Capitolo novantuno

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                        Destiny

Scendo dalla macchina ancor prima che Jared si accosti completamente al ciglio della strada. Chiudo la porta e rivolgo lo sguardo verso l'edificio in rovina che ho di fronte. Pezzi di intonaco cadono a pezzi e ratti di piccole e grandi dimensioni fuoriescono dai buchi alle pareti. Rabbrivisco e cerco di focalizzare la mia attenzione su una qualsiasi altra cosa che non abbia a che fare con il luogo degradato in cui quell'uomo ha portato i miei figli. «Non lasciarti condizionare dal posto. Vedrai che stanno bene.» Jared mi affianca e osserva cauto l'edificio in malora. «È quello che spero.» Mi sfioro le braccia con le mani e cerco di capire quale sia l'entrata principale in cui avverrà il nostro incontro. Nel mentre che cerco di capirlo, una voce alle mie spalle mi fa sussultare. «Ti avevo chiesto di venire da sola.»
Mi volto lentamente e sento il cuore in gola quando l'uomo del video mi rivolge un'occhiata indecifrabile. Non riesco a capire se è arrabbiato, scocciato o se sia indifferente. L'unica cosa di cui sono consapevole è che è enorme e che le telecamere a scuola non hanno reso giustizia alla sua fattezza fisica.
«Dove sono i miei figli?» Muovo qualche passo in avanti quando mi rendo conto che non sono con lui. Jared mi afferra dai fianchi, riportandomi se non accanto a lui quantomeno vicino. «Buona, Des. Non conosci le sue intenzioni.» Bisbiglia, tenendomi ferma. «E lui non conosce le mie.» replico a tono, guardando l'uomo che ci osserva curioso.
«Dov'è Dawson?» Si guarda attorno, ma dal modo in cui ha posto la domanda era palese conoscesse la risposta. Sento la gola seccarsi. «Non qui con te, te lo dico io.» Osservo il suo viso con attenzione. Una piccola cicatrice fa capolino al lato destro del viso mentre un tatuaggio tribale gli adorna il collo e sparisce sotto la maglietta. «Portami Dawson e riavrai i tuoi bambini. Questo era il patto.» Fa per voltarsi e la paura che stia andando a far del male ai miei figli torna con prepotenza. Con essa però anche l'adrenalina. «No.» L'uomo si ferma. «No?» Si volta di tre quarti. Sorride in una maniera sinistra e a me vengono i brividi, ma cerco di non dargli peso. «No. Dawson resta con me. È mio figlio tanto quanto gli altri due.» L'uomo si avvicina e mi guarda. Non c'è più traccia del sorriso sulle sue labbra. «Tuo figlio? Dawson è sangue del mio sangue. Tu sei solo una stupida con cui ha fatto amicizia e a cui hanno concesso l'affido. Niente di più, carina.» Mi guarda con un'altezzosità che mi fa formicolare le mani dalla voglia di prenderlo a schiaffi. «Quel ragazzino è una mia proprietà e con le cose che mi appartengono ci faccio quello che diavolo mi pare.» Le sue parole sorbiscono l'effetto di uno schiaffo. «Una tua proprietà? È un bambino, non uno stupido oggetto. E merita qualcuno che lo ami e se ne prenda cura.» Mi ride in faccia. «Come voi due?» Alterna lo sguardo tra me e Jared. «Ho letto degli articoli online su voi due. La coppia che scoppia.» «Non stiamo insieme.» Inarca un sopracciglio. Sposta la sua attenzione su Jared e lo osserva meglio. Ad un certo punto sembra capire qualcosa perché il ghigno torna sul suo viso. «Eh brava la nostra dottoressa. Salvatrice di bambini innocenti di giorno e troia di notte.» Arrossisco di colpo per la rabbia. Lui scoppia a ridere e a me viene spontaneo stampargli la mia mano sulla sua guancia ispida.
Non l'avessi mai fatto. È l'unica frase che mi vortica in testa quando si tocca la guancia arrossata le dita e mi guarda truce. «Ti sei scavata la fossa da sola, tesoro.» Dice e la paura torna a regnare sovrana. Mi prende per i capelli e con uno strattone mi attira verso di sè. Perdo l'equilibrio e sento Jared imprecare. Cerca di prendermi ma l'uomo che mi strattona gli punta contro una pistola. «Togliti o ti sparo.» Jared boccheggia, indeciso sul da farsi. L'uomo toglie la sicura. «Non sono un tipo che scherza.» Jared si sposta di un passo. Sento i suoi occhi sulla nuca quando apro le mani chiuse a pugno e cerco di alzarmi in piedi. Ho i vestiti imbrattati di polvere ed un ginocchio sbucciato. «Non farle male. Lei è...» Jared ansima disperato. «Jared, no.» Se sapesse che sono incinta finirebbe con il farmelo scontare. «Lei è, cosa?» Ha la pistola a pochi palmi dal viso. Jared deglutisce e mi guarda. Scuoto la testa e lo prego in silenzio di non rivelare nulla. «Malata.» Sospiro di sollievo. «Sì, è malata.» «E credi che me ne importi qualcosa?» Mi sento tirare i capelli ancora. Strizzo gli occhi ed ingoio la rabbia. Se le dessi sfogo probabilmente finirei sulla cronaca nera. «Solo... non farle male, ti prego.» «Poteva pensarci prima di mettermi le mani addosso.» Mi scuote i capelli come ad accertarsi che stia sentendo. È in questo momento che rimpiango di non averli mai tagliati. «Dico bene, tesoro?» Gli rivolgo il dito medio e lui ride. Sgrano gli occhi quando ad un certo punto non sento più la terra sotto i piedi. L'uomo mi ha caricata in spalla e con poca grazia mi tasta il fondoschiena per accertarsi che non abbia armi con me. «Quanto mi stai invidiando in questo momento?» Alzo la nuca e Jared arrossisce. «Dovresti toglierle le mani di dosso.» «Altrimenti? Me le alzi tu? Puah, ha più forza lei.» Se Ryan fosse qui molto probabilmente gli stringerebbe una mano. Ryan. Sgrano gli occhi. No, se fossi qui gli spezzerebbe le ossa della mano e probabilmente anche tutte le altre. «Dove la stai portando?» domanda Jared quando vede che ci spostiamo lungo la ghiaia. «A farle vedere chi comanda.» A quelle parole Jared gli si avventa contro. Lo colpisce, ma l'uomo che mi tiene intuisce le sue mosse così para i suoi colpi con le bravcia e gli rifila una gomitata assesstata nei fianchi. Jared ansima per il dolore, ma non si da' per vinto. È costretto a farlo solo quando viene colpito con il caricatore della pistola sulla testa. Un colpo mirato, preciso, in grado di fargli perdere i sensi. L'uomo trascina anche lui dal bavero della camicia. «Ora mi diverto io.» mormora, facendomi gelare il sangue nelle vene.

Perché proprio lei? ? 2.0Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora