9. Traditore Della Tua Razza

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L'urlo risuonò attraverso lo spazio vuoto della fabbrica per qualche istante, poi cessò, come spezzato.

Con le mani e i piedi paralizzati, Greta rimase muta. Dalla bocca sbarrata non usciva che aria, nonostante volesse gridare aiuto finché i polmoni glielo avessero concesso. Aveva perso il controllo delle proprie corde vocali, all'improvviso anestetizzate da chissà quale intervento.

Venus le fu addosso, fermandosi un attimo prima che avvenisse l'impatto. I capelli biondi della donna le sfiorarono il collo, quando furono faccia a faccia. Era almeno una decina di centimetri più bassa di lei, ma alcune rughe sul suo viso tradivano la sua reale età. Aveva gli occhi piccoli e tondi, color cioccolato, spalancati. Le conferivano un'aria folle, così come il suo inquietante sorriso, scatenatosi nel momento in cui aveva voltato le spalle alla sua compagna.

Greta non poteva vedere quest'ultima, Sidera, ma percepì comunque la sua risata divertita.

<<Mettiamo le cose in chiaro, mocciosa>> sbottò Venus, afferrandola per il colletto del cappotto, <<Non mi importa di averti viva. Da te, mi servono solo delle informazioni. Se me le darai, ne uscirai tutta intera, chiaro?>>.

Greta si accorse che qualcosa non andava nella sua bocca famelica. Più cercava di concentrarsi su di essa e più si intensificava un dolore sordo tra i suoi occhi. Era come cercasse di abbattere un muro di mattoni a testate.

<<Non prenderti gioco di lei>> ghignò Sidera, alle sue spalle. <<Non è educato>>. I suoi passi risuonarono sul pavimento logoro della fabbrica e Greta la vide comparire ai margini del proprio campo visivo: una macchia rossa fuoco sul grigio dell'ambiente circostante.

La sua complice rafforzò la presa sul colletto, facendole abbassare lo sguardo.

<<Noi non siamo come i tre incapaci che hai incontrato ieri. Noi non lavoriamo per Lui. Non ci importa se vuole sua figlia indietro viva. Se servirà, faremo fuori anche lei>>. Aveva parlato rapida, convinta che Greta avrebbe colto il messaggio. Lei però ricambiava il suo sguardo ad occhi sbarrati, assolutamente sconvolta.

Lui chi?

<<Procedi con le domande, Venus>> borbottò Sidera, <<Mi sto stancando>>.

Greta le gettò un'occhiata: si stava sistemando il tubino rosso sulle gambe, nel punto in cui sfiorava il bordo degli stivali neri di pelle, che le coprivano anche le ginocchia e parte delle cosce.

<<Perdonami, amore>> cinguettò allora Venus, gettandole a sua volta uno sguardo languido. Tornò subito a concentrarsi su Greta e sollevò il pugnale di ghiaccio che le aveva già visto in mano <<Suvvia, apri la tua testa e dicci dove si nasconde quella stupida>>.

Greta tentò di dire che non sapeva di cosa stessero parlando, ma la sua mente andò subito a Andrea, come sempre. Era stato un richiamo quasi naturale, immediato. Boccheggiò, quando sentì qualcosa poggiarsi sul proprio braccio, come un tizzone ardente. Perforò il cappotto e raggiunse il gomito, dove si fermò.

<<Rifalle la domanda>> sputò Sidera, con aria profondamente annoiata. Aveva compiuto alcuni passi nella loro direzione, ma non prestava alcuna attenzione alla scena che si stava consumando, concentrata sulle proprie mani.

<<Non hai sentito, mocciosa? Ti ho chiesto dov'è?>> la assecondò Venus, facendo scivolare qualcosa di appuntito sulla pelle di Greta. Dal braccio, stava risalendo sulla spalla, fino alla clavicola, squarciando il tessuto del cappotto. La scia che aveva percorso bruciava, incandescente come metallo liquido.

Il dolore era lancinante, le tolse momentaneamente la capacità di vedere. Le ginocchia le cedettero e sarebbe sicuramente crollata a terra, se i polsi non fossero stati ancorato all'aria che li circondava.

HOSHIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora