19 - IMPREVISTI

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Il Count era un locale come tanti altri. Musica assordante sparata ai massimi livelli, un buio fitto interrotto solo dagli sprazzi delle luci psichedeliche e un'ingente quantità di persone che si accalcavano sulle piste ballando strette come sardine.

Per fortuna, Eve aveva prenotato un privè che consisteva semplicemente in una stanzetta adiacente a una delle piste, separata solo da una misera tenda nera che nemmeno attutiva il rumore.

Niente che a New York non avessi già visto e rivisto.

All'arrivo per farmi strada verso i bagni e cambiarmi abiti ero dovuta passare nella calca un po' alla cieca. Come se mi avessero appena calato in testa una benda da tant'era buio. Solo quando ero sbucata nel corridoio e avevo proseguito fino a destinazione ero riuscita finalmente a distinguere le forme delle persone che avevo attorno e tirare un sospiro di sollievo.

Ho sempre avuto qualche problema con gli spazi stretti e bui.

Ad ogni modo, eravamo arrivati già da dieci minuti e già stavamo prendendo in considerazione di non mettere più piede in quel posto.

Sembravo una di quelle vecchie inacidite col mondo, pronta a smontare tutto con la propria insoddisfazione.

«Lo immaginavo diverso» pigolò Eve, scuotendo la massa di capelli e sbattendo gli occhioni verso Takeru che per poco non si strozzò con la sua stessa saliva. A quanto pare, il fascino della giovane ingenua non lasciava indifferente nemmeno un tipo quadrato e composto come lui.

«Forse avremmo dovuto aspettarcelo che sarebbe stato così pieno... in fondo ha aperto stasera.» Beth non aveva tutti i torti. Andare in un locale nuovo e sperare di non trovare la ressa era un po' come la mera speranza di andare ai saldi con i negozi vuoti, tutte le taglie disponibili e le commesse a tua completa disposizione. Una utopia insomma.

«Non è male alla fine, però per andare ai bagni devi attraversare la pista e con quella confusione è un'impresa epica. Per non parlare del fatto che non c'è un barlume di luce nemmeno a pagarla. Se pensano che bastino quei quattro laser che saettano verso il soffitto ogni tanto, si sbagliano di grosso.» Sì, ero noiosa a riguardo. La mia parte paranoica aveva sempre un po' bisogno di tener sotto controllo tutto ciò che mi circondava. Il fatto di non vederci un accidente riusciva a mettermi una certa ansia.

E poi, non sono mai stata un'estimatrice della perdita di controllo. Perdere il controllo di me stessa mi rendeva insicura, sia che fosse con alcol e droghe, sia che fosse per via del buio.

Takeru si lasciò cadere nel posto vuoto accanto al mio, per la serata si era vestito piuttosto bene tanto che le ragazze glielo avevano subito fatto notare. Con suo imbarazzatissimo piacere. «Questa musica così alta mi farà venire mal di testa in tempo zero.»

Sorrisi. Avevo il suo stesso problema. «Ma di che ti lamenti? Sei nel privè super insonorizzato» ironizzai.

Rise. «Hai ragione, come ho potuto non accorgermi dell'enorme differenza da là fuori?»

Almeno non eravamo stretti l'uno all'altro senza quasi la possibilità di muoverci. Chi era claustrofobico sarebbe andato a nozze con quella calca.

Eve si picchiettò le dita sul minuscolo orologio che aveva al polso e fissò la tenda nera che ci separava alla bell'e meglio dal resto del locale. «Sono in ritardo» sbottò infine, girandosi verso Beth e battendo impaziente il piede in terra, come una bambina.

«Chi stiamo aspettando?»

La mia domanda sembrò pungerle sul vivo. Si voltarono entrambe con una strana espressione dipinta in volto e subito compresi che presto mi avrebbero detto qualcosa che non avrei affatto apprezzato. «Ecco, Rob... avevo detto che avrei invitato dei ragazzi, no?»

Problema Pericoloso - Scorpion Queen (vol.1) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora