Capitolo 9 - parte 2

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Il mattino seguente trovo Adam in cucina, in boxer bianchi, a fare avanti e indietro con il telefono all'orecchio.
Troppa pelle nuda, troppi muscoli visibili. Non riesco a staccargli gli occhi di dosso!
Ha un'espressione enormemente infastidita e continua a camminare sempre più arrabbiato, passandosi una mano tra i capelli.

Adam:" Ti ho detto che non posso liberarmi... no, hai ragione... Non VOGLIO liberarmi..."

Intuisco immediatamente che sta parlando con suo padre.
Sospira pesantemente, accorgendosi improvvisamente della mia presenza.
Si morde le labbra, come se si sentisse in imbarazzo nell'essersi fatto beccare a litigare con suo padre.
Gli sorrido timidamente e mi dirigo verso il bancone della cucina, per prepararmi un caffè.
Adam mi segue con gli occhi, come se fossero incollati a me.
Afferro la caffettiera e verso il caffè in due tazze.
Adam stringe i denti nell'udire la risposta del padre, ma si costringe a rivolgermi un sorriso per ringraziarmi del caffè.
Sorrido di rimando, per poi sollevare la mia tazza e avvicinarmi a lui.
Gli poggio una mano sul petto, accarezzandoglielo per alleggerire la tensione.
Abbassa lo sguardo su di me e il suo atteggiamento cambia completamente.
Viene attraversato da un'ondata di desiderio, mentre un sorriso gli appare sulle labbra.

Adam:" L'unica cosa che capisco è che stai cercando di interferire con la mia vita... Non sono uno dei tuoi schiavetti! Non sono qui a leccarti il culo."

Mentre ascolto Adam litigare con suo padre, mi rendo conto di non parlare con i miei da mesi.
Il pensiero mi turba per un attimo.
Prima di rompere col mio ragazzo, il rapporto con i miei genitori era semplice.
Mai una parola di troppo, tra noi.
Poi, improvvisamente, tutto è saltato. Sono diventata la ragazza cattiva, anche se non ero io la colpevole della storia.

Adam:" Oh, per Dio, non mettere in mezzo la mamma per farmi sentire in colpa!"

Abbozzo un sorriso contro il suo petto. Suo padre sta tentando davvero il tutto per tutto.
Anche se non sono affari miei, porto la mano al suo fianco per attirare l'attenzione.

Jess:" Forse potremmo..."

Scuote violentemente la testa, accigliandosi.
Sento suo padre dire:

Sig. Peterson:" La tua amica non sembra del tuo stesso avviso..."

Adam grugnisce e si allontana, come se gli bruciassi la pelle.

Adam:" Fino a prova contraria, lei non decide per me!"

Incasso il colpo senza fiatare, mentre lui si lascia andare contro il muro, un braccio al petto.
Volevo solo aiutarlo.
Lo sento estremamente teso e agitato, a causa di questa conversazione con suo padre.
Il problema è chiaramente più profondo di quanto pensassi.
Magari, se andassimo a trovare suo padre assieme, potrebbe aiutarlo ad andare oltre?

Adam:" Ascolta, è domenica.
Sono occupato. Ne riparleremo... un altro giorno... Addio, papà."

Riaggancia e getta il telefono sul bancone della mia cucina.
Volta la testa e inizia a fissare il panorama dalla finestra.
Aspetto un segno che mi faccia capire che è pronto a parlare.
Per ora sembra essere sul punto di esplodere.
Poi si volta e immerge gli occhi nei miei.
È il segnale che aspettavo.
Mi avvicino immediatamente, gli passo una mano sulla nuca e lo attiro contro di me.
Fronte contro fronte, sento il suo respiro caldo sul volto.
Mi sollevo sulla punta dei piedi e gli do un bacio sulle labbra.
Le sue mani mi avvolgono immediatamente i fianchi, facendomi ranicchiare contro di lui. Amo sentirlo, respirarlo, toccarlo.

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