6 - UN'OPPORTUNITA' ALLETTANTE

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«E quindi non gliel'hai detto.»

Ci eravamo appena spostati in un'altra aula. Mi voltai verso Takeru con la guancia appiccicata al banco. Da quando ci eravamo avvicinati si sedeva sempre accanto a me, spodestando Beth che alla fine si era messa vicino a Eve.

«No» biascicai.

«Fingere che non accadrà non è la tattica migliore, sai?»

«Oh, grazie mille per avermelo detto Giappo-genio. Pensavo che non pensare che presto non avrò più una casa... me l'avrebbe fatta comunque avere. Cavolo! Ma come ho fatto a credere che funzionasse come per Nightmare? È soltanto un sogno... nulla è vero... è solo un sogno. Se penso che lui non esiste... non esisterà. Stessa cosa per la casa. Se penso di averla... ce l'avrò ancora, no?»

«Sei stupida, vero?»

Sbuffai sonoramente e allungando una mano lo pizzicai al fianco.

In tutta risposta Takeru mi colpì in testa con l'astuccio. «È solo che... insomma, pensavo che ti saresti confidata con Adam, tutto qui.»

«L'ho detto solo a te, Take. Non ho avuto il coraggio di dirlo a nessun altro.» Ed era vero. Non l'avevo detto nemmeno a Eve e Beth.

Sospirai, afflosciandomi sul banco peggio di un cadavere in decomposizione.

Adam era rimasto da me per quattro giorni. Quattro giorni in cui mi ero impegnata con tutta me stessa a non fargli assolutamente capire che c'era qualcosa che non andava. Ogni buco libero della mia giornata era stato completamente occupato da lui, non che mi dispiacesse, ma alla fine mi ero ritrovata a cercare appartamenti nel cuore della notte, quando ero certa che dormisse.

E indovinate? Zero. Zero assoluto.

Nemmeno una pidocchiosa, lurida e oscena camera in chissà quale ghetto malfamato. Niente di niente.

Alla fine quando Adam se n'era andato mi ero stampata in faccia un sorriso raggiante, una voce festosa e lo avevo salutato con la mano così energicamente che mi ero sembrata la brutta copia di quelle famiglie perfette; quelle che passano nei film di serie B dove i componenti son tutti vestiti di bianco, sorridono e si scambiano le cose chiamandosi "caro".

Non c'ero riuscita. Semplicemente non avevo trovato il coraggio per dirgli che presto avrei perso quell'appartamento e Dio solo sapeva dove sarei andata.

Forse speravo ancora di trovare una soluzione che non prevedesse in un ritorno a casa con la coda tra le gambe o l'agghiaccio di un ponte.

La mano di Takeru mi carezzò la testa. «Nel caso in cui tu non riesca a trovare nulla, se vuoi puoi venire da me. Potrei metterti insieme a Lola.»

Aprii un occhio, fissandolo scoraggiata. «E chi sarebbe Lola?»

«Il mio cane. Oh, ha una cuccia bellissima.»

Cercai di colpirlo, prorompendo in un grugnito degno del peggior cavernicolo ma lui fu più veloce di me e agguantandomi la mano mi bloccò contro il suo petto iniziando a scompigliarmi i capelli con le nocche delle dita. Un male che non vi dico.

«Ahio, Take! Ti ammazzo. Giuro che ti ammazzo, Giappo-minchia che non sei altro!»

Non mollò la presa fin quando non mi afflosciai tra le sue braccia, sconfitta. Allora si mise finalmente a sedere e sistemò le sue cose sul banco. «Dai, su... manca poco, è l'ultima ora. Dopo siamo liberi.»

«Peccato che ora ci sia la mia nemesi.»

«Non ti senti un po' meglio dopo la rimescolata di cervello che ti ho dato?»

Problema Pericoloso - Scorpion Queen (vol.1) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora