45 - LA CHIAMATA

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Quella mattina ero felice.

Stranamente felice.

Avevo dormito bene, mi ero svegliata rilassata e quando avevo messo giù i piedi dal letto non avevo imprecato.

Era un gran passo avanti per me. Davvero un gran passo avanti.

Io e Lattner avevamo fatto colazione insieme e poi Märten se l'era portato via per la consueta corsa mattutina che questa volta avevano posticipato di qualche ora visto che era domenica.

Mi sembrava di aver finalmente guadagnato il mio posto nel mondo, la mia fetta di paradiso. E forse, complice anche il fatto che il giorno prima mi ero confidata con Lattner, ora mi sentivo meno appesantita dai demoni del passato.

Un nuovo inizio, sì. Forse anche una come me poteva averlo.

Devo solo impegnarmi.

Quando la sera prima avevamo fatto insieme l'albero di Natale mi ero scoperta a pensare a quel posto come casa mia; non più solo casa di Lattner, ma anche mia. E questo pensiero era riuscito a farmi sentire bene, scaldarmi il cuore.

Erano anni che non respiravo più questa atmosfera di famiglia e dovevo ammettere che mi era mancata.

Mi era mancato quel senso di protezione, di sicurezza, di relax che a volte solo una famiglia sa dare.

Mi erano mancate quelle cose fatte insieme, quei momenti che si chiudevano a bolla con solo noi dentro, quel senso di adeguatezza e appartenenza.

E lui mi aveva dato tutto, tutto questo. E io non potevo far altro che sentirmi a posto, nel giusto posto e a posto con me stessa.

Era strano, insolito.

Un'abitudine che avevo ormai dimenticato. Un'abitudine che forse non avevo mai avuto.

«Dannazione! Devo ancora fargli il regalo» biascicai a voce alta, dirigendomi verso il bagno evitando l'ennesimo agguato di Muffin.

Mi sarei fatta un bagno rilassante - sperando che nessun altro ragno venisse a farmi visita - e poi sarei andata prima a fare le ultime compere natalizie e subito dopo da Takeru.

Dovevano averlo già dimesso, mi aveva mandato un messaggio a tarda serata. Non vedevo l'ora di vederlo. Mancava davvero poco a Natale e volevo dargli il suo regalo in anticipo. Un po' per tutto quello che era successo, un po' perché volevo vedere la sua faccia felice nel momento in cui lo avrebbe scartato.

Proprio mentre stavo per togliermi i vestiti il telefono vibrò sul lavello e partì la suoneria di Buffy l'ammazzavampiri. Sì, lo so... è super figa. «Ah, dannazione!» Lo afferrai giusto in tempo per veder sulla videata il nome di Takeru con una foto che gli avevo fatto di recente.

Era uno scatto rubato e lui come sempre sembrava scocciato, mostrava un bel dito medio all'obiettivo eppure sorrideva.

Dopo quello che era successo ieri, mi ero promessa che mai nessuno avrebbe spento quel sorriso.

«Ehi, giappo-minchia del mio cuore! Allora? Non sei ancora morto, eh?»

«Non ancora, Scorpion Queen. Non ancora... ma c'è sempre tempo» parlò la voce di Sullivan, trapassando la cornetta come una freccia.

Mi ghiacciai sul posto e improvvisamente tutta l'allegria di quella mattina svanì di colpo, sostituita da uno sconcerto che divorò il mio sorriso e la mia espressione serena.

Sgranai gli occhi e l'aria mi uscì dai polmoni in un rantolo. Il sangue si gelò nelle vene.

Il cellulare mi scivolò dalla presa cadendo nel lavello, lo recuperai di fretta, portandolo all'orecchio con la mano che non smetteva di tremare.

Problema Pericoloso - Scorpion Queen (vol.1) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora