Capitolo quarantanove

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                        Destiny

Sono circa le venti quando termino di raccogliere informazioni su Dawson ed il tipo di vita che è stato costretto a condurre. Spaccio di sostanze stupefacenti, condizioni pietose in cui vivere e violenza indirizzata nei confronti dei più piccoli sono solo alcune delle cose che, riordinandomi, quanto detto da Dawson, mi sono rimaste impresse. Come può una persona lasciare che un'altra, ancor più piccola di lei, subisca un tale trattamento, e sopporti l'insopportabile?
È sconcertante il numero di cose che accadono giornalmente e di cui siamo puntualmente messi all'oscuro dai media. Sistemo alcuni documenti nei cassetti della scrivania e lascio in bella vista l'email dell'assistente sociale più competente che abbia trovato. Contattarla e fare in modo che Dawson esca dalla situazione disastrosa in cui si trova è il mio prossimo obiettivo. «Ti disturbo?» È il mio capo a frapporsi tra me e l'imminente stesura del messaggio. Ha una mano nella tasca del camice e l'altra sulla maniglia. Mi mordo la lingua per non rispondergli che sì, effettivamente mi disturba ma come al solito l'educazione che mi è stata impartita e il rispetto nei confronti di un mio superiore mi fanno rispondere negativamente. «No, accomodati pure.» Cancello quanto scritto sul computer e accavallo le gambe dietro la scrivania, cercando di mettermi più composta possibile. Accosta la porta alle sue spalle e si accomoda sulla poltroncina davanti la mia. Si sistema il colletto del camice leggermente spiegazzato con le dita ed il mio sguardo finisce sul suo viso, meno gonfio dall'ultima volta in cui ci siamo visti. «Credevo fossi andata a casa.» accenna, guardandomi. «Ho ancora del lavoro da terminare.» replico, sperando che capisca che al momento non ho tempo da perdere. Naturalmente non coglie l'allusione perché si sporge e curiosa tra i pochi fogli che ho lasciato davanti a me. Legge le primissime righe e mi rivolge un'occhiata. «Dawson? Lo conosci?»
«Anche tu, a quanto pare.» Annuisce. «È famoso qui in ospedale.» mi fa notare con un piccolo sorriso, quasi rimproverandomi per non avergliene parlato e per essermi immischiata in qualcosa che non ha a che fare con il mio lavoro medico. Arrossisco lievemente. «E lasciami indovinare, se sei ancora qui è per lui.» Alterna lo sguardo dai documenti al mio viso. «Dawson è solo un bambino, Jared e, sebbene non goda di buona fama qui in ospedale, merita la vita migliore che gli si possa offrire.» Jared appoggia la schiena contro lo schienale della sedia e mi guarda con dolcezza. «Ho visto che ti sei appuntata l'email di un'assistente sociale.» «È così.» «Hai intenzione di adottarlo?» I suoi occhi azzurri si fermano nei miei che strabuzzo leggermente a causa della velocità con cui sia arrivato alla conclusione su cui io stessa ho a lungo rimuginato e sorrido. «Mi piacerebbe, non lo nego.»
«Tuo marito ne è al corrente?»
«A metà, diciamo.»
«Posso chiederti una cosa?» Il tono con cui me lo chiede mi lascia intuire che potrebbe essere una domanda scomoda. In ogni caso, annuisco.
«Credi cambierà qualcosa per Dawson se sarà portato a vivere in un contesto permeato ancora da violenza?» Corrugo la fronte, confusa.
«Non ti seguo.» dico, infatti.
«Converrai con me che tuo marito non sia una persona particolarmente pacifica.»
«Mai detto che lo fosse, e con questo?» Mi rispondo prima ancora che Jared aggiunga qualcosa.
«Ryan non alzerebbe mai le mani su un bambino.» Chiarirlo è come una freddata d'acqua gelata. Non è mai successo con Emily e Harry in cinque anni, dubito seriamente possa accadere con Dawson. Ryan conosce la situazione delicata da cui lo sto tirando fuori, motivo in più per convincere il mio capo del contrario.
«Mi preoccupo per te, infatti.»
«Non ce n'è bisogno.» ribatto impettita.
Nota il fastidio nella mia voce e si accinge a spiegarsi meglio. «Mettere in dubbio che ti ami e che farebbe qualsiasi per te è da folli tant'è palese, ma temo tu sia talmente succube del sentimento che ti lega a lui da non renderti conto che non è la persona migliore che possa gestire questa situazione. Dawson ha paura delle persone come Ryan, ha convissuto con persone violente durante tutta la sua infanzia. Non vorrai allora che lo faccia per tutta la vita.»
«Stai descrivendo mio marito come un mostro.» Non mi sarei mai aspettata un simile discorso da lui.
«Mi ha quasi reso cieco, credo sia il minimo.» Deglutisco. «Ascolta, Jared. Mi dispiace per quello che ti è successo, e che ti preoccupi per me ma non è necessario. Sono felice del fatto che tu voglia il meglio per Dawson, ma fidati di me Ryan è quanto più si avvicina a questo meglio a cui aspiri.»
«Continuo a sostenere il contrario.»
«Che sia stronzo lo riconosce anche lui, ma nonostante questo, mettere in dubbio che non sappia fare il padre la trovo una mancanza di rispetto.
Tu quando lo guardi vedi le botte che ti ha dato, il dolore che ti ha causato, un lato del suo carattere che non rende giustizia alla persona meravigliosa che in realtà è e mi dispiace che tu associ queste cose alla sua persona perché, quando lo guardo io, vedo l'amore indescrivibile che prova verso i suoi figli. Anche solo guardarlo interagire con Emily e Harry mi fa desiderare essere stata amata così anch'io.
Sceglie sempre con cura le parole con cui rivolgercisi e non c'è stata volta in cui abbia alzato la voce in loro presenza. Ancor prima di amarli, li protegge.»
«Destiny... »Non lo lascio finire.
«Avrà anche un milione di difetti, ma sa come fare il padre, credimi.»
«Parli così perché lo ami.»
«Direi le stesse identiche cose anche se non fosse mio marito.» replico.
Ryan sarà anche uno stronzo a tutti gli effetti e quel che ha fatto a Jared oggetto di discussione, ma è impensabile che gli si dica che come genitore sia un fallimento.
Jared sospira. «Non posso lasciartelo fare.» «La custodia di Dawson riguarda me e mio marito, non credi?» «No se c'è in gioco la tua.» «Sono in ottime mani, grazie per l'interesse. E ora se non ti dispiace ho del lavoro da concludere.» Non mi sarei mai sognata di liquidarlo prima d'ora, ma non vedo altre alternative.
«Destiny.»
«Se quando esci chiudi la porta mi faresti un grandissimo favore.» replico senza guardarlo e iniziando a comporre l'email da inviare all'assistente sociale dal computer. Sospira rumorosamente ma fa come gli ho chiesto, lasciandomi al mio lavoro. Sarebbe stato questione di ore capire che il vero problema non era cosa ne pensasse Jared, bensì cosa avesse in mente di fare Ryan.

Perché proprio lei? ? 2.0Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora