Dopo l'incontro con Lattner, non avevo fatto altro che pensare alle sue parole. Erano rimaste a lampeggiare nel centro dei miei pensieri senza darmi un secondo di tregua.
Quando ero tornata, se n'erano accorti tutti che ero improvvisamente finita su un altro universo. Assente, reticente, dalle risposte secche e scorbutiche e, sempre, con le mani sulle gambe a coprirmi le cosce troppo scoperte.
Dannazione! Gli era bastato un banale rimprovero per farmi rendere conto di quanto fosse volgare quell'abito. O comunque troppo succinto e scoprente.
Non era la presenza di Claiton ad avermi stravolto i piani ma quelle stupide parole che ronzavano rumorose sopra tutto il resto. Perfino sopra la musica assordante.
Ti preferivo con i capelli lunghi.
Ma che diavolo voleva dire? Che mi aveva già notato a scuola? Che sapeva bene chi ero? Che aveva dei sospetti? Merda. Che casino.
Ero tornata a casa nei panni di Robert a un orario ragionevole e mi ero chiusa in camera gettandomi sul letto ancora vestita. Mi ero giusto tolta gli enormi occhiali da nerd e il cappellino con la visiera.
Non ero riuscita a prendere sonno per parecchio tempo, continuandomi a rigirare tra le lenzuola come un pesce gettato sulla terra ferma.
Più pensavo al nostro incontro, al nostro litigio e a quell'ultima considerazione che aveva fatto sul mio aspetto; più sentivo il mal di testa montare tra le pareti del mio ristretto e inutilizzato cervellino.
Non riuscivo a ragionare. Non riuscivo a dare un senso a nulla di ciò che era successo.
Quando il giorno seguente mi ero svegliata a tarda mattinata, vestita ancora come la sera prima, non fui sorpresa nel trovare Lattner in cucina indaffarato con la colazione.
«Ho preparato un mucchio di roba» disse, senza nemmeno voltarsi a guardarmi.
Ed era un bene viste le mie pietose condizioni. «Non c'era bisogno Latt... Thomas.» Toccai d'istinto la visiera del cappellino e sospirai.
Non ce l'avrei mai fatta a restare divisa tra Robin e Robert, tra Mr.Lattner e Thomas. Ogni volta che lo dovevo chiamare, puntualmente, mi si attorcigliava la lingua e fatalità usciva fuori sempre il nome sbagliato. Proprio come la sera prima, quando lo avevo chiamato Thomas e non Mr.Lattner.
«Allora? Come ti è andata la serata?» domandò, voltandosi con due tazze ricolme di caffè. Raggiunse il tavolo della sala, posandole una di fronte all'altra. Mi accorsi solo in quel frangente che aveva preparato davvero una moltitudine di cibo. Tra cui le mie amate uova strapazzate con tanto di bacon abbrustolito, una delle mie portate preferite da mangiare a colazione. A New York era solito prepararmele Adam.
«Noiosa. Niente di che. Siamo andati in un locale qua vicino ma siamo tornati poco dopo. Era così vuoto da mettere tristezza.» Non potevo certo dirgli che ero stata al Count dove c'era stato anche lui, altrimenti avrei dovuto dare molte altre spiegazioni. E avevo troppo mal di testa anche solo per pensarlo. «E tu?»
Si mise a sedere e sorseggiò il caffè bollente. «Io, Märten e altri due amici abbiamo fatto un salto al Count... un locale nuovo che hanno aperto ieri sera.»
«Bello?»
Perché diavolo stavo cercando di cavargli informazioni? Avrei dovuto chiudere quel discorso in un attimo e invece no, ero lì a ficcare il naso.
Forse speravo parlasse di me? Del nostro incontro-scontro? Oddio, assurdo. Non potevo essermi rincitrullita fino a questo punto.
Fece una smorfia e scrollò le spalle. «Nulla di speciale. E poi... gestito malissimo. Avevano fatto entrare troppa gente per quanta ne potesse contenere il locale. Senza contare le luci, diamine! Non c'era una cazzo di luce in quel posto. Si camminava alla cieca.»
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Problema Pericoloso - Scorpion Queen (vol.1)
RomanceRobin O'Neil ha fatto molti errori nella sua vita. È caduta, si è rialzata e ha imparato cosa vuol dire pagare a proprie spese gli sbagli commessi. Ripudiata dalla famiglia e allontanata da casa è stata spedita dai genitori al Missan College: uno de...