13. Hoshi

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Quando furono all'altezza di Roma, W sentenziò di essere troppo stanco per guidare ancora e, meno di un quarto d'ora dopo, spense l'auto nel parcheggio anonimo di un piccolo ostello.

Greta si trascinò dietro di lui con le mani nelle tasche del cappotto e lo osservò silenziosa mentre parlottava con la receptionist. Doveva avere circa quarant'anni e se lo stava mangiando con gli occhi, senza alcun riguardo. Lui, ovviamente, non dava segno di accorgersene.

<<Potrebbe portarci anche qualcosa da mangiare?>> domandò, in tono gentile. La donna annuì, mentre un pensiero di chissà quale natura le ombreggiava la mente.

La abbandonarono dietro il bancone e si diressero verso l'ascensore, troppo stanchi per conversare. Il viaggio era stato silenzioso, diverso da quelli che l'avevano preceduto. W si era limitato a guidare, per poi accendere la radio verso le nove di sera.

Avevano mangiato un panino a testa, portato da casa, ma erano passate ore e Greta aveva di nuovo fame. Doveva averne anche lui.

Lo scrutò sottecchi, quando le porte dell'ascensore si chiusero. Lasciò scivolare lo sguardo sui capelli che gli si arricciavano all'altezza delle orecchie, sulla linea severa del suo profilo, per poi soffermarsi sulle labbra piene. Provò un pizzico d'invidia per quella bocca così bella e si chiese come sarebbe stato il proprio viso, se fosse stata sua. Strano, probabilmente.

Aveva un neo piccolo e tondo, appena sopra il labbro. Lo aveva notato la prima volta in copisteria, quando lui aveva sollevato il disegno che pareva ritrarlo e lo aveva portato all'altezza del viso. Identici, se non per quel neo.

Raggiunsero il secondo piano e le porte si aprirono nuovamente.

<<Ecco, tieni>> le disse, distogliendola dai propri pensieri. Greta prese le chiavi, sospese tra le dita di W, e gli lanciò un'occhiata interrogativa. Aveva pensato che avrebbero dormito insieme, come la volta precedente, ognuno nel proprio letto singolo.

<<Buonanotte>> aggiunse e, senza nemmeno guardarla, si diresse verso una delle porte e sparì dietro di essa. Lei rimase spiazzata, con gli occhi fissi sul punto in cui un istante prima si trovava lui.

Probabilmente voleva del tempo per sé, pensò, sotterrando la punta di amarezza che era nata in lei, per chissà quale motivo.

Se non altro, stava iniziando a fidarsi di lei, che non sarebbe certamente scappata nel cuore della notte. Avrebbe potuto tradirlo, davanti a Daniele, quando lui si era allontanato per rispondere al cellulare, ma non lo aveva fatto, cosa che per W doveva avere una certa importanza.

Sì, così importante che mi lascia sola, pensò, infilando le chiavi nella toppa con discreto risentimento.

La stanza era semplice e pulita: un letto matrimoniale, con due comodini gemelli, uno per lato, una scrivania immacolata e un armadio di legno. Accanto a esso, una porta, che doveva condurre al bagno.

Si tolse le scarpe, pronta ad abbandonarsi a una lunga doccia, ma bussarono alla porta.

Praticamente sicura che fosse W, cercò di soffocare la delusione davanti alla receptionist. Aveva alle spalle un carrellino di metallo e teneva tra le mani salde un vassoio coperto.

<<Dove posso lasciarlo?>> domandò, con voce tranquilla. Le indicò la scrivania, ringraziò e quella se ne andò, diretta forse nella camera di W.

Consumò velocemente la cena- una fetta di carne, del mais e un pezzo di pane- e si chiuse in bagno. Era un'abitudine che aveva preso fin da bambina, anche quando a casa non c'era nessun altro.

Si spogliò rapida e si infilò sotto la doccia, con il getto d'acqua bollente puntato sulla testa. Immediatamente i muscoli della sua schiena si rilassarono e si concesse di lasciarla aperta anche mentre faceva lo shampoo, per tenersi calda.

HOSHIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora