15. Lui In Persona

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<<Daniele?>> domandò Greta, spaesata.

W era ancora sulla soglia e il suo respiro sembrava già essersi stabilizzato. Gli occhi verdi erano rimasti spalancati, inquisitori. Indugiarono sul suo corpo sdraiato, per poi fissarsi nei suoi.

<<Chi altri?>> rispose, arrogante.

<<Vado a parlargli...>> fece Greta, avvicinandosi al bordo del letto.

<<Forse dovresti prendere la pistola>> borbottò lui, perfettamente serio. Lei lo fulminò con lo sguardo.

<<Cosa diamine dovrei farci? Usarla contro il mio migliore amico?>>.

<<Era solo un'ipotesi. Per intimidirlo, sai>>.

<<Sì e poi cosa penserà? Che sono diventata un'assassina>>.

<<Te l'ho detto: era un'idea. Te l'ho rimessa nel borsone, nel caso cambiassi idea>>. La calma nella sua voce la innervosì, tanto che faticò a mettersi in piedi senza tremare.

<<Tu sei assolutamente pazzo>> borbottò, senza guardarlo. <<Gli parlerò e capirà. Dov'è?>>.

<<È in cortile>>.

<<Come ha fatto ad arrivare in cortile?>> ruggì scettica, avvicinandosi alla porta. <<Pensavo intendessi che lo avete avvistato in città o qualcosa del genere...>>.

W sollevò gli occhi al cielo e, con un ampio passo, le fu davanti. Le prese il polso tra le dita e la trascinò fuori dalla stanza. Dopo un primo istante di sopraffazione, Greta scrollò la presa di W dal proprio braccio, ricevendo un'occhiata confusa dal ragazzo.

<<Posso andarci anche da sola, grazie>> borbottò, sfilandogli davanti sulla stretta scalinata.

Lo sentì sospirare, ma decise di ignorarlo, per poi fare lo stesso con le occhiate che ricevette una volta in soggiorno. Febe, in particolare, non aveva l'aria di chi avrebbe esitato ad usare la violenza.

Una volta nel corridoio si lasciò andare a un impercettibile sospiro di sollievo, con ancora W alle calcagna. Era ben consapevole della sua presenza, un paio di passi dietro di sé, e la cosa le provocava una strana sensazione di risentimento: aveva praticamente fatto finta che lei non esistesse, da quando avevano messo piede nella casa. Che stesse cercando di dimostrare qualcosa ai suoi amici? In particolare, a Febe? La sola idea le fece accapponare la pelle: se davvero riteneva che gli esseri umani fossero inferiori, avrebbe dovuto lasciarla in pace.

I ricordi di quella sera di pioggia, molto più lontana nella mente di Greta di quanto non lo fosse realmente, le fecero venire voglia di girarsi di scatto verso il ragazzo e tirargli un pugno sul naso. Era tutta colpa sua se ora si trovava in quella situazione, circondata da persone che l'avrebbero preferita morta.

<<Mi raccomando>> la richiamò proprio lui, quando poggiò la mano sulla maniglia della porta. <<Non lasciarti sfuggire nulla>>.

Voltandosi solo con il capo, gli gettò uno sguardo incollerito. Quello di W era impassibile, assolutamente glaciale. Dopo averlo visto furioso, preoccupato e addirittura felice, tutta quella freddezza la colpì in viso come il gelo che doveva starsi consumando oltre il portone d'ingresso.

Le ricordò quanto poco sapesse sul suo conto, quanto poco dovesse fidarsi di lei. Le aveva salvato la vita, sì, ma persisteva nel nasconderle la verità, quella importante, che le avrebbe permesso finalmente di capire. Ogni volta che le rivelava un dettaglio, era come se soffrisse nel separarsene, come se perdesse un frammento di quel controllo che ostentava disperatamente in ogni frase, gesto.

HOSHIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora