22. Ein Traum

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A contatto con la sua pelle, le lenzuola erano più gelide del vento che sul tetto le aveva sferzato il viso. Greta rimase immobile a fissare il soffitto per qualche tempo, con una mano tra i capelli e una abbandonata sul petto. Un sospiro lo sollevò per alcuni instanti, prima di riversarsi nel silenzio impeccabile della stanza.

Si chiese che ore fossero, se valesse effettivamente la pena cercare di dormire. Le lenzuola le si attorcigliarono alle gambe quando si mise su un fianco con uno sbuffo.

Le parole di Umbriel la assillavano ininterrottamente da quando era rimasta sola: voi due vi volete bene, si vede. Lo aveva ammesso anche W di provare un qualche affetto nei suoi confronti, ma il fatto che anche qualcun altro se ne fosse accorto le provocò un senso di disagio, come se si fosse ritrovata nuda senza preavviso in Piazza Verdi il sabato sera.

Ripensò a W, alla forma che aveva assunto il suo sorriso quando le aveva accarezzato il viso, ai suoi occhi a mandorla, colti da una luce nuova dopo giorni di buio totale, più dolci di quanto ricordasse. Cosa le stava nascondendo quella volta? Sussurrò un insulto rivolto a lui, qualche stanza più in là. Le sarebbe bastata una decina di passi per bussare alla sua porta. Percepì il cuore risalire in gola al solo pensiero e lo scacciò via, dicendosi che non aveva senso: stava sicuramente dormendo.

Gli avrebbe chiesto spiegazioni al mattino, dopo almeno un paio d'ore di sonno profondo. W non era mai stato la sua priorità e non lo sarebbe diventato quella notte. La sua migliore amica era ancora dispersa da qualche parte forse a Roma e presto lei l'avrebbe raggiunta. Si chiese come stesse, se nemmeno lei riuscisse a dormire. Le tornarono alla mente le decine di gite in cui avevano condiviso la stanza, la prima notte ogni volta passata a giocare a carte perché Andrea proprio non riusciva a prendere sonno in un posto nuovo, non subito almeno.

Sperò che Rubidia le facesse compagnia, specialmente durante quelle ore prima dell'alba in cui ogni cosa si dilata e assume le forme dei tuoi incubi peggiori, dei rimpianti che credevi di aver sepolto e che invece hanno scavato la terra a mani nude, pur di tornare a respirare sotto un cielo del colore dell'oro.

Per il momento, però, era ancora notte, la speranza se ne stava lì, nascosta in uno dei quattro angoli della camera da letto. La cercò pigramente con lo sguardo, ma quella non si rivelò. Unico indizio di essa era il bracciale che Sirio le aveva dato, abbandonato sul comodino. Lo aveva tirato fuori del cappotto prima di mettersi a letto, ma non lo aveva più degnato di una seconda occhiata. Un fascio di luce filtrava dalle tapparelle abbassate e lo colpiva proprio là dove era inciso il profilo di un avvoltoio, con il becco sollevato verso uno spicchio di luna.

Le sarebbe bastato allungare il braccio per prenderlo tra le dita. Con un singolo movimento le sarebbe finito al polso e Sirio l'avrebbe portata alla Corte, dove Lui già la aspettava. Era davvero disposto a raccontarle la verità che nessun altro voleva rivelarle? Cosa aveva fatto il padre di W?

Lo avrebbe conosciuto l'indomani.

Tentò di immaginarlo come spesso si era scoperta a fare: alto, stessi capelli del figlio, ma striati di grigio.

Anche lei e sua madre ostentavano la stessa chioma scura, tutta boccoli e onde. Pensò di chiamarla o di mandarle un messaggio, per poi ricordare che non poteva. Cosa avrebbe fatto, se avessero intercettato la chiamata? Non poteva permettere che quella debolezza intaccasse l'incolumità della sua famiglia. Per il momento, i suoi genitori erano al sicuro. Lo stesso valeva per suo fratello, che non lasciava Torino da un paio di mesi, dall'ultima volta che era andato a trovarli per il compleanno di Anna, loro madre. Lei aspettava sempre una sua chiamata, che però non arrivava mai. Da quando aveva iniziato a lavorare, non era facile che fosse reperibile.

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