26 - HO UN FAVORE DA CHIEDERTI

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Le tende si aprirono di scatto e un accecante fascio di luce mi colpì dritta in faccia come un raggio divino o se preferite una spada laser conficcata negli occhi.

«Buongiorno» gridò la voce allegra di Lattner, mentre apriva le finestre per farmi morire assiderata.

Lanciai un'imprecazione particolarmente colorita, schizzando a sedere sul letto con la coperta stretta al petto a coprirmi il seno. Non avevo la fascia contenitiva. «Che cazzo fai, eh?» gli abbaiai addosso, fissandolo con il peggior sguardo sanguinario.

Mai, mai e dico mai svegliarmi con così tanta vitalità. Lo dico per voi.

Lattner rise. «È ora di alzarsi, forza... ho preparato la colazione.»

Roteai gli occhi verso il cielo masticando a denti stretti una decina di imprecazioni una peggio dell'altra e parlai con un tono di voce a metà tra un ringhio animale e la voce della bambina di the ring: «È sabato mattina, dannazione! Perché non te ne vai... chessò... a costruire castelli di sabbia nel mezzo di un'autostrada e mi lasci dormire?»

Il mio tono aggressivo non sembrò minimamente scalfire il suo sorriso. «Ehi, ehi, ehi... cos'è questa rabbia mattutina? Ho forse sbagliato modo di svegliarti?» Certo, se non mi avesse aperto le tende facendo entrare il sole o aperto le finestre facendo entrare il freddo e magari avesse evitato di urlare... forse, e dico forse, non mi sarei svegliata con istinti omicidi. Lo fissai assottigliando lo sguardo e lui rise. «Forse ti serve un altro tipo di approccio...» Fece un passo verso di me ma lo stoppai alzando la mano tipo vigile del traffico. Mi mancava solo un fischietto e una paletta, che sicuramente avrei usato come arma per picchiarlo a sangue.

«Se ti avvicini... ti ammazzo.» L'altra mano era saldamente stretta attorno alla coperta con cui cercavo di camuffare il seno.

«Addirittura?» Ghignò.

Merda. Merda. Merda.

Ma perché sei così stupido, Lattner?

«Non pensavo fossi così timido, Robert» Alzò le mani, muovendo le dita come se pregustasse qualche crudele penitenza a cui sottopormi. Sul viso gli si dipinse uno dei suoi sorrisi sadici e che non preannunciano mai nulla di buono.

«Tho – Thomas... io ti avviso... se ti avvicini... ti do un pugno che te lo ricordi a vita.»

Ghignò ancora. Quando faceva così mi si rizzavano i capelli perché sapevo che nel suo piccolo cervellino si accendeva la vena sadica e dispettosa che a malapena teneva ordinariamente a freno. «Dici davvero, Robert?»

Si gettò sul letto e feci appena in tempo a girarmi, schiacciandomi contro il materasso per evitare che mi vedesse il seno. Lo sentii aderire al mio corpo, tirando la coperta per potermi avere meglio alla sua mercé. «Ti ammazzo, Thomas. Ti ammazzo. Giuro che ti ammazzo» continuavo a gridare, scalciando come una cavalla imbizzarrita.

«Mi spiace mio caro coinquilino... mi hai trattato così malamente che ora meriti una punizione esemplare.»

«Esemplare?» gracchiai.

Sentii le sue mani scivolarmi addosso, ovunque. Toccando ogni parte del mio corpo coperto, alla ricerca di un buon punto per farmi il solletico. Restavo tenacemente schiacciata contro il materasso ma il suo corpo premuto addosso mi stava mandando in iperventilazione. Più cercavo di coprirmi più tirava la coperta.

Era una lotta frenetica e il fiatone che avevo non sapevo se era più per contrastarlo o più per non cedere alle lusinghe di quel tocco che mi stava facendo girare la testa. Mi sembrava che tutto girasse, peggio di una giostra, peggio di un girotondo fatto a tutta velocità.

Problema Pericoloso - Scorpion Queen (vol.1) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora