient'altro in mano. I suoi occhi, notò Greta, erano a mandorla.

<<È così che rimorchi?>> lo prese contropiede, arrogante. Le sopracciglia dell'uomo schizzarono in alto, mentre un sorriso sghembo gli si cuciva sulla bocca. Probabilmente non si era aspettato una simile risposta, ma Greta non era certamente timida.

E poi aveva avuto abbastanza esperienze del genere.

<<Solitamente sì>>.

<<E funziona?>>.

<<Il più delle volte>>.

Si limitò a fissarlo con un cipiglio confuso. Li separavano un paio di metri e lui era appoggiato al muro, ma era evidente quanto fosse più alto di lei. Probabilmente, gli arrivava al petto, pensò Greta, a cui non capitava spesso di sentirsi bassa. Aveva anche le spalle parecchio larghe.

Pensò alle probabilità di sfuggirgli, in caso di necessità. Era una triste abitudine che aveva preso col tempo, a forza di sentirsi raccomandare di "fare attenzione". L'ultima volta era stata proprio sua madre, meno di mezz'ora prima.

<<Sei molto sicuro di te>> disse, infine. Lui si strinse nelle spalle, inclinando il capo. Una ciocca di capelli chiari gli ricadde sul viso e la scostò con un movimento rapido.

<<Faccio male?>> domandò, con un sorriso. Greta si concentrò su di esso: era bello, accattivante. Il genere di sorriso che avrebbe fatto finire in un brodo di giuggiole alcune ragazze che conosceva.

<<Cosa vuoi da me?>> . L'espressione dell'uomo parve affievolirsi leggermente. Si mise ritto in piedi, ma non accennò ad avvicinarsi. Anche da quella distanza, Greta poté darsi ragione: era veramente molto alto.

<<Da te? Nulla di materiale, tranquilla. Non sono qui per importunarti, non è nei miei interessi>>. La sua voce era tagliente, quasi come se intendesse ferirla. Greta non se lo spiegò, ma indietreggiò senza accorgersene.

<<Senti, io non so chi tu sia, ma mi sono stancata di questo gioco. Me ne vado a casa>>.

<<Non intendevo inquietarti, mi dispiace>>.

<<Non mi hai inquietato. È solo che parlare della pioggia con uno sconosciuto non è esattamente la cosa più interessante che potrei fare al momento>>. Lui ridacchiò sommessamente, senza smettere di guardarla negli occhi.

<<Sono un amico, non uno sconosciuto>> ribatté, poggiandosi una mano sul petto, come se e sue parole l'avessero ferito.

<<Amico di chi?>>.

<<Di chi mi è utile>> ribatté, con una scrollata di spalle, <<E penso tu possa aiutarmi>>. La sua voce tranquilla suonava quasi divertita. Eppure c'era qualcosa in lui che lo faceva apparire fuori luogo: i capelli chiari, mossi, gli sfioravano le orecchie, mentre gli occhi a mandorla sembravano ricondurlo a luoghi lontani e inesplorati.

<<Non farò nulla per te, mi dispiace>>. Fece per voltargli le spalle.

<<Aiuterebbe anche te, sai>>.

Greta tornò a guardarlo, con la pioggia che batteva furiosamente sul tessuto dell'ombrello.

<<Ho detto che non mi interessa>>.

<<Stiamo cercando la stessa cosa>>. Con il medesimo sorriso, aprì l'ombrello e vi si infilò sotto, per poi gettare un'ultima occhiata a Greta.

<<Come fai ad esserne sicuro?>> domandò lei, rassicurata dal fatto che avesse accennato ad andare nella direzione opposta.

<<Te lo leggo negli occhi che hai perso qualcosa>>.

Senza aggiungere altro, si voltò e la lasciò alla vista delle sue gambe lunghe, finché non svoltò l'angolo.

HOSHIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora