37. Dichiarazione Di Guerra

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Umbriel e W avevano sollevato di peso Rubidia e l'avevano portata sul divano, perché riprendesse i sensi.

Greta si era data da fare portando dell'acqua e qualche asciugamano, ma i due l'avevano bellamente ignorata.

Daniele, invece, non si era ancora mosso dal punto in cui si trovava quando la finestra era andata in mille pezzi. Non era difficile immaginare cosa gli stesse passando per la testa.

Quindi quella era la sorella di Andrea? Perché era entrata dalla finestra? Come faceva a sapere dove trovarli? Cosa le era successo? E Andrea? Stava bene? Chi l'aveva presa?

Greta pensò di avvicinarsi, per tranquillizzarlo, ma si rese conto di non avere nulla da dire. Giustificava la sua reazione, ma non la capiva più.

Incontrare Michele in quella stessa stanza, poco prima, aveva innestato qualcosa nel suo organismo, corrodendole la mente fino a ridurla a una singola idea: non c'erano solo due versioni, ma tante quante le persone che avevano vissuto quelle vicende prima di lei. Eppure, nessuna di esse aveva ragione, nessuna era davvero libera dal peccato.

Sirio aveva tanta ragione quanta ne aveva Michele, quanta ne aveva lei.

Aveva sempre immaginato che, seppur implicitamente, vi fosse sempre un cattivo, in ogni storia: chi scatena la guerra, chi nasconde frodi e accordi illegali, chi uccide, chi imprigiona un innocente.

Distolse lo sguardo da Daniele, che non aveva ancora sollevato gli occhi spalancati dal corpo immobile di Rubidia, e si chiese quale fosse il suo peccato.

L'unica che pareva non essersi poi troppo impressionata davanti alla scena a cui avevano appena assistito era Febe. Si era avvicinata con passo lento a Rubidia, sdraiata di schiena sul divano, e aveva preso a fissarla, incurante del fatto che quest'ultima avrebbe potuto svegliarsi in qualsiasi momento.

<<Me l'ero sempre immaginata più bella>> disse, dopo un paio di minuti spesi a studiare il viso della ragazza.

Greta osservò il viso di Rubidia da qualche metro più indietro. Sebbene l'avesse già incontrata pochi giorni prima, solo in quel momento si rese conto di quanto fosse giovane: i capelli erano un groviglio arruffato di boccoli biondi e sporchi, il viso era tumefatto, gli occhi chiusi ricoperti di sottili vene bluastre. Aveva la stessa bocca di Andrea, pensò, distogliendo subito lo sguardo. E lo stesso naso.

<<Febe>> la richiamò Umbriel, senza sollevare lo sguardo dai barattoli di unguenti che stava esaminando.

<<Cosa? Non è poi questo granché>>.

Le gettò un'occhiata infastidita. <<Ti sembra il momento di dire una cosa del genere?>>.

<<Non fingerti tanto in pena, si sveglierà tra qualche minuto>> borbottò l'altra sventolando pigramente una mano.

Greta pensò che si stesse comportando da bambina e desiderò mollarle un ceffone.

<<Fingermi in pena? Hai sentito quello che ha detto?>>. La voce di Umbriel si era fatta grave. Il suo corpo era rivolto verso di W, come in cerca di una sua reazione, ma questa non arrivò.

Lui era concentrato su un coccio di vetro che si stava rigirando tra le mani.

<<Un attimo dopo che le ho fatto un occhio nero? Certo>>.

Solo allora, W si ridestò. <<Ragazze, per favore>>.

Aveva lasciato perdere il pezzo di vetro e si era inginocchiato davanti a Rubidia, svenuta. Greta rimase a guardarlo mentre le rimuoveva le schegge dai capelli e le ripuliva il viso con una garza.

HOSHIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora