La casa di Takeru era... normale. Non aveva nulla di giapponese. Era una semplice casa moderna che si diramava su due piani.
Quando entrai ci togliemmo le scarpe e lui mi porse delle pantofole rosa che probabilmente erano di una delle sue sorelle. Sorprendentemente erano del mio numero.
«Sai, pensavo che... non so, fosse diversa.» Le pareti erano di un bianco candido, il pavimento era in laccato grigio. Il mobilio aveva un design particolare che mi sembrava molto attuale. Sfumava tutto dai toni del bianco, al grigio e il nero. Non aveva nulla che rimandasse alle sue origini giapponesi e questo un po' mi deluse. «Sì, diversa» ripetei, sovrappensiero.
«Ti prego, non dirmi che pensavi di trovare pavimenti in tatami, shoji e fusuma come divisori delle stanze... il kotatsu al posto del tavolo normale e magari vedermi dormire su uno scomodo futon.» Si appoggiò a braccia incrociate contro il tavolino in vetro lungo il corridoio d'entrata e mi guardò con aria divertita, cercando di mascherare il sorrisetto sornione.
Totalmente colta in fallo. Come un bambino con le mani affondate nella nutella. «Hai appena infranto i sogni di una piccola otaku» borbottai goffamente sentendomi così stupida da non riuscirlo a guardare in faccia.
Bene, Rob. È l'occasione buona per ucciderlo e nascondere il suo cadavere. Così non potrà dire in giro questa piccola e imbarazzante parte di te.
«A che diavolo stai pensando con quell'espressione? Se sorridi così mi inquieti.»
Ritornai in me abbandonando i miei pensieri da serial killer e mi guardai nuovamente attorno. «Non c'è nemmeno un... che so... Buddha infilato da qualche parte?»
Rise. «No, spiacente. Se vuoi però mio padre nel suo studio ha una vasta collezione di katane.» Si divertiva a rigirare il coltello nella piaga. Terribilmente crudele.
Mi coprii la faccia con le mani accusando tutta l'umiliazione della gaffe. «Dai, smetti. Sei cattivo!» frignai sentendo le guance scottarmi contro i palmi.
Lo sentii ridere e poi mi diede un buffetto in testa. «Su, vieni. Da questa parte.» Mi indicò le scale e lo vidi arrossire mentre le imboccava prima di me. «Sei la prima ragazza che porto in camera mia.»
«E non otterrai nemmeno del sesso gratis... che disfatta, eh?» lo punzecchiai.
Si voltò di scatto e mancò poco che scivolasse giù dalle scale. «Ma ti sembrano cose da dire? Stupida!» Si passò una mano nel ciuffo e andò ad aprire una delle innumerevoli porte del secondo piano, lasciandola aperta e facendomi segno d'entrare.
Quando lo sorpassai aveva ancora le guance rosse e mi parve trattener il respiro.
«Permesso» dissi, facendomi strada conscia che fossimo soli.
La camera di Takeru era tutta sui toni viola, che avevo scoperto essere il suo colore preferito. Aveva poster di cantanti appesi ai muri, una chitarra viola elettrico in un angolo e una tastiera musicale sul suo supporto con tanto di sgabello. La tastiera sembrava aver un posto d'onore all'interno della stanza, visto che era posizionata in bella vista, occupando gran parte dello spazio.
Rimasi sorpresa da tutta quella mole di cd, vinili, e altrettanti oggetti legati al campo della musica ma cosa che più mi sorprese fu la presenza di una quantità infinita di microfoni professionali, con tanto di filtri per rendere i suoni più limpidi. Mi continuai a guardare attorno come se mi avessero appena spinto in una porta spazio-tempo e fossi appena stata catapultata in qualche dimensione parallela. In realtà, non ci vedevo nulla di strano nel coltivare una simile passione, anzi, mi affascinava parecchio. «Ti piace cantare?» riuscii finalmente a chiedere staccando lo sguardo da tutti gli strumenti sparsi per la stanza.
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Problema Pericoloso - Scorpion Queen (vol.1)
RomanceRobin O'Neil ha fatto molti errori nella sua vita. È caduta, si è rialzata e ha imparato cosa vuol dire pagare a proprie spese gli sbagli commessi. Ripudiata dalla famiglia e allontanata da casa è stata spedita dai genitori al Missan College: uno de...