36. Mostro Devi Bruciare

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Dall'ultima volta che l'aveva visto, suo fratello era cambiato, anche se Greta non avrebbe saputo dire come. Gli stessi capelli castani, gli stessi occhi scuri, le spalle larghe e muscolose, come quando ancora giocava per la squadra di calcio del paese.

Eppure, non era più lui, su questo non aveva dubbi. Forse quegli alieni lo avevano traviato, forse era un impostore.

Indicò la porta da cui era entrata. <<Là fuori si sta combattendo una guerra e tu sparisci tutto il giorno con questo idiota?>>. Come non detto, era proprio lui.

<<L'idiota è mio figlio>> disse Gemin, che era tornato a guardare fuori dall'ampia vetrata, da cui filtrava una luce innaturale. Fuori era già calata la notte.

Michele non diede segno di averlo sentito. <<Come sei finita qui? Dimmelo immediatamente>>. La sua voce era grave, profonda come quella di loro padre, anche se non ricordava di aver mai sentito urlare lui in quel modo, nemmeno quando era scappata di casa a quindici anni. La fuga era durata tre ore scarse, ma questo a suo padre non era importato. L'aveva messa in punizione per un mese.

Da un angolo della stanza, Carlo le gettò un'occhiata divertita.

<<Smettila di urlare>> gridò, spostando lo sguardo sul padre di W. <<Come ci sei finito tu qui? Ti ha chiamato lui?>>.

<<È il mio lavoro questo>>.

Greta percepì un principio di emicrania sulle tempie. <<Questo cosa? Tu lavori a Torino>>. Non sapeva perché glielo avesse ribadito: anche quella doveva essere una bugia, come tutte le altre. Davvero aveva ancora il coraggio di stupirsi? La sua migliore amica era un'aliena e, come dimenticarlo, anche il ragazzo con cui aveva appena trascorso la notte.

Proprio quest'ultimo la stava guardando, glaciale. Avvertì i suoi occhi addosso, ma li ignorò: c'erano problemi più gravi, nuove bugie erano venute a galla.

Ti ho detto quello che posso, che è praticamente tutto quello che so.

Era la verità? W sapeva che suo fratello era coinvolto?

Michele le diede le spalle. <<Gemin, potete lasciarci da soli?>>.

Dal riflesso nello specchio, Greta scorse che aveva un sopracciglio sollevato. <<È strettamente necessario?>>.

<<Sì>>.

Lo sguardo di Greta scivolò su Daniele, in piedi accanto a Febe. Entrambi avevano un'aria poco serena, come se- immancabilmente- con i due visitatori fossero giunte cattive notizie.

<<Peccato, mi stavo divertendo>>.

Indicò la cucina con un cenno del capo e un istante dopo nel soggiorno rimasero solo lei e Michele.

Stette immobile a fissarlo. Temeva che, davanti a un movimento brusco, le sarebbe saltato addosso come un cane da caccia. C'era un pensiero che si ripeteva senza sosta nella sua mente: è cambiato, non ti fidare.

Michele non era mai stato un grande amante del contatto fisico, nemmeno lei lo era, ma erano mesi che non si ritrovavano faccia a faccia. Attese che compiesse un passo nella sua direzione, per abbracciarla, se non altro, ma lui pensò la stessa cosa e nessuno dei due si mosse.

<<Io non so veramente cosa dire. Sei ancora mio fratello?>>.

Il suo viso parve intenerirsi per un secondo, in una parodia ben riuscita di come era stato da ragazzo, quando ancora lei lo guardava con occhi grandi e sognanti. Il suo eroe. <<Certo, ma...>>.

<<Niente ma. Basta segreti, ti prego. Cosa significa che è il tuo lavoro?>>.

Si aspettava che avrebbe indugiato, ma non accadde. <<Sono un agente dell'AISI. Agenzia Informazione e Sicurezza Interna>>.

HOSHIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora