Le mani continuavano a tremare. Non riuscivo a smettere di farle tremare.
Dannazione!
«Cazzo!» imprecai. «Cazzo, cazzo, cazzo!» A ogni parolaccia, un colpo al lavello.
«Ehi, ehi, ehi... calma, O'Neil! Calma!» Nate mi bloccò le mani ma i fremiti non cessarono.
Eravamo al Joily. Ero alla fine del turno. Ed ero ancora con il pensiero alla sala docenti, incatenata alle parole della Wood, incastrata in quell'incubo, aggrappata e sottomessa da quella minaccia dal tono così delicato e crudele. Era una tortura.
«Che succede, O'Neil? Hai uno sguardo stralunato... stai bene?» Troppe domande. Troppe domande a cui non potevo rispondere. O forse a Nate sì. Afferrandomi per un polso mi trascinò verso delle sedie. La cucina si era svuotata ed ero rimasta solo io a finire di lavare alcune posate.
Mi presi la testa tra le mani, abbandonandomi su quella sedia quasi di botto. «Io divento matta. Matta. Matta da legare.»
«O'Neil... ti – ti prego. Mi stai facendo preoccupare.»
«Ho bisogno di una sigaretta. Anzi, no... due, tre, quattro sigarette. Devo fumare, cazzo!» Mi alzai di scatto sparendo nello spogliatoio e spuntando un attimo dopo con il pacchetto tra le mani.
Nate mi seguì silenziosamente nel vicolo e mi fissò mentre accendevo a fatica la sigaretta con le mani ancora tremanti.
Tremavo da tutto il giorno. Tutto quanto.
«Io la ammazzo. La distruggo.» Aspirai. «La sotterro viva quella troia.» Ero fuori di me.
«Ma... chi?» osò chiedere lui.
E così, come un fiume in piena, gli raccontai tutto. Ogni cosa.
O meglio, ogni cosa che mi era capitata con la Wood. Dal primo incontro, al modo in cui l'avevo sbattuta fuori casa dopo la sua scenata, all'ultima cosa successa quel giorno, la minaccia.
Nate restò un attimo in silenzio e poi si lasciò sfuggire un lungo sospiro, carico di angoscia. «È una situazione parecchio difficile a quanto pare.»
«Già» biascicai, aspirando ancora. Era un'altra sigaretta. Quella di prima l'avevo finita nel mentre del racconto e a lei ne erano seguite altre tre. Quella era la quarta.
Lo avevo detto io che avevo bisogno di diverse sigarette.
«Hai detto una settimana e poi spiffera tutto, vero?»
«Già... già. Ma io l'ammazzo prima. La ammazzo e do fuoco al cadavere, così capisce con chi cazzo ha a che fare quella merda secca dalle gambe lunghe e le tette rifatte. Capisce che ha dato fastidio alla persona sbagliata.»
Ero un po' come gli scorpioni, io. Finchè mi lasciavi stare restavo tranquilla a farmi i cazzi miei ma poi, se mi vi venivi a dare fastidio, sapevo anche pungere. E quando pungevo, non lasciavo scampo.
Nate mi posò una mano sulla testa e cercò di farmi un sorriso gentile. In realtà nel suo sguardo leggevo compassione. E io odiavo quando la gente mi guardava in quel modo. «Non dire così, O'Neil. Immagino tu non sia quel genere di persona.»
Ma che ne sai tu, di che genere di persona sono io.
Sono così sbagliata, fallita, che nessuno si aspetterebbe niente di meno da una come me.
L'unico motivo che mi frenava dal fare qualcosa, aveva due acquemarine al posto degli occhi e un sorriso capace di spaccare le pietre.
Dannato Lattner. Sei una pigna in culo anche in queste situazioni.
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Problema Pericoloso - Scorpion Queen (vol.1)
RomanceRobin O'Neil ha fatto molti errori nella sua vita. È caduta, si è rialzata e ha imparato cosa vuol dire pagare a proprie spese gli sbagli commessi. Ripudiata dalla famiglia e allontanata da casa è stata spedita dai genitori al Missan College: uno de...