30 - IL PATTO

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«E quindi è stato un fine settimana intenso» alluse Takeru, dandomi un paio di gomitate con fare ammiccante e prendendosi una sberla in tutta risposta.

«Diciamo che... è stato interessante.» Richiusi con un tonfo l'armadietto.

In testa continuavano ad alternarsi i momenti con Lattner a quelli con Nate.

Il parco divertimenti era stato una boccata d'aria fresca e avevo potuto staccare la spina da molte cose. Mi ero divertita un sacco e per una manciata di ore ero tornata bambina.

Nate si era comportato da vero signore e aveva ottenuto un totale di quattro baci che come prima uscita erano un risultato niente male.

Però, perché c'era un però, per quanto Nate fosse dolce e gentile, per quanto mi sforzassi a farla funzionare, non riuscivo a veder niente al di là di questo interesse iniziale e acerbo. Insomma, non mi ci riuscivo a immaginare insieme.

Ed era frustrante.

E dire che avevo avuto modo di parlarci a lungo, di conoscerlo meglio, di scoprire lati di lui che mai avrei immaginato (colleziona francobolli... sì, francobolli, avete capito bene. Se mio nonno fosse vivo farebbero a scambio tipo figurine.) e sicuramente c'era qualcosa di lui che trovavo interessante. Eppure... eppure nonostante tutto non mi era scattata quella scintilla capace di farmi perdere la testa e il solo pensiero che in qualche modo potesse essere il motociclista mi gettava in un enorme conflitto interiore senza vie d'uscita.

Perché a te interessa il motociclista, non Nate.

Mi premetti i pugni sulle tempie grugnendo per la frustrazione.

Cavolo, avevo fatto un vero casino. Baciarlo non era stata l'idea migliore.

Forse avrei fatto meglio ad aspettare.

Sospirai.

Sì, certo... aspettare di vedere se sotto gli occhialoni del motociclista trovavi la sua faccia.

Imprecai sonoramente, sollevando un pugno in aria e minacciando a vuoto la mia coscienza crudele.

«Stai bene, vero?» domandò Takeru, fissandomi con un sopracciglio alzato, quasi si aspettasse che da un momento all'altro comparissero un gruppetto di strizzacervelli pronti a portarmi via con il camice di forza.

«Sì, sì... sto bene.»

Circa. Più o meno. Quasi.

In realtà l'uscita con Nate mi era davvero servita. Anche se odiavo ammetterlo mi ero accorta che la sua compagnia non era abbastanza, non riusciva comunque a occupare tutti i miei pensieri.

Era come se in sua compagnia i miei spazi vuoti finissero per restarlo.

Stare con lui era bello, piacevole e tutto il resto ma in quel parco divertimenti, ogni gioco su cui ero salita, mi aveva fatto pensare a quanto mi sarei divertita il doppio nel farlo insieme a Lattner.

E questo era un grosso, grosso problema.

Perché me l'ero promesso. Lo avevo giurato a me stessa.

Non appena avevo realizzato che sarei andata a vivere con il più bel professore del Missan, nonché il più bel giovane uomo mai visto prima d'ora mi ero giurata che mai e poi mai mi sarei innamorata di Lattner.

E le motivazioni erano così tante da poterci riempire un intero block notes: ci abitavo insieme fingendo di essere un ragazzo, era il mio professore e un coinvolgimento gli avrebbe potuto far perdere il posto di lavoro, aveva una ex ragazza intenzionata a riprenderselo e un passato abbastanza schifoso da aver bisogno di uno psicanalista... e io, credetemi, ne avevo già abbastanza dei miei di problemi.

Problema Pericoloso - Scorpion Queen (vol.1) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora