24. Dies Irae

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"Il giorno dell'ira, di incendi mai spenti,
Veggente e Sibilla annunciano, senti,
che ridurrà in cenere il mondo e i viventi."

Abraham Coles.

***

Daniele non si mosse, come impietrito davanti agli occhi della sua migliore amica. Aveva sentito ciò che aveva detto, ma quell'unica parola gli era scivolata addosso, senza permettergli di attaccarsi al suo significato. Il tempo si dilatò per alcuni secondi, finché Greta non lo spinse da parte con più forza di quanto mai l'avrebbe creduta capace.

Saldo tra le sue mani c'era il pugnale di rubidio, simile a una stalattite di ghiaccio, che comunque non servì a molto quando Venus lo scalciò via con un balzo che slanciò Greta a terra sotto il suo peso. L'impattò le svuotò i polmoni, mentre un dolore sordo le assaliva le spalle e la nuca. Si schermò il viso con le mani per impedire che Venus la colpisse con l'ascia, ma quella riuscì comunque a tagliarla di striscio su un avambraccio, seduta a cavalcioni sul suo stomaco.

Gridò, aumentando la pressione sulle braccia della donna perché si allontanasse. Aveva riacquistato le forze in pochi giorni, ma i suoi occhi erano ancora terrificanti, del tutto folli. Il suo viso era così vicino a quello di Greta che poteva contare le sottili vene rosse al loro interno, attorno all'iride scura.

Rideva ferocemente, soddisfatta per come quell'incontro fosse iniziato: Greta era già in svantaggio.

<<Pagherai>> esclamò la donna, sollevando di scatto le braccia insieme all'ascia. Con un movimento rapido, Greta afferrò il pugnale di rubidio, che giaceva abbandonato poco lontano, e, tenendone il manico con entrambe le mani, lo frappose tra il proprio viso e l'ascia.

Un'espressione di terrore si dipinse sul volto di Venus, che all'ultimo secondo evitò l'impatto buttandosi di lato. L'ascia si conficcò nell'asfalto rovinato con un suono stridulo, che ferì le orecchie di Greta. Seppur stordita, ne approfittò per ribaltare la situazione tra loro, allontanandola definitivamente dall'ascia.

Venus si dimenò, scalciando e colpendola, ma Greta la immobilizzò di peso, bloccandole le braccia sotto le proprie ginocchia, puntate a terra. Percepiva le urla e i suoni della battaglia attorno a sé, ma non si distrasse, imponendosi di rimanere concentrata. Il battito del proprio cuore era più forte, insistente, si mescolava al suono del suo respiro affannato. Sollevò il pugnale in alto.

Le parole di Isso le rimbalzavano nella mente come impazzite: Venus è la diretta erede al trono di una galassia poco lontana dalla nostra. Anche se ha rinunciato al potere, il suo nome la protegge da lontano. Uccidila e darai inizio alle tue ultime ore. Cosa poteva fare?

Approfittando di quella esitazione, Venus liberò di scatto un polso da sotto le sue gambe. I suoi occhi sbarrati percorsero rapidi il corpo dell'avversaria, per poi fermarsi sul pugnale. Prima che Greta potesse reagire, con sorriso grottesco, Venus allungò la mano verso di esso: non il manico, la lama sguainata sulla sua testa.

Senza alcuna titubanza, vi strinse attorno il pugno, stringendo al punto che le sue dita divennero bianche. Confusa, Greta gliela strappò di mano, ma questa si ruppe in più frammenti di diverse dimensioni, che ricaddero in una pioggia lucida sul viso di Venus, che non fece nulla per proteggersi da essi. Uno terminò la propria caduta sulla sua guancia, ma, come vi era arrivato, scomparve, frantumandosi in schegge più piccole.

Greta si sentì invadere dal panico, guardando l'unica arma che aveva con sé disintegrarsi sotto i propri occhi spalancati.

Con lei la polvere da sparo diventa cenere, il laser un semplice getto di luce. Qualsiasi arma viene trasformata in un giocattolo nel momento stesso in cui le viene puntata contro.

HOSHIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora