11. Il Coltello Nella Piaga

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Il mattino seguente, Greta fu svegliata dall'odore del caffè.

Si trascinò fino alla cucina, dove trovò W, ancora in pigiama. In una mano reggeva la caffettiera, nell'altra una tazzina di ceramica marrone. Indossava gli stessi occhiali da vista con le lenti tonde del giorno in cui si erano conosciuti.

Le rivolse un sorriso sghembo e le diede il buongiorno con voce roca.

<<Potremmo fare un giro per la città>> disse, con una scrollata di spalle.

<<Pensavo dovessimo trovare Andrea>>.

<<Non riesco a comunicare con gli altri, quindi siamo bloccati qua>>. Si rigirava tra le dita affusolate un biscotto al cioccolato, indeciso se mangiarlo o meno.

<<Non c'è veramente nulla che possiamo fare?>>.

Lui scosse la testa, concentrato sul biscotto. Greta pensò non la guardasse quasi mai.

<<Ti farà bene fare una passeggiata>> sentenziò, per poi alzarsi e iniziare a lavare i piatti. Greta gli gettò un'occhiata interrogativa, ma lui la ignorò, in piedi davanti al lavandino.

<<Non sarà pericoloso?>> chiese allora. Il ricordo delle due donne- Sidera e Venus- e prima ancora dei tre agenti- Altair, Cassius e Angelica- le impedivano di immaginare una piacevole uscita senza intoppi quali la propria morte violenta. W, dal suo canto, non sembrava molto toccato dalla questione.

<<Non ci attaccheranno alla luce del sole>>.

Meno di un'ora dopo, erano in centro. W non era mai stato a Bologna e obbligò Greta a fargli da guida per un piccolo giro turistico.

Il pullman li lasciò a porta Donato e da lì la fecero a piedi fino a piazza Verdi. Presero un altro caffè alle Scuderie e lo strinsero tra le dita per scaldarsi nel tragitto fino alle Due Torri. Lui volle sapere perché una delle due pendesse più dell'altra e dovettero interpellare una vera guida turistica in visita sul posto. Si infilarono sotto i portici fino a piazza Maggiore, fermandosi a contemplare alcuni negozi di abiti sartoriali dall'aria antica e costosa.

W li definì belli ma, forse troppo banali.

Greta si chiese come si vestissero gli stranieri, nel tempo libero.

Lo vide accigliarsi alla fontana del Nettuno e borbottare qualcosa come "avrebbero almeno potuto finirla" davanti alla facciata della basilica di San Petronio.

Gli piacque molto piazza Santo Stefano. Insistette per sedersi sulle panchine, nascoste dagli alberi accanto alla chiesa. Greta lo osservò picchiettare con la suola delle scarpe sui ciottoli intrappolati nel terreno. Aveva rischiato di inciamparvi almeno un centinaio di volte, ma li preferiva sempre ai portici piastrellati, forse perché la facevano sentire in un'altra epoca.

La luce pallida filtrava tra i rami e colpiva la testa di W, rendendola più chiara, quasi bionda. Alcune ciocche, su cui il sole si abbatteva in maniera quasi furente, raggiungevano i toni dell'oro pallido.

Se ne stava in silenzio, a testa in su, completamente perso nei propri pensieri. Una nuvola bianca del suo respiro occupava lo spazio sovrastante a intervalli regolari.

Alcune ciocche ondulate gli ricadevano sulle spalle, là dove il cappotto ne seguiva la forma prima di scontrarsi contro lo schienale della panchina. Gli lasciavano il viso libero, la fronte scoperta.

Gli occhi di Greta scivolarono su di essa, sugli zigomi alti del ragazzo, che rimandavano alle origini asiatiche, che- ricordò Greta- non aveva realmente. Si era tolto gli occhiali, per qualche motivo.

HOSHIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora