4 - PRENDITI CURA DI ME

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Non avevo dormito niente. Nemmeno un minuto. Avevo alternato ore di pianto isterico a ore di sguardo perso nel vuoto ad altre ore di ricerca matta e disperatissima. Alla fine ne ero uscita con le occhiaie in una mano, un fazzoletto smoccolato nell'altra e tra i denti un fottutissimo giornale di annunci.

Niente. Detroit sembrava la città degli affitti impossibili, quelli che una poveraccia come me non era in grado di permettersi nemmeno con un mutuo.

Sbattei la testa contro il banco. Una volta, due volte e pure una terza.

«Rob, è tutto okay?» La mano di Beth si posò gentilmente sulla mia spalla, sollevai la testa dal banco mantenendoci premuta la guancia e mi limitai ad annuire.

Tutto okay. Tutto dannatamente okay. Tutto fottutamente e schifosamente okay. Chiaro, no?

Eve mi carezzò gentilmente la nuca, scostandomi una ciocca di capelli dal viso. «Sei sicura di stare bene? Hai delle occhiaie da paura e anche gli occhi arrossati.» Sembravano davvero preoccupate per me.

Probabilmente era la prima volta che qualcuno oltre ad Adam si preoccupava così tanto per la sottoscritta. I miei genitori erano sempre stati due figure poco presenti nella mia vita e dopo quello che avevo combinato, lo erano stati ancor meno. Si erano dati alla macchia. In quello erano stati davvero bravi.

«Ho dormito poco.» Facciamo niente. Facciamo zero assoluto.

«È successo qualcosa di brutto durante l'ora di punizione con Mr.Groner?» domandò una delle due.

In automatico cercai con lo sguardo Claiton. Il bastardo sedeva ancora al suo posto e mi stava osservando. Quando i nostri sguardi s'incrociarono, il viso gli divenne paonazzo e subito chinò il capo sulla pila di libri.

Non ebbi nemmeno tempo per disintegrarlo con la mia aura demoniaca. Sospirai. «No, nulla di importante.» La mia testa deletò in automatico l'immagine di Mr.Lattner.

Lui no. Non ci pensare. Non ha alcun senso pensarci.

«Dai, andiamoci a fumare una sigaretta allora... così prendi un po' d'aria.»

Accettai di buon grado il suggerimento di Beth e dopo aver raccolto le mie cose ci defilammo dall'aula raggiungendo il giardino. Fuori il freddo era così tagliente che mi bloccai sul posto tentennando un secondo. Mi accesi la sigaretta dopo essermi sistemata bene la sciarpa e ne aspirai una grossa boccata prima di guardarmi attorno.

Il giardino era per lo più vuoto. Con quelle temperature erano pochi gli studenti che uscivano. Solo qualche fumatore incallito che come noi riusciva a sopportare quel gelo giusto il tempo della propria pausa sigaretta.

«O'Neil.»

Signore, ti prego... fa che sia un incubo. Fa che la mia stanchezza da sonno arretrato mi stia giocando un brutto tiro. Fa che il mio cervello stia solo sentendo voci immaginarie.

Finsi di non sentire. Continuai a fumare.

«O'Neil, ti prego... posso parlarti?» L'espressione da cucciolo abbandonato di Claiton mi apparve a distanza ravvicinata, così tanto che feci un balzo indietro per evitare di ripetere lo stesso errore del giorno prima. Quella mia repentina reazione sembrò ferirlo profondamente, dato che si strizzò le mani guardandosi i piedi. Dondolò sul posto, come un bimbo di tre anni in procinto di chiedere l'ennesimo giocattolo inutile. «Vorrei solo scusarmi.»

«Scuse accettate. Ciao e addio.» Aspirai ancora un'altra boccata e mi spostai seguendo Eve e Beth che come loro solito cercavano di defilarsi per creare la giusta atmosfera tra me e Claiton.

Problema Pericoloso - Scorpion Queen (vol.1) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora