14. Sono Esseri Inferiori

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<<Cosa vorrebbe dire sua sorella?>> sbraitò Greta, voltandosi interamente verso di lui. Nell'abitacolo del fuoristrada, l'aria si era fatta improvvisamente pesante. W, con le mani strette attorno al volante, non distolse lo sguardo dalla strada.

<<Esattamente quello che ho detto>> rispose, mantenendo la calma. Si era preparato quel discorso almeno una decina di volte, nel corso della settimana precedente, valutando quando e come iniziare a illustrarle realmente la situazione. Una cosa tira l'altra, non aveva mai trovato il momento adatto, le parole più consone.

<<Andrea è figlia unica>> lo contraddisse, imponendosi un tono di voce serio e pacato. Vide la bocca del ragazzo contrarsi, in difficoltà. Cosa c'era di tanto complicato da spiegare?

I suoi occhi a mandorla saettarono fino a quelli di lei, fulminandola involontariamente. La luce che filtrava pallida tra le nuvole li rendevano color prato, leggermente più scuri attorno alle pupille. Una strana sensazione strinse lo stomaco di Greta, che la ricollegò allo stupore appena provato.

Conosceva Andrea da quando era bambina, tanto che i suoi stessi ricordi parevano cominciare insieme a lei. Si erano sempre considerate una parte della famiglia dell'altra, condividendo ogni istante come farebbero due sorelle, legate da un vincolo potente quanto quello di sangue. Anzi, pensò lei, più forte del sangue, proprio perché frutto di una decisione, dell'essersi scelte l'un l'altra, senza separarsi strada facendo.

In qualche modo, la capiva, se aveva scelto di non dirle la propria vera natura. W aveva accennato a un Codice di regole e leggi a cui gli stranieri dovevano sottostare: ovviamente, tra le prime, doveva figurarne una che impedisse agli stranieri di rivelare la propria identità agli umani, forse addirittura di avere contatti con essi.

Ma la questione era diversa, non riguardava la natura aliena della sua migliore amica, ma sua sorella, qualcosa che Greta sarebbe stata in grado di capire. Dunque perché mentire, se il loro rapporto era davvero forte come credeva?

W distolse lo sguardo e fece per aprir bocca, ma il familiare suono del suo cellulare lo fece irrigidire.

Portò una mano nella tasca anteriore del jeans e lo estrasse, mantenendo il volante con una mano sola. Lanciò un'occhiata allo schermo e sbuffò, infastidito. Greta sollevò gli occhi al cielo, capendo perfettamente come sarebbe andata a finire.

<<Scusa>> mormorò lui. Accettò la chiamata e si portò il telefono all'orecchio prima che lei potesse ribattere, lasciandola in sospeso con gli occhi sbarrati.

Rimase a fissarlo in silenzio, con la bocca socchiusa, per poi abbandonarsi a un insulto che somigliava a "faccia di bronzo". Lui finse di non sentirla, limitandosi a mugugnare in risposta al suo interlocutore.

Stizzita, si girò completamente verso il finestrino, dandogli le spalle. Non le piaceva essere ignorata, così come non le piaceva quando, a farlo, era proprio W. Sebbene avesse finito con il darle più risposte di quante lui volesse, c'era ancora tanto che le nascondeva. Lo sentiva, lo capiva dagli improvvisi sbalzi d'umore del ragazzo.

Con lo sguardo perso nel paesaggio campano, fatto di colline bruciate dal gelo e paesi arroccati sugli altipiani più ampi, Greta prese a immaginare come fosse questa sorella, se proprio esisteva. Sicuramente era più grande di Andrea, con gli stessi capelli neri-magari lunghi- e gli occhi azzurri ghiaccio. Minuta, ma leggermente più alta. Timida e silenziosa, ma con lo stesso fuoco che pareva arderle ogni angolo all'interno del corpo.

La periferia di Napoli li accolse dopo qualche minuto, in cui W si era limitato a borbottare frasi sconnesse al suo interlocutore, quasi fosse un linguaggio in codice. Probabilmente lo era, pensò, guardandolo sottecchi.

HOSHIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora