Era stato un pomeriggio devastante su tantissimi fronti.
Takeru era venuto come promesso ad aiutarmi a imballare le cose. Non ci avevamo messo molto in realtà. La mia vita era entrata comodamente in otto scatoloni. Sembrava tutta stretta lì, niente di più niente di meno.
Quell'appartamento sembrava un po' come me: spoglio, con i sentimenti imballati e pronti per essere spostati altrove.
Però un oggetto ci aveva portato via molto tempo. Eravamo rimasti a guardarlo per ore e alla fine, avevo raccontato a Takeru ogni cosa del mio passato. Da quando ero piccola a quando ero entrata nella banda degli Scorpion e ne ero diventata capo e infine, a come la mia vita da teppista era andata a rotoli.
E soprattutto, il motivo per cui ero lì al Missan College.
Takeru era rimasto in silenzio tutto il tempo. Aveva ascoltato senza fermarmi e poi mi aveva abbracciato. Aveva fatto qualcosa che prima d'ora nessuno aveva mai fatto: dirmi che era tutto okay, che potevo abbassare la guardia, che non era colpa mia... non tutta per lo meno.
E così, per la prima volta dopo anni, mi ero concessa il lusso di piangere su qualcuno.
Non mi ero lavata via quella macchia, no di certo... però una piccola parte di me aveva trovato pace. Una pace che aspettavo da tanti anni e che mi era sempre sembrata un lontanissimo miraggio.
Quando ci eravamo separati, a sera inoltrata, mi ero sentita inspiegabilmente bene. Leggera.
Avevo dormito per la prima volta senza fare incubi e seppur piccola, per me era stata una grande vittoria.
Era il primo a cui ne parlavo oltre la mia famiglia. Il primo a cui avevo raccontato la mia versione dei fatti. Una versione a cui non aveva creduto nemmeno la polizia.
E invece Takeru lo aveva fatto. Lui mi aveva creduto e mi aveva perfino dato parole di conforto.
Ero fortunata ad averlo incontrato sul mio cammino. Per una volta tanto, le risse mi avevano dato indietro qualcosa che non fosse solo uno squarcio nell'anima e lividi sul corpo.
Fu la suoneria del cellulare a riportarmi con i piedi per terra. Lanciai un urlo epico che fece sobbalzare una vecchia signora che mi camminava a fianco e d'impulso mi spostai lateralmente come se cercassi di schivare un colpo invisibile. E questo già dovrebbe farvi capire il mio livello di tranquillità.
Quando il mio cervello tornò a galleggiare al suo posto, afferrai con mani tremanti il diabolico aggeggio e risposi: «Pro - pronto?» Avevo ancora le palpitazioni.
«Rob? Tutto okay?» la voce di Takeru mi raggiunse dall'altra parte della cornetta preoccupata come al solito.
«Sì, sì... ero sovrappensiero e la suoneria mi ha fatto prendere un colpo.»
Rise. «È tutt'oggi che sei tesa come una corda di violino. A scuola non facevi altro che controllare istericamente l'ora.»
E ci credo... oggi, anzi, ora... ho appuntamento con Lattner.
Abbassai lo sguardo e fissai il gigantesco borsone che ancora non avevo mollato. Stringevo le maniglie così forte che mi avevano lasciato un solco nel palmo. Dire che ero agitata era un eufemismo, dire che mi stavo cagando addosso invece era poco principesco... eppure, descriveva perfettamente la mia condizione attuale.
«Sono nervosa. Così nervosa che potrei fumarmi un'intera stecca di sigarette.»
«Stai fumando?»
«No... ma ti pare?» La sigaretta mi penzolò dalle labbra, aspirai una boccata e fissai il cielo limpido. «Non sono affatto alla mia decima sigaretta di fila, proprio no.»
STAI LEGGENDO
Problema Pericoloso - Scorpion Queen (vol.1)
Lãng mạnRobin O'Neil ha fatto molti errori nella sua vita. È caduta, si è rialzata e ha imparato cosa vuol dire pagare a proprie spese gli sbagli commessi. Ripudiata dalla famiglia e allontanata da casa è stata spedita dai genitori al Missan College: uno de...