36 - LA DEBOLEZZA CHE MOSTRI SOLO A ME

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Quando la sera prima eravamo rientrati, Lattner non aveva aperto bocca. Nel vero senso della parola.

Mi aveva lasciato gocciolante in salotto e si era chiuso in camera sua.

Ero rimasta un po' a domandarmi se fosse il caso di bussargli alla porta e chiedere un confronto poi avevo ripiegato per una doccia calda e infine ero andata a letto.

Non avevo dormito. Ma questo era quasi scontato. Mi ero rigirata nel letto come su una graticola e verso le sette di mattina ero uscita dalla camera già vestita da Robert di tutto punto, pronta per scappare al Missan senza nemmeno passare dal via, o meglio, senza nemmeno incontrare Lattner.

Ma come ben saprete, i miei piani non vanno mai come dovrebbero.

Infatti, non appena misi piede in salotto lo vidi seduto al tavolo, le mani che circondavano una tazza e lo sguardo perso nel suo contenuto.

Non si accorse nemmeno che ero lì, almeno non fin quando non mi schiarii la voce con un colpo di tosse.

«Oh, sei tu» borbottò, sorseggiando il caffè. Aveva un'aria strana, incredibilmente pallido, madido di sudore e con gli occhi rossi con scuri segni di occhiaie. Forse eravamo in due a non aver dormito. «Hai detto che te ne vai a fine settimana, vero?»

«Già» risposi solamente, accusando quella domanda come una coltellata.

Lui si limitò ad annuire e allontanò la tazza da sé. «Bé, dovrò muovermi a mettere in giro un nuovo annuncio.» Fece una pausa, sollevando un po' gli occhi per incontrare i miei. Riusciva a intimidirmi senza occhiali. Dopo la caduta dal tetto glieli avevano recuperati ma in condizioni decisamente pietose. Tra lenti e montatura non c'era nulla da fare. Erano da ricomprare. Intanto usava le lenti a contatto. «Sai già dove andrai?» chiese, sommessamente.

No. Non lo so.

Forse sotto un ponte?

Mi passai una mano dietro la nuca e dissi la prima cosa che mi venne in mente, forse la peggiore da dire: «Nate mi ha offerto un posto. Abita da solo.»

Ci fu un lungo silenzio poi Lattner scoppiò a ridere. Una risata scortese e che non gli apparteneva. Mi fulminò con lo sguardo e abbozzò un sorriso tagliente. «Nate! Vai a casa di Nate!» Rise ancora. Si ravviò i capelli, con un moto di stizza.

Ecco, Dottor Jekyll e Mr.Hyde.

Un attimo fa era un cucciolo abbandonato e ora sembra incazzato.

«Già. E – e allora?» Non avevo ancora deciso niente in realtà. Anzi, era una opzione che non avevo nemmeno preso in considerazione. Però era la prima cosa che mi era venuta in mente da dire.

«E allora, mi chiedi? Ma quanto si può essere stupidi? Vai in casa di un uomo che ti ha palesemente fatto capire che vuole scoparti... non credi pretenderà di più del tuo semplice bel visino?» Sembrava seccato, quasi infastidito.

Bel visino? Ma chi, io?

Strabuzzai gli occhi e lo fissai mentre si alzava da tavola. Sul volto gli passò veloce un'espressione strana prima che barcollasse leggermente, costretto a tenersi alla sedia.

«Thomas... » Avanzai di qualche passo, preoccupata.

«Sto bene» berciò, girandosi di scatto, a darmi la schiena. «È stato solo...solo-» Le gambe gli cedettero e si trovò in ginocchio, con la mano sana che stringeva il divano.

Gli corsi incontro in un attimo, abbassandomi su di lui con preoccupazione. Non appena lo toccai trasalii di colpo, il corpo bruciava peggio di un camino ardente. Subito gli posai una mano sulla fronte. «Ma tu scotti... scotti da paura.»

Problema Pericoloso - Scorpion Queen (vol.1) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora