25. Un Punto Di Non Ritorno

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In cima al tetto, il vento sferzava furiosamente i capelli neri dell'uomo.

Non era una bella giornata: il sole non c'era, il suo posto era occupato da una flotta di nuvole scure pronte all'attacco sulla città. Non restava che aspettare la pioggia, che si sfogasse sulle strade di Roma invadendole di un pianto troppo forte per essere placato. Avrebbe dovuto sfogarsi con i suoi tempi o le conseguenze sarebbero state tremende.

Caph, accanto a lui, prese un respiro profondo.

Ricordò il giorno in cui lo aveva trovato, piccolo e smarrito, distrutto dall'abbandono e dal rifiuto prima ancora di comprendere il terribile significato di quelle due parole.

Se ne stava lì, ritto sulle gambe, le spalle muscolose ma rigide, cariche di preoccupazione.

In qualche modo, seppe che pensavano la stessa cosa.

***

Greta si svegliò con una spiacevole sensazione di mal di testa. Mosse appena il capo, come a scuotersela di dosso, ma questa si palesò più forte con una fitta decisa. Dovette lamentarsi ad alta voce, perché qualcuno le strinse la mano, convincendola ad aprire finalmente gli occhi.

L'ambiente in cui si trovava era spoglio e polveroso: il pulviscolo si agitava nella pozza di luce che la finestra senza tende lasciava entrare nella stanza. Impiegò alcuni istanti ad abituarsi e mettere a fuoco la figura di Daniele, in netto contrasto con tutto quel chiarore.

Aveva lo sguardo fisso su di lei, sconvolto e soprattutto sollevato. Le loro dita erano intrecciate.

<<Dove siamo?>> riuscì a chiedere, con difficoltà. Era sdraiata su un pavimento logoro e aveva la gola secca, faceva fatica a deglutire. Si liberò del contatto con Daniele e sollevò la mano fino al collo, dolorante.

Le tornò lentamente alla memoria il corpo di Venus che la tratteneva a terra, con la testa e le spalle contro l'asfalto, e le sue mani piccole e tozze che le circondavano la gola. Quasi si aspettò di avere ancora la vista appannata dalle lacrime, come un istante prima di svenire, ma il viso di Daniele era perfettamente nitido, come definito dalla punta affilata di una matita.

Forse non l'aveva nemmeno sentita.

<<Come ti senti?>>. Quelle parole trasudavano apprensione.

<<Bene. Dove siamo?>> ripeté, glaciale. Non le piaceva che ignorassero le sue domande e lui lo sapeva. IL viso di Daniele si contrasse in un'espressione afflitta, ma non distolse lo sguardo. Aveva ancora la mano poggiata accanto al suo fianco, del tutto inerme.

Sospirò profondamente. <<C'era una cascina poco più avanti di dove eravamo. Ci siamo rifugiati qui>>.

<<Gli altri come stanno?>> domandò senza esitare.

Lui scosse la testa, come a voler allontanare un cattivo pensiero.

Greta percepì la tensione crescere dentro di sé, avventarsi sulle ossa come a volerle spezzare dall'interno. Una nuova paura la assalì, ma non volle riconoscerne gli occhi verdi giada.

Cercò di mantenere la voce ferma. <<Daniele, che è successo?>>.

Un urlo acuto di disperazione le gelò il sangue nelle vene. Proveniva dalla stanza accanto- ne era sicura- e apparteneva a Febe.

<<Tu eri svenuta...>> iniziò Daniele, ma un'altra voce, più bassa, richiamò il silenzio dalla parte opposta del muro davanti a loro. Non riuscì a riconoscerla, una porta di legno, chiusa, li separava.

Greta percepì il panico crescere. <<Che cosa è successo? Cosa stanno facendo?>>.

Daniele riuscì solo a socchiudere le labbra, prima che la porta si aprisse, lasciando entrare Febe, sorretta a mezz'aria dalle braccia di W. Quest'ultimo la richiuse con una pedata ben assestata.

HOSHIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora