33. Per Ferire Voi

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questo editor è un inferno e lo odio con tutto il mio cuore

L'ampia finestra che occupava il muro ovest della cucina si affacciava su una pineta rigogliosa e scarsamente illuminata. Se non fosse stato per quelle poche stelle in cielo, Greta non avrebbe avuto modo di vedere oltre la prima fila di alberi.

Erano alti e imponenti, forse un po' inquietanti, quando ondeggiavano lenti seguendo il soffio della brezza marina. La spiaggia non poteva essere troppo lontana, ne sentiva l'odore.

Il vetro le rimandò il proprio riflesso spettrale. Non aveva una bella cera, né ricordava l'ultima volta che l'aveva avuta. Gli zigomi sporgevano dalle gote in modo marcato, le labbra erano pallide e strette in una linea sottile.

Si impose di rilassarsi, di alleggerire la tensione che le avvolgeva i muscoli delle spalle e della schiena, ma il risultato fu deludente. Qualcosa la tratteneva dal farlo, un pensiero fisso che si era concretizzato quando aveva varcato la porta della cucina.

Greta strinse le braccia attorno al proprio corpo, nella triste imitazione di un abbraccio. Avrebbe voluto concentrarsi sul proprio piano per scoprire la verità, cosa le stessero ancora nascondendo, ma nulla di tutto ciò riusciva a distrarla dal pensiero di W, da qualche parte, in quella casa.

Erano rimasti tutti insieme a osservarlo mentre terminava di cenare, come se non fosse altro che un esperimento da laboratorio.

Aveva risposto a monosillabi alle domande di Umbriel e aveva tenuto la mano a Febe per tutto il tempo, portandosi la forchetta alla bocca con l'altra. Non aveva degnato nessun altro di uno sguardo, nemmeno suo padre, che non aveva sollevato una sola volta gli occhi dalla sua testa scompigliata.

<<Hai degli occhi veramente impressionanti>> disse qualcuno alle sue spalle.

Greta sobbalzò, per poi voltarsi di scatto verso chi l'aveva interpellata. Le sue speranze rimasero deluse quando incontrò gli occhi blu di Gemin. <<Cosa?>>.

<<I tuoi occhi>> ripeté l'uomo, cauto.

<<Sono veramente belli>>.

<<Oh grazie. Non sono nulla di ché, in realtà>>.

Gemin scosse la testa, confuso. <<Perché lo dici?>>.

<<Sono marroni. Banali>>. Inevitabilmente, al viso di Gemin si sovrappose quello di W, agli occhi del padre quelli verdi del figlio. Non l'aveva guardata una sola volta, da quando era tornato. Non l'aveva ancora cercata. Forse le dava realmente la colpa per ciò che era successo.

<<Tra gli umani, forse. Tra gli stranieri, non è affatto comune. E poi, sono grandi>>.

<<Sì, lo sono. Grazie>> mormorò, stringendosi nelle spalle in modo impacciato.

Gem si prese qualche istante per osservarla, ma la sua espressione lo tradì: non stava guardando Greta, no. Un fantasma che le somigliava, forse, ma uno piacevole, forse un ricordo. <<Mi dispiace importunarti, ma avevo bisogno di parlarti>>.

<<Certo, di che si tratta?>>.

Indicò il salotto con un dito. <<Vieni, seguimi>>.

Mentre attraversavano la sala, Greta su stupì di trovarla vuota. <<Dove sono tutti?>>.

<<Hanno portato W a vedere Isso>> rispose l'altro, glaciale. Quel repentino cambio d'umore le spezzò il cuore, facendole dimenticare per un attimo di W e di tutti i segreti a cui ancora non aveva accesso.

HOSHIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora