35 - QUANTI DANNI FANNO LE TEMPESTE

4.8K 395 241
                                    

Era la prima volta che lo vedevo senza la sua moto, in piedi.

Era più alto di me, slanciato. Le spalle larghe e il fisico asciutto ma ben delineato. Aveva i vestiti impregnati di acqua, attaccati così tanto al corpo da sembrare una seconda pelle, una guaina. La maglietta bianca era quasi diventata trasparente, lasciando vedere più di ciò che forse avrebbe voluto.

Mi afferrò per una mano, tirandomi in piedi e in silenzio mi trascinò verso la moto che era parcheggiata poco più in là.

Da quanto vagava sotto quell'acqua? Sembrava essersi gettato in un fiume da quanto era zuppo.

«A - aspetta! Dove stiamo andando?» farfugliai, cercando di impuntare i piedi scalzi che però affondarono nella fanghiglia del parco.

«Dove stiamo andando?» domandò, incazzato. «Ma sei idiota, ragazzina? Ti riporto a casa, ovvio! Sono le tre di notte e c'è un tempo da lupi... ti ha forse dato di volta il cervello?»

«No! A casa, no! Non - non voglio.» Mi liberai dalla sua presa e caddi indietro, col culo proprio dentro una pozzanghera. «Io non... non posso tornare a casa, non ora.» Divagai con lo sguardo. Mi sembrava di essere un imputato sotto accusa. Anche se non vedevo i suoi occhi, nascosti dagli occhiali, era come se quel suo sguardo cercasse di trapassarmi la nuca per leggermi dentro e giudicarmi.

Mi strinsi nel suo giacchetto e chiusi gli occhi.

Il suo profumo mi cullò dolcemente e per un attimo ebbi quasi la sensazione di conoscerlo.

Dannazione! Sono più patetica del previsto.

«Forza, allora!» disse, piegandosi sulle ginocchia fino ad arrivare alla mia altezza. «Ti porto in un posto dove non piove così mi dici perché sei così stupida da scappare di casa mezza nuda, scalza e restare sotto la pioggia per ore.» Mi sollevò da terra come se non pesassi niente, tenendomi in braccio come una principessa. Lo sentii sussultare mentre si spostava il mio peso tutto su un lato.

Forse dovrei dimagrire.

Mi portò alla moto in quel modo, senza ascoltare le mie flebili ma persistenti obiezioni. Quando mi mise a sedere sulla sella restò per alcuni minuti con le mani a lato delle mie cosce poi mi ravviò i capelli usandone una. Solo in quel momento mi accorsi che era senza guanti.

Aveva mani belle, delicate. Le sue dita affusolate si insinuarono tra le ciocche bagnate, in una carezza bollente e morbida, delicata quanto il bacio di un amante. Chiusi gli occhi e lasciai che mi carezzasse, che la sua mano scendesse fino alla mia guancia, passandomi il pollice sul labbro in un gesto che riusciva a portare la mia mente su sentieri tutt'altro che puri.

Era piacevole. Eccitante.

«Stupida ragazzina» biascicò, strizzandomi il naso tanto da farmi sgranare gli occhi.

«Ahio!» lo massaggiai. «Che - che ci facevi qua in giro?» domandai, curiosa.

Guardandomi attorno compresi che a dir il vero non sapevo nemmeno io dove mi trovavo. Avevo vagato così tanto e senza meta che mi ero persa. Forse era un bene che mi avesse trovato lui.

«Io giro sempre.»

«Fai delle ronde?» Ero incredula.

Annuì.

«Tipo vigilantes?» domandai, ancora più incredula.

Gli uscì una risata secca e scrollò le spalle.

Avrei tanto voluto sfilargli il casco, per guardarlo dritto negli occhi, per capire come mi guardava e quali espressioni faceva, per farmi un'idea di cosa pensasse di me.

Problema Pericoloso - Scorpion Queen (vol.1) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora