26. A Corte

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Il sorriso di Sirio era smagliante e ferino; la inchiodò al suolo per qualche secondo. I suoi occhi erano di un celeste metallico, privo di sfumature.

Greta li osservò incantata, mentre in lontananza qualcuno chiamava il suo nome.

<<Come hai fatto a...?>>.

<<Dobbiamo andarcene di qui>> la interruppe, senza perdere nemmeno un briciolo di euforia. Aveva i polsi avvolti da un paio di bracciali dorati. <<Prendi la mia mano>>.

Un urlo echeggiò fino al punto in cui si trovavano, nascosti a mala pena dal ponte sopra le loro teste. Non conteneva nessun messaggio, nessuna parola, se non il dolore, la disperazione di chi aveva appena perso qualcuno. E non uno qualsiasi.

Quel pensiero la riportò all'estate precedente, al mare, al sole, ad Andrea che la salutava dal bagnasciuga mentre si spingeva sempre più a largo, sempre più lontana, finché il fondale non diveniva una massa indistinta di sabbia a chissà quanti metri di profondità. W ne sarebbe stato terrorizzato, ne era certa.

Andrea non aveva mai amato il mare, ma le piaceva la spiaggia. Credeva fosse un mondo a parte.

Fu pensando a lei, sostituendo con forza la sua immagina a quella di W, che Greta circondò il palmo di Sirio con le dita. Il contatto con la sua pelle fu strano, ma non spiacevole; le ricordò vagamente le pagine di un libro: lisce, ma fredde.

Si ritrovò ancora una volta immersa fino al collo nell'acqua salata, circondata da un branco di piccoli pesci argentati che le solleticavano i piedi. Provò il desiderio di lasciarsi affondare, di toccare il fondale sabbioso per vedere quanto fosse profondo, ma Sirio ritrasse delicatamente la mano.

Boccheggiante, Greta sollevò il capo: non erano più sul letto secco del fiume, né tantomeno in un anfratto della campagna che separava Napoli dalla capitale. Un brivido le percorse la schiena, nonostante l'aria attorno fosse ferma e pulita. Sopra le loro teste brillava il cielo più nero che avesse mai visto.

<<Dove siamo?>>. I suoi occhi corsero sulle colonne di marmo che circondavano la grande piazza in cui si trovavano. Erano alte e spesse, la base in parte ricoperta di rampicanti, che si estendevano anche sui minuscoli tasselli del mosaico che occupava per intero il pavimento. Riconobbe immediatamente lo stesso avvoltoio inciso sul braccialetto che ancora teneva al polso. Aveva il becco rivolto verso l'alto, ma nella direzione opposta. Greta ne seguì la traiettoria e individuò la luna, sospesa nell'oscurità, più grande di quanto l'avesse mai vista.

Sirio non poté fare a meno di sorridere. <<Benvenuta a Corte, Greta Baldassarri>>.

Un corpo luminoso attraversò l'oscurità, compiendo movimento fluidi e circolari. Un altro, suo simile, lo seguì, percorrendo rapido la volta celeste per poi sparire dietro un ammasso roccioso all'orizzonte.

<<Non siamo sulla Terra, vero?>>.

<<Vero>> asserì Sirio, compiendo i primi passi all'interno della piazza. <<La Corte si sposta su un asteroide dotato di una propria atmosfera artificiale. Compie il giro completo del Sistema Solare in poco più di ventiquattro ore>>.

Un edificio che avrebbe potuto essere un tempio greco si stagliava imponente a nord della testa dell'avvoltoio, preceduto da un'elegante scalinata color cenere, liscia e lucida al punto da riflettere il barlume delle stelle, sospese a chissà quanti chilometri di distanza.

<<Alla velocità della luce?>> domandò Greta, seguendolo con il cuore che straripava di curiosità. Constatò subito quanto leggeri fossero i propri passi, quando veloce si sentisse in quel luogo che fino a pochi minuti prima aveva ritenuto impossibile.

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