12. Il Colore Dei Suoi Occhi

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L'uomo correva a perdifiato lungo il viale alberato che conduceva alla strada. Era così veloce che chiunque, osservandolo dai campi circostanti, sarebbe a malapena riuscito a distinguere la sua alta figura sfrecciare tra gli alti tronchi di pioppo.

Si era lasciato la villa alle spalle poco più di un minuto prima e già le urla della governante riecheggiavano fino alle proprie orecchie.

Istintivamente, gli venne da ridere: cosa sperava che potessero fare le sue grida?

Se anche avessero attirato l'attenzione di qualcuno, lui sarebbe stato già lontano.
Non che si divertisse particolarmente a rubare: la vita da esule era difficile per tutti e lui doveva provvedere anche ad altri che non fossero se stesso, dunque non provava sensi di colpa, se aveva derubato una vecchia ereditaria di parte dei suoi gioielli.

Non sarebbe stata in grado di indossarli tutti in ogni caso. E poi, avrebbe supportato la causa. Se solo avesse avuto una vaga idea di come andasse realmente il mondo, anche lei li avrebbe appoggiati, mettendo nelle mani dell'uomo una cospicua parte del proprio patrimonio, avvolto da un nastro rosso scarlatto.

Non erano tempi facili, d'altra parte: sempre a spostarsi da un luogo all'altro, ad alterare il proprio aspetto per non farsi riconoscere. Chi aveva detto che la fama passata portava con sé un qualche beneficio?

Estrasse le chiavi dalla tasca e sbloccò rapido la portiera dell'automobile con cui era arrivato. Mise in moto e, un momento dopo, era già troppo distante perché potessero trovarlo, oltre la linea dell'orizzonte.

Accarezzò con la mano libera il borsone contente il bottino e fece scorrere la zip con un movimento fluido. Finalmente si concesse di osservare il frutto di quell'impresa: anelli d'oro, bracciali tempestati di diamanti e perle. Stava per richiudere la lampo con scarso interesse, quando un gioiello attirò la sua attenzione.

Lo estrasse tenendolo tra le dita e lo rigirò tra esse, mentre un'espressione di pura nostalgia si dipingeva sui suoi occhi a mandorla.

Si trattava di una semplice collana di oro bianco, su cui scorreva un'acquamarina intagliata a forma di goccia. La accarezzo con il pollice, mentre un sospiro lasciava le sue labbra.

<<Il colore dei suoi occhi>> disse, stringendo il ciondolo nel proprio pugno e portandoselo al petto.

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<<Daniele>> mormorò Greta, imponendosi una calma che non le apparteneva. <<Che ci fai qui?>>.

L'espressione furiosa del ragazzo non mutò, <<Che ci fai tu qui?>> esclamò, stringendo entrambe le mani in un pugno <<Sei sparita da quasi una settimana>>.

Il familiare senso di colpa la invase, schiacciandole il petto. Le tornarono in mente le dieci chiamate contate che aveva lasciato al cellulare dell'amico, la sera in cui la bestia l'aveva attaccata nel cortile di casa. Lui non aveva risposto e, subito dopo, il numero che W le aveva dato su un foglio di carta era comparso sul display illuminato. Come allora, ignorava il modo in cui il ragazzo si fosse procurato il suo.

<<Non sono sparita>> si limitò però a dire, secca. Daniele, se possibile, parve adirarsi ancora di più. La sua bocca si contrasse senza emettere suoni, quando Greta gli sfilò accanto, seguita da W. Si chiuse la porta alle spalle e si tolse il cappotto, sotto il suo sguardo sdegnato.

<<Hai idea di quante volte io ti abbia chiamato?>> domandò, una volta che ebbe riacquistato la capacità di parlare. Cercò di evitarlo, ma le si mise davanti a braccia incrociate.

HOSHIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora